In un contesto in cui spiagge e litorali, sono sempre più soggetti a concessioni balneari e privatizzazioni, il rispetto della normativa che garantisce l’accesso pubblico e gratuito diventa cruciale, anche alla luce delle recenti controversie legate alla direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE, conosciuta come direttiva Bolkestein e alla gestione delle concessioni scadute.

Abbiamo sentito Sebastiano Venneri, responsabile del Settore Turismo di Legambiente, per chiarire le regole che tutelano i primi metri della battigia e il diritto di transito, oltre a evidenziare le problematiche legate agli abusi, come la costruzione illegittima di barriere che impediscono l’accesso al mare o ai laghi. Venneri ha sottolineato la necessità di criteri uniformi a livello nazionale e l’importanza di riservare ampie porzioni di litorale alle spiagge libere.

L’intervista ha evidenziato le azioni legali che i cittadini possono intraprendere di fronte a ostacoli abusivi e le strategie per denunciare queste violazioni. Attraverso esempi di successo e suggerimenti concreti, Venneri delinea una visione in cui sostenibilità, accessibilità e tutela ambientale diventano pilastri essenziali per la gestione delle nostre coste e delle spiagge, invocando al contempo una maggiore trasparenza nella riassegnazione delle concessioni secondo criteri di sostenibilità e qualità ambientale.

L’articolo 11 della Legge numero 217 del 2011 afferma che la battigia, o bagnasciuga, deve avere accesso libero e gratuito. Si tratta dei 5 metri che separano la spiaggia dal mare (o dal lago), un luogo dove però è proibito sostare. La legge sancisce l’”obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione”. Se ne deduce che, ad esempio sul Lago di Garda, i primi metri del bagnasciuga dovrebbero essere liberi, pubblici e accessibili su tutto il perimetro della costa. Dunque al di là delle interruzioni naturali, ogni cittadino italiano o straniero dovrebbe poter transitare o farsi il bagno (evitando però di sostare) su tutto il litorale senza incontrare alcuna barriera che non sia naturale. È giusta questa interpretazione o è troppo semplicistica?

«È prassi consolidata anche dal punto di vista normativo che l’accesso sia libero e gratuito, il transito sia consentito, ciò che non è consentito è la sosta. È una soluzione che origina dal fatto che bisogna lasciare libero il tratto di costa per eventuali interventi di soccorso, anche lo stabilimento balneare che volesse insistere su quel tratto ha questo obbligo. Poi c’è un dato che riguarda la percentuale di litorale che può essere data in concessione e quella dedicata alle spiagge libere. Questo però è una decisione regionale, molte Regioni hanno definito questo limite, ma alcune non hanno normato in questo senso.

Sebastiano Venneri

La Puglia ha stabilito che il 60% del litorale utilizzabile come spiaggia (costa bassa e sabbiosa) deve essere destinata a spiagge libere. La Sardegna ha fissato un 50%-50%. Noi chiediamo che venga armonizzata la normativa prevedendo almeno un 50% di spiagge destinate alla libera balneazione in tutti i Comuni. Per quale motivo? Perché spesso, come in Emilia-Romagna, viene definita una percentuale di spiaggia libera su alcuni Comuni, lasciando la possibilità ad altri di concedere a privati il 100% delle spiagge. L’Emilia-Romagna, che ha solo un 20% di spiagge libere, se le gioca tutte nel territorio del Delta del Po, quindi i Comuni di Rimini, Riccione e altri possono concedere ai gestori privati il 100% delle spiagge demaniali.Devo dire che il Comune di Rimini ha recentemente messo a bando nuove concessioni e ha aumentato la quota di spiaggia libera, alcuni tratti che erano in concessione sono stati destinati a spiaggia libera. Vale la stessa dinamica anche per i Comuni lacustri, quindi anche per il Lago di Garda, ad esempio.

Il problema che abbiamo sollevato è proprio questo: il Governo sta lasciando queste decisioni in mano ai piccoli Comuni, senza dare indicazioni generali. Stiamo parlando di una situazione esplosiva anche nei confronti dell’UE che, come è noto, ha già avviato una procedura di infrazione sulle concessioni balneari. Il Governo, anziché prendere decisioni, ha fatto una mappatura farlocca – per dimostrare che la risorsa spiaggia è abbondante – che è stata contestata dalla UE. Ecco perché i Comuni, abbandonati dal Governo, stanno andando avanti da soli: per tutelarsi ed evitare decisioni contra legem.

Ma perché, invece di perdere tanto tempo in questi contenziosi, non si avviano e definiscono dei criteri omogenei, attraverso procedure di trasparenza amministrativa coerenti? Dovrebbe vincere chi fa l’offerta migliore dal punto di vista della sostenibilità, chi ha premialità ambientali, chi gestisce il ciclo dei rifiuti, chi valorizza il territorio. Questo è il tema che portiamo avanti: premiare chi propone l’offerta migliore dal punto di vista della sostenibilità.

