Subisce un momentaneo stop in Polonia il giro di vite sull’autodeterminazione femminile e sui diritti civili.

Dopo la notizia della morte a settembre di una madre a cui i medici non avrebbero fatto un aborto terapeutico necessario alla sua sopravvivenza (gli accertamenti sono in corso; due medici sono stati sospesi), in questi giorni è sotto esame una proposta di legge che afferma che “dall’istante del concepimento l’embrione verrebbe considerato bambino, per cui chiunque deprivasse di vita un “bambino concepito”, si legge nella proposta, rischierebbe dai 5 ai 25 anni di carcere”.

La legge, che equiparava l’aborto all’omicidio, è stata respinta a larga maggioranza il 2 dicembre.

Lo scontro con l’Europa

Rimane tuttavia in vigore la dura stretta persecutoria nei confronti delle donne del 22 ottobre 2020, in netto contrasto con la risoluzione del parlamento europeo del 21 maggio 2021 che ha ribadito “che l’aborto deve sempre essere una decisione volontaria basata sulla richiesta formulata da una persona di sua spontanea volontà” e l’invito agli Stati membri a “garantire l’accesso universale all’aborto sicuro e legale e il rispetto del diritto alla libertà, alla riservatezza e alla migliore assistenza sanitaria possibile” (art. 33).

Stretta confermata da Marta Lempart, storica attivista, secondo la quale il Parlamento polacco starebbe inoltre approvando “la creazione dell’Istituto per la famiglia e la demografia che avrà lo scopo ufficiale di scoraggiare divorzi, impedire aborti e disgregare le famiglie arcobaleno”, figura che, facendo riferimento ad altro disegno di legge, non viene affatto scongiurata.

Si mantiene di fatto inalterato il conflitto tra due mondi.

Da una parte la Corte costituzionale polacca che ha stabilito che una parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è parzialmente incompatibile con la Costituzione della Polonia, dall’altra il Parlamento europeo secondo il quale il Tribunale stesso non solo è stato trasformato “in uno strumento per legalizzare le attività illegali delle autorità” ma pure che “il 22 ottobre 2020 il “Tribunale costituzionale” illegittimo è stato utilizzato anche a fini politici per attaccare i diritti delle donne”.

Due idee di società che vanno in direzioni opposte e non se le mandano a dire.

Di fatto, l’est europeo sta assumendo nei suoi governi toni sempre più autoritari e antidemocratici con in prima linea Ungheria e Polonia, e non è forse un caso che quest’ultima abbia cercato di adeguare le sue politiche sull’aborto a quelle di Ceausescu e Pinochet.

Un’Europa orientale che incassa con una mano i fondi europei ma non accetta con l’altra la sua carta dei diritti e in cui il successo della destra si salda alla Chiesa ortodossa, in una sorta di neofeudalesimo teocratico il cui motto assomiglia parecchio al Gott mit uns dei Cavalieri Teutonici.

L’Italia e il mondo cattolico

Un fronte, questo dell’erosione dei diritti civili individuali, che taglia trasversalmente il mondo occidentale, partendo dal centro-sud America (Cile e Texas) fino all’Ucraina, passando per l’Italia di Lega e Fratelli d’Italia (FdI), i cui parlamentari europei non a caso hanno votato contro la risoluzione sulla Polonia approvata dal Parlamento europeo.

Una strategia globale, probabilmente non spontanea, ma che potrebbe invece partire da lontano, che avevamo già provato a indagare dalle colonne di questo giornale analizzando la famosa “Agenda Europa” (anche se il sito oggi è parzialmente scomparso) e che ha visto Verona (a conduzione FdI, partito del sindaco Sboarina) protagonista con il World Congress of Family XIII già nel 2019.

La prima linea di questa schiera in Italia è rappresentata, come visto, da Lega e FdI, che si sono mossi compatti a difesa delle leggi antiabortiste della Polonia e, in molte regioni da loro guidate, contro le linee guida nazionali sulla RU486 e, complessivamente, erodendo le garanzie della legge 194/78.

Questa linea politica strizza l’occhio al mondo cattolico che, nell’attuale gestione di Papa Francesco, risponde ufficialmente con freddezza forzata ma che, in realtà, è ben pronto a raccogliere l’invito.

Segnali di questa possibile saldatura sono rintracciabili in iniziative come la recente petizione rilanciata da Avvenire, il quotidiano dei vescovi, che vorrebbe dare “capacità giuridica fin dal momento concepimento” e che sarebbe un primo e necessario passo per smontare tutta l’attuale normativa.

La diffidenza, se non l’ostilità, del Vaticano per le tendenze “giacobine” dell’UE è comprensibile se si tiene conto che, nell’approvata “Relazione sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’UE, nel quadro della salute delle donne”, viene messo in discussione lo strumento principe del condizionamento cattolico del sistema sanitario nazionale, ovvero l’obiezione di coscienza, quando dichiara senza mezze misure che “spesso si invoca l’obiezione di coscienza anche in situazioni in cui qualsiasi ritardo potrebbe mettere in pericolo la vita o la salute del paziente; rileva che l’obiezione di coscienza ostacola altresì l’accesso allo screening prenatale, […]; invita gli Stati membri ad attuare efficaci misure normative ed esecutive che garantiscano che l’obiezione di coscienza non comprometta l’accesso tempestivo delle donne all’assistenza in materia di salute sessuale e riproduttiva”.

Uno sguardo di medio periodo

Tutto questo, a pochi giorni dalla Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, fa onestamente un po’ effetto.

Facciamo però un passo indietro e, sganciandoci dalla cronaca, proviamo a guardare il quadro più grande: nel contesto globale dello scontro di civiltà sembra delinearsi un futuro prossimo con un’Europa più laica, inclusiva e aperta alle libertà individuali (si veda, ad esempio, la recentissima estensione del limite previsto per l’interruzione di gravidanza in Francia).

E un’altra Europa che, invece, pare volersi affidare a modelli politici e culturali che sembrano ispirarsi direttamente al Congresso di Vienna (1815) e al Codice Napoleonico (1804).

Governi terrorizzati sì dalle ambizioni di grandezza della Russia di Putin ma non al punto da rinunciare a riprodurne in modo esatto schemi culturali e tendenze politiche.

L’Italia, in questo scenario, sembra avere ancora le idee piuttosto confuse ma, da qualunque parte la si guardi, per le donne sembrano prospettarsi tempi molto bui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA