In questi giorni di un luglio freddo e piovoso in Belgio, un Paese che è ancora in lutto per le 37 persone che hanno perso la vita nelle alluvioni che hanno colpito la Vallonia e che ancora si interroga sul perché il Covid abbia mietuto vittime in numero più alto in proporzione alla popolazione tra i Paesi dell’Europa occidentale, un nuovo episodio ha scosso la coscienza della società locale.

Tutto era iniziato in sordina il 23 maggio, quando un gruppo di sans papier, ovvero cittadini stranieri residenti in Belgio ma non ancora regolarizzati, aveva iniziato uno sciopero della fame accampandosi nella chiesa di San Giovanni Battista al Beghinaggio e nel campus delle due principali università della città, la ULB e la VLB. 

Il gruppo di circa 400 irregolari, accampato nei tre siti, chiedeva una regolarizzazione del loro status dopo che alcuni di loro avevano vissuto anche 10 o 20 anni di vita clandestina in Belgio. Si stima che in Belgio vivano oggi circa 150.000 sans papier, un numero elevato considerando la dimensione relativamente piccola del Belgio.

Dopo più di un mese la situazione sanitaria dei manifestanti è divenuta critica e i media incominciano a dare più evidenza all’azione di protesta. Numerosi politici e personalità del mondo dello spettacolo e della cultura stanno chiedendo con forza che sia trovata una soluzione per evitare un esito drammatico della protesta.

Sammy Mahdi

La posizione del Governo è però molto ferma. In particolare il Segretario di Stato all’asilo e all’immigrazione Sammy Mahdi dichiara di essere preoccupato per le condizioni sanitarie dei manifestanti, ma aggiunge che non si possono cambiare le regole di regolarizzazione degli immigrati né trattare in maniera diversa “chi fa uno sciopero della fame o si cuce le labbra”. Anche il Primo Ministro Alexander de Croo chiede la cessazione immediata dello sciopero. Inoltre il Premier ricorda che una crisi di governo nella situazione attuale (riferendosi all’emergenza Covid e alle recenti inondazioni) sarebbe l’ultima cosa di cui il Belgio ha bisogno. Molti esponenti delle opposizioni e della stessa maggioranza hanno aspramente criticato queste dichiarazioni, interpretandole come una sorta di ricatto alle forze politiche per non mettere in difficoltà il Governo, ma nessuna azione concreta viene attuata e l’appoggio dell’opposizione agli irregolari è piuttosto tiepida.

Mercoledì 21 luglio, giorno della Festa nazionale belga, la vicenda sembrava avviarsi oramai a un epilogo quando, a causa dell’ulteriore aggravarsi della salute di alcuni sans papier, un rappresentante dei manifestanti ha dichiarato la fine “temporanea” dello sciopero della fame, alludendo a contatti e negoziazioni con il Governo. Che dal canto suo ha ribadito ancora una volta che le regole per la regolarizzazione degli immigrati non cambieranno perché “corrette, giuste ed umane”, ma che ha creato una “zona neutra” in cui i manifestanti potranno avere tutte le informazioni necessarie per avviare o completare la procedura di regolarizzazione.

Il Primo Ministro belga De Croo

Sebbene nessuna delle due parti abbia fatto commenti in tal senso, la conclusione (almeno momentanea) della vicenda viene vista come una vittoria del Governo. In effetti in un clima di cordoglio e lutto nazionale per le gravissime inondazioni che hanno colpito la parte orientale del Paese, la maggior parte delle persone non ha appoggiato l’azione dei manifestanti, ma solo una minoranza intellettuale ha preso una posizione netta in loro favore.

Ovviamente, in questo momenti molti belgi sono stati colpiti dalle alluvioni che hanno provocato danni ingentissimi (migliaia di persone sono ancora senza casa) e probabilmente hanno molti e seri problemi da risolvere. Anche la grande catena di solidarietà a livello nazionale per le persone colpite dalle alluvioni, ha distratto l’opinione pubblica dalla questione. Alla fine questa situazione ha giocato a favore del Governo che ha potuto così conservare una linea rigorista senza paura di essere messo sotto accusa dall’opposizione e da parte dell’opinione pubblica.

Ciò nonostante la protesta degli immigrati, in un Paese che ha accolto e continua ad accogliere stranieri sul suo territorio (circa il 12% dei residenti sono stranieri, ma molti di più sono immigrati di seconda generazione), ha colpito un nervo scoperto della società belga, ancora alle prese con sensi di colpa per il trattamento brutale in passato della popolazione delle colonie, con le terribili discriminazioni di cui sono stati oggetto gli immigrati degli anni 50/60 (tra cui molti italiani) e più recentemente della comunità araba nordafricana che ha fornito terreno fertile alla nascita della cellula terroristica di Molenbeek, autrice degli attentati del 2015 a Parigi e del 2016 a Bruxelles.

L’Atomium di Bruxelles

E, allargando lo sguardo, la gestione e la regolazione dei flussi migratori dovrà diventare una delle priorità dei Paesi europei che, lasciando da parte gelosie e rivalità, dovranno delegare questa competenza a livello centrale alle istituzioni comunitarie. Se questo non sarà fatto, l’immigrazione resterà sempre una minaccia per la pace sociale dei popoli dell’Europa intera.

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