Dopo il grande successo di “Ifigenia #generazionesacrificio“, ieri sera è stato proiettato al Teatro Nuovo di Verona il documentario del regista Cristian Frigo di Filmica, sul dietro le quinte dello spettacolo andato in scena la scorsa estate al Teatro Romano di Verona.

Alla proiezione erano presenti Camilla Zorzi e Silvia Masotti, anime di “Mine Vaganti” attrici e insegnanti che si sono occupate del laboratorio da cui è nato lo spettacolo.

Un’occasione per riflettere sul teatro e sulla sua importanza come aggregatore giovanile e sociale.

Ospiti d’eccezione l’assessora Francesca Briani e la studiosa e grecista Monica Centanni, che hanno ribadito il loro supporto al laboratorio ed hanno ringraziato le insegnanti ed i ragazzi. “Un percorso che, adesso che è iniziato – ha affermato Briani – certamente continuerà”. Della stessa opinione la docente dell’Università Iuav di Venezia Monica Centanni, che ha rimarcato la profonda attualità del teatro greco e la sua importanza in quanto luogo di rappresentazione della vita stessa.

Lo spettacolo

Ifigenia #generazionesacrificio prende le mosse dalla tragedia di Euripide, inserendovi stimoli moderni per riuscire a mettere in comunicazione il passato con il presente.

È stato sviluppato dalle registe e insegnanti Camilla Zorzi e Silvia Masotti insieme ai giovani (tutti ragazzi tra i 18 e i 25 anni) del corso di teatro da loro tenuto nell’ambito di Spazio Teatro Giovani ed ha debuttato il 1 settembre 2021 al Teatro Romano nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese.

Il backstage dello spettacolo raccontato nel documentario “Backstage Ifigenia”

Un percorso durato nove mesi durante il quale i ragazzi hanno potuto confrontarsi con i temi trattati nella tragedia e di esplorare la loro attualità. Di fondamentale importanza anche la collaborazione con il collettivo teatrale Anagoor, che ha partecipato attraverso la creazione di suggestivi prodotti audiovisivi.

Il documentario

Il documentario sul backstage, che segue le fasi della lavorazione dello spettacolo, è un’importante testimonianza del lavoro svolto dalle insegnanti e dagli allievi. L’idea fondamentale è quella di ricreare una sorta di polis teatrale, un luogo di scambio e di dialogo dove la produzione di uno spettacolo non sia che l’ultimo obbiettivo di un lungo processo di crescita interpersonale.

Un momento del backstage ripreso durante il documentario girato da Cristian Frigo

Grazie a questo filmato – a opera di Cristian Frigo – assistiamo allo sviluppo dello spettacolo, dalla sua genesi, passando attraverso le prove (effettuate, causa COVID, al campo da basket del Parco Santa Toscana), fino ad arrivare al debutto al Teatro Romano.

I ragazzi, i protagonisti

Attraverso le interviste realizzate ai ragazzi è possibile essere testimoni della loro relazione con i rispettivi personaggi, nei quali si ritrovano e dai quali si allontanano, scoprendo così qualcosa su di sé e sul mondo.

Da Agamennone a Clitennestra, dalla stessa Ifigenia a Oreste, i protagonisti del testo di Euripide forniscono la possibilità agli attori di esplorare i temi del sacrificio, della paura, del contrasto tra l’interesse pubblico ed il bene privato, fino alla rabbia di una generazione sacrificata sull’altare della guerra.

“Attualizzare” diventa così non più solo una parola, ma un vero e proprio atto creativo personale e collettivo.

L’importanza del processo

Questo costante dialogo è possibile solo grazie ad un processo creativo reso aperto e collettivo, al punto da lasciare delle sezioni del testo classico alle novità inserite dai ragazzi in fase di lavorazione. è in questa fase che si concretizzano gli obbiettivi del corso di creare un luogo di dibattito e di crescita, un luogo di familiarizzazione e di contatto. Il documentario sul backstage è un documento necessario che ci da la possibilità di assistere al vero potere del teatro, che non emerge tanto la sera della prima, quanto nei mesi che la precedono.

L’obbiettivo delle due insegnanti, che sono anche esperte di Art Therapy e attrici navigate, è proprio questo: sbloccare il potenziale terapeutico e di crescita personale contenuto nell’esperienza del teatro.

Questa l’idea fondamentale alla base dell’associazione Mine Vaganti, della quale sono fondatrici.

Un’idea che il COVID ha reso ancora più indispensabile come antidoto all’isolamento e alla solitudine, come riscoperta del piacere della collettività e del contatto umano.

Camilla Zorzi e Silvia Masotti, anime di “Mine Vaganti”

©RIPRODUZIONE RISERVATA