Promotrici di sostenibilità, crescita socioeconomica e territorialità. Le figure femminili in campo agricolo sono state le protagoniste nel corso degli anni di un processo di cambiamento sostanziale, una “rivoluzione gentile” che ha portato il comparto agricolo in Italia a essere tra i più rosa d’Europa, con il 28% sul totale degli imprenditori rappresentato da donne e con circa 210mila aziende agricole condotte al femminile. Ad affermarlo Donne Impresa Coldiretti Veneto che, insieme a Donne Impresa di Coldiretti Verona, promuove il riconoscimento del valore della figura femminile in questo settore; come testimoniato dall’evento di ieri 11 novembre, al Mercato Coperto di Campagna Amica di Verona, in cui è stata presentata una storia di imprenditrici coraggiose, di rete e di emancipazione femminile, protagoniste del libro “L’Oliveto delle monache” di Nunzio Primavera (edizioni Pendragon). In un confronto tra l’autore, il neopresidente di Coldiretti Verona Alex Vantini e la responsabile scaligera di Donne Impresa Chiara Recchia, si è discusso del valore dell’imprenditorialità femminile in agricoltura e sono state affrontate problematiche e opportunità legate al lavoro delle donne in questo settore, affermando come facendo rete si possano sviluppare progetti innovativi e di successo.

Le donne – lascia intendere l’autore – sanno che per far crescere un’attività bisogna mettersi insieme e puntare su chi è davvero competente: le monache del romanzo e le ragazze che collaborano con loro si affidano alla consulenza della Coldiretti per valorizzare l’antico oliveto e farne un’azienda agricola nella quale produrre ottimo olio e prodotti officinali. Nel suo libro, Nunzio Primavera profondo conoscitore dell’Italia contadina e grande appassionato della cultura veneta, «ci regala una testimonianza preziosa e lucida – spiega Chiara Recchia – attraverso un racconto in cui emergono soprattutto le donne che, grazie a spiccate capacità imprenditoriali, cercheranno di risolvere problemi in apparenza insormontabili. È anche l’omaggio a chi, come tante nostre imprenditrici agricole, dedica la vita e le proprie energie al lavoro nei campi, a contatto con la natura, con una particolare attenzione all’ambiente, alla qualità dei prodotti, all’etica del lavoro.» 

Heraldo ha voluto approfondire in un’intervista con Chiara Bortolas, responsabile regionale di Donne Impresa Coldiretti Veneto, come l’associazione sia attiva nel portare nel mondo agricolo quella forte sensibilità che solo il mondo femminile sa dare.

Rappresentare le Imprenditrici agricole veronesi, settore tradizionalmente maschile e molto spesso supportato proprio dal lavoro delle donne, vuol dire assumersi una responsabilità importante. Possiamo parlare di “rivoluzione rosa”?

«Le imprenditrici agricole sono determinanti nelle forme di aggregazione come agenzie, cooperative, associazioni. Coinvolgono e trainano realtà che intercettano i bisogni della società con la vendita diretta, le fattorie solidali e didattiche, gli agriturismi. Sono amministratori delegati e dirigono aziende con una buona consistenza di fatturato dai 25mila ai 50mila euro. Diplomate e laureate spesso hanno rinunciato ad una carriera sicura in ufficio per fare le pastore, malgare o praticare la pesca.

Un universo di tutto rispetto, vera risorsa per la comunità tutta. Sono certa che si tratti di una “rivoluzione gentile”: il “potere rosa” in agricoltura è ben rappresentato dalle mamme, sorelle, spose e figlie della famiglia Coldiretti».

Quante sono le imprenditrici agricole donne in Veneto e quali sono gli ambiti in cui le donne sono più presenti?

«Tra le nuove generazioni che investono in agricoltura spicca la componente femminile: quasi il 38% della titolarità delle nuove imprese è rosa. Un dato rilevante che, legato alla capacità di spesa veneta dei fondi europei, traccia un profilo particolare dell’imprenditoria agricola. La campagna è il luogo dove più si esprime la vocazione all’accoglienza, al benessere e ai servizi sociali e quindi alla multifunzionalità». La propensione delle agricoltrici si registra per gli investimenti rivolti appunto alla diversificazione (42,3%) ovvero per gli interventi inerenti alla realizzazione di agriturismi, fattorie didattiche e solidali oltre che per le produzioni “non agricole” quali ad esempio gli estratti dalle piante: olii essenziali, biocosmesi, integratori alimentari dalle alghe, birra agricola.

