Nelle sue tavole c’è tutto quello che stiamo vivendo. Ivan Manuppelli, in arte Hurricane, non crea solo dei personaggi ma un intero mondo, perfetta fotografia del nostro, solo più sincero e smaliziato. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui in occasione del suo arrivo a Verona per due appuntamenti: la presentazione del suo ultimo libro i Sopravvissuti (Eris edizioni, 2018) giovedì 6 dicembre alle ore 20.30 e il Workshop di fumetto per stomaci forti. Edizione lombrosiana venerdì 7 e sabato 8 dicembre , tutto a La Sobilla (Salita San Sepolcro, 6/B, zona Porta Vescovo).
Daniele Luttazzi della prefazione di i sopravvissuti lo descrive in questo modo: «Hurricane è riconosciuto unanimemente come uno dei più grandi fumettisti satirici in attività. Il suo capolavoro è percorso da un’inquietudine delicata e allarmante; ed è destinato a diventare un classico del grottesco. L’ho letto da pochi giorni e non parlo d’altro».
Hurricane è fondatore della rivista Puck! e autore per le riviste Linus, Frigidaire, Il Male di Vauro e Vincino, per la casa editrice Stampa Alternativa di Marcello Baraghini e la rivista americana Mineshaft.
I protagonisti di i Sopravvissuti tentano disperatamente di scampare in un mondo di totale crisi economica come Omino e Tacchino, coinquilini, che vivono nell’eterna ricerca di un reddito, o Varnelli che si autoseppellisce per fingersi morto e non dover pagare più niente. La penna di Hurricane crea il loro perfetto habitat: la casa dei coinquilini con la stanza del “muro del pianto”, il discount dove i prodotti sono addestrati a urlare se dei clienti “poveracci” si avvicinano a loro.
Ivan come è nata la tua passione/lavoro?
Ho sempre disegnato, già da piccolo. Poi a quindici anni ho fondato la mia prima fanzine (The Artist, poi diventata la rivista Puck!) assieme agli amici, perché era l’unico modo per pubblicare i miei e i nostri sgorbi. Le prime pubblicazioni nazionali invece sono state per Repubblica XL e la leggendaria Frigidaire (ho esordito con la storia “Il giorno in cui Borghezio divenne negro” e poi con una serie incentrata su un gruppo di terroristi ottuagenari chiamata “I Nuovi Partigiani”).
Se te lo ricordi, qual è stato il primo fumetto?
Che ho letto? Alan Ford di Magnus e Bunker. Mio padre comprava Topolino per me, ma io rubavo e leggevo gli Alan Ford di mio fratello. Poi Bruno Bozzetto, Bonvi, Jacovitti, le cose degli autori di Mad Magazine… e da adolescente Pazienza e Tamburini.
Come ti approcci alle critiche?
Ho assunto dei sicari.
Cosa ami di più rappresentare con il tuo lavoro?
Mi piacciono le storie in cui la satira sociale si mischia con i generi più popolari: horror, fantascienza, supereroi… Adoro disegnare scene apocalittiche, anatomie imbarazzanti e lotte clandestine tra chiwawa.
Hai incontrato più stomaci forti o deboli nel tuo percorso?
Stomaci fortissimi. Ho avuto iscritti di tutte le età ai miei corsi. La cosa affascinante del disegno è che è un linguaggio primordiale che noi tutti abbiamo, uno specchio sul nostro mondo interno. Poi c’è chi sa usarlo meglio di altri, ma a mio avviso è solo una questione di imparare o meno ad addomesticarlo. Anche gli errori come una mano sproporzionata o una prospettiva sbagliata possono diventare l’inizio di un linguaggio nuovo.