Rimane il fatto, ad esempio, che se l’unico accesso al litorale è attraverso un terreno privato, è obbligatorio garantire il passaggio e l’accesso al mare. Lo sancisce una sentenza degli anni ’90 del Consiglio di Stato che fa riferimento alla spiaggia dello Sbarcatello nella zona dell’Argentario.»

Quali sono le conseguenze legali per le aziende o i privati che erigono su una spiaggia pubblica del Lago di Garda barriere fisiche (come cancelli, blocchi o recinzioni) che impediscono l’accesso, anche parziale, al bagnasciuga pubblico?

«Ci sono delle conseguenze: è necessario ripristinare lo stato dei luoghi e si va incontro a sanzioni amministrative e anche penali. Questi sono abusi sul demanio marittimo o lacustre, in assenza di ripristino, procede il pubblico rivalendosi sul privato.»

Foto da Unsplash di Niklas Ohlrogge

Che tipo di azioni possono intraprendere i cittadini di fronte ad un accesso al bagnasciuga del mare o del lago illegittimamente ostruito?

«Possono chiedere l’intervento dei Vigili Urbani e delle Capitanerie di Porto competenti sul tratto di litorale.»

Chi si occupa di monitorare e garantire che le norme sull’accesso libero al bagnasciuga siano rispettate?

«Come dicevo, devono vigilare sia i Vigili Urbani che le Capitanerie di Porto. Monitorano anche la pesca abusiva, la realizzazione di manufatti: i controlli sono previsti e devono essere garantiti.»

Quali strategie specifiche o azioni ha intrapreso Legambiente per combattere questi abusi?

«Siamo una associazione ambientalista che lavora per sensibilizzare, seguendo due registri. Da un lato pubblichiamo i nostri report, in cui riportiamo numeri, dati, analisi e tendenze per fotografare la situazione. Si tratta di azioni di denuncia per sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica e degli stakeholders su questo tema. In secondo luogo facciamo azioni dimostrative, ad esempio ad Ostia, per garantire l’accesso alla balneazione e per dimostrare che c’è ancora molto da fare su questo tema. Ad ogni modo, abbiamo visto una crescita di sensibilità anche da parte dei titolari degli impianti di balneazione.»

Secondo lei questi abusi influenzano il tessuto sociale ed economico delle comunità marittime e lacustri italiane?

«L’attenzione e la sensibilità sono cresciute, da parte dell’opinione pubblica e anche da parte delle imprese del settore. Intendiamoci, il mondo degli stabilimenti balneari non è tutto composto da odiosi accaparratori di bene pubblico. In questi anni, soprattutto nelle aree protette, ho visto crescere tante aziende che hanno saputo coniugare sostenibilità, accessibilità e inclusività. È aumentata molto l’attenzione da parte del mondo delle imprese.»

Quali cambiamenti legislativi o politici vorrebbe vedere per sancire definitivamente l’accesso libero e sicuro al bagnasciuga in Italia?

«Il ruolo dei Comuni è fondamentale e sarebbe molto utile che i soldi delle concessioni balneari andassero a confluire nelle casse dei Comuni, non in quelli dello Stato, per attività di rinaturalizzazione ed in particolare per la mitigazione ambientale e per contrastare l’erosione della costa. Però vorrei che lo Stato fissasse dei criteri univoci, coerenti, generali che valgano per tutti. Questi criteri sono principalmente due: il primo dovrebbe garantire almeno il 50% di spiaggia libera su tutti i Comuni, il secondo riguarda la qualità dell’offerta per accedere alle concessioni, basata su criteri che tengano conto della qualità dell’offerta e non dell’offerta più economica. La Regione Friuli ha definito dei criteri condivisibili, l’economicità dell’offerta non vale più di 20 punti su 100, gli altri 80 sono rappresentati dalla qualità dell’offerta in ottica sostenibile. Quindi io posso mettere sul tavolo 1 milione di euro, questo milione mi garantisce al massimo 20 punti su 100, gli altri 80 punti sono determinati da criteri qualitativi.»

Come possono i cittadini partecipare o supportare gli sforzi di Legambiente per garantire che il diritto al libero e gratuito accesso al bagnasciuga dei mari e dei laghi italiani sia rispettato?

«Noi abbiamo un canale rivolto a tutti i cittadini che si chiama SOS Goletta Verde per segnalare eventuali abusi in mari, laghi e fiumi. Li verifichiamo, li validiamo e diamo corso ad azioni nei confronti di chi ha perpetrato l’abuso, sia privato che pubblico. Chiunque si trovi di fronte ad un abuso può fare questa azione.»

Foto da Unsplash di Jeremy Ricketts

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