«L’analisi condotta dai tecnici della Coldiretti Veneto sui dati del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 conferma anche che la transizione “verde” è guidata più dall’etica che dalla competitività. Le imprenditrici sono più convinte del green rispetto ai colleghi maschi in quanto consapevoli del valore della tutela ambientale più che per vantaggio economico. Le aziende rosa nel complesso negli ultimi cinque anni sono cresciute a un ritmo molto più intenso. La corsa alla imprenditorialità seppur rallentata dall’emergenza sanitaria – spiega Chiara Bortolas –è risultata costante soprattutto nei regimi ecosostenibili e nei modelli di sviluppo innovativi che sposano anche gli indirizzi tradizionali».

Chiara Bortolas, presidente regionale di Donne Impresa Coldiretti. Fonte: Coldiretti Facebook

Quale sarà il futuro dell’agricoltura e perché le donne in questo settore sono importanti?

«Dopo il commercio, l’agricoltura italiana è il secondo settore per presenza di imprese rosa; molte di queste realtà imprenditoriali si caratterizzano per una forte componente di innovazione sociale e tecnologica e per una altrettanto spiccata propensione a perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale. Secondo l’esperienza di Coldiretti, le agricoltrici italiane stanno dimostrando una grande capacità di coniugare la sfida con il mercato e il rispetto dell’ambiente, ma anche la tutela della qualità della vita con l’attenzione al sociale, senza trascurare di valorizzare i prodotti tipici locali e la biodiversità, diventando così protagoniste in diversi campi. L’agire imprenditoriale femminile a contatto con la natura, infatti, ha preso tantissime forme, alcune molto diverse tra loro. L’economia circolare è uno degli ambiti in cui sempre più professioniste donne si stanno cimentando, ottenendo risultati eccellenti».

Possiamo affermare che grazie alle donne il mondo agricolo può ritrovare le sue radici più profonde e guardare al futuro con ottimismo?
«Se in agricoltura possiamo parlare di parità di genere ed emancipazione femminile nel settore della pesca c’è ancora molto da fare.

«Questo per dire che proprio dalle radici dobbiamo partire per arrivare ai nuovi orizzonti imprenditoriali. Sul filone degli antichi mestieri le donne di Coldiretti Veneto hanno costruito il futuro delle nuove generazioni a cominciare dalle bachicoltrici, poi pastore e malgare e ora tocca alle coltivatrici del mare. Tutte le attività di promozione sono state accompagnate da iniziative legislative dalla costituzione della associazione degli allevatori di bachi da seta, fino alla valorizzazione delle vie dei pascoli in una legge regionale. Ora puntiamo a riconoscere la figura della coadiuvante nella pesca. Le donne che lavorano a bordo delle imbarcazioni, le impiegate nelle cooperative, nei mercati ittici, nell’acquacoltura, che il più delle volte non sono sostenute da politiche adeguate, pur ricoprendo ruoli attivi e fondamentali, soprattutto nelle imprese di pesca familiare o nella vendita, con lavori spesso non riconosciuti giuridicamente e quindi privi delle tutele e garanzie delle attività lavorative. Donne imprenditrici e lavoratrici delle cooperative e di tutta la filiera, ma anche “coadiuvanti”, ovvero mogli e compagne dell’impresa familiare, che in Italia lottano per far riconoscere giuridicamente proprio la figura di coadiuvante nella pesca. Una questione di principio – aggiunge Bortolas – sulla quale l’europarlamentare Rosanna Conte non ha avuto dubbi sostenendo la necessità che l’UE e gli Stati Membri eliminino tutti gli ostacoli economici, amministrativi, sociali e culturali che rendono difficile la partecipazione delle donne in condizione di parità. Ciò attraverso anche iniziative di informazione e comunicazione per trasmettere un’immagine del settore più moderna, giovanile e “femminile”, così da lottare contro i pregiudizi e gli stereotipi».

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