Parlavamo giusto qualche giorno fa della stasi del progetto del polo museale di Verona. Sono passati, come dicevamo, già 21 anni dall’ambizioso progetto di Chipperfield di trasformazione della città con, tra le altre cose, un polo museale integrato tra Arsenale e Castel S. Pietro. Il Piano Folin del 2018, ovvero lo “Studio sulla valorizzazione economica e sociale di alcuni immobili situati nel centro storico di Verona” manteneva questo aspetto di valorizzazione museale dell’area di Castel S. Pietro, come si evince dalle immagini del progetto che si possono trovare proprio sul sito di Fondazione Cariverona. Ecco, dunque, il senso dell’acquisto nel 2006 dell’immobile per 11,5 milioni di euro da parte di Fondazione Cariverona con destinazione museale e i successivi lavori di restauro, affidati all’impresa edile Lonardi che, come si vede, ribadiscono la finalità pubblica dell’edificio. Un progetto, quindi, fatto proprio dalla Fondazione e che potrebbe riavviarsi con molta calma.

Ma mentre il completamento dell’aspetto pubblico del progetto langue, riparte invece a spron battuto la scelta di portare a termine l’accordo preso col Comune nei suoi aspetti commerciali. Un Comune che, da parte sua, sembra nelle sue posizioni ufficiali piuttosto incerto rispetto alle scelte strategiche della città e pure in difficoltà rispetto alle prese di posizioni contrarie di Confcommercio Verona e Federalberghi al mega hotel 5 stelle.

Ma se il Comune tace, Mazzucco invece parla e mette in chiaro alcuni punti dimostrando che Fondazione Cariverona andrà fino in fondo rispetto a quanto convenuto: “Non rispondiamo a Verona” titola il Corriere di Verona e il presidente di Fondazione non la prende alla larga: “è ora di finirla di dire che la Fondazione distribuisce i soldi dei veronesi, magari della vecchia Cassa di Risparmio: di quei soldi non è rimasto nulla”. Ci va giù duro anche quando, pur rilevando le sistemiche difficoltà del settore pubblico, sottolinea che “non è possibile che [questi enti] chiedano un’azione di supplenza a enti privati”. Un taglio netto e se vogliamo curioso, perché la descrizione della pagina Facebook della Fondazione recita diversamente: “Fondazione Cariverona da oltre 25 anni lavora per lo sviluppo civile, culturale ed economico dei territori di Verona, Vicenza, Belluno, Ancona e Mantova” e pure l’art. 8 del Regolamento attività istituzionale affermerebbe in realtà che “la Fondazione può disporre erogazioni a favore di enti pubblici […]”. Quindi non è che non possa, ma piuttosto che non si vuole. Quel che è certo è che lo Statuto , di fatto, certifica che il legame col territorio si limita effettivamente alla mera composizione dei consiglieri del consiglio generale (art. 9)  e del presidente (art 13, 1).

Alla luce di quanto detto e visto, possiamo dunque ricondurre alla realtà il rapporto della Fondazione con Verona, che da immaginario salvadanaio della città sta invece – nella debolezza della progettualità della politica – svolgendo con progressiva incisività un’azione politica di supplenza. Un’attività che si traduce per la città nella conferma Eataly di Farinetti nella ghiacciaia degli ex-Magazzini Generali, in un qualche sibillino suggerimento per il rinnovamento dell’ente Fiera (da svincolare da Verona, per finire in pasto a Milano?), nella richiesta “come atto dovuto” del cambio di destinazione d’uso dell’ex sede dell’Unicredit in via Garibaldi da trasformare in un hotel di lusso. Solo che, per quest’ultimo passaggio, serve un voto in Consiglio comunale.

Ecco dunque. La politica di Palazzo Barbieri, così afona, non potendo sottrarsi a quanto sottoscritto, potrebbe almeno pretendere che l’attuazione del patto non viaggi “a due velocità”: a lumaca per Castel S. Pietro e sulle note dell’Aida per quanto riguarda gli elementi di redditività per la Fondazione. Sarebbe, infatti, l’ennesima dimostrazione di debolezza del pubblico rispetto al privato, con l’aggravante che adesso la fortezza austriaca, che rischia di rimanere l’ennesima incompiuta, non è nemmeno così nascosta, ora che molti degli storici cipressi presenti sulla collina sono stati abbattuti.

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