Riparte (anche se il meteo non sembra d’accordo) la primavera, si apre la mobilità tra Regioni, si torna a piccoli passi alla normalità.

Tra le vittime del Covid, di sicuro la cultura.

Ecco allora l’idea per un piccolo tour di Ravenna alla scoperta dei suoi mosaici, eredità della tradizione tardo antica e bizantina. Costituiscono il patrimonio di una città che, nel tramonto dell’impero Romano d’Occidente (402 d.C.), è stata capitale per la sua posizione prossima al mare e al porto di Classe e per le malsane paludi che la circondavano; del regno degli Ostrogoti di Teodorico e, infine, dell’esarcato di Ravenna, rimanendo protagonista tra il V e il VI sec. d.C.

Le tracce di questa magnificenza resistono nelle vestigia dei palazzi e delle strutture del potere resistiti al tempo – si caratterizzano per l’essere le più importanti soprattutto dell’arte paleocristiana.

Il battistero degli Ariani, Ravenna

Un’arte che trova la sua espressione anche nei contrasti: nel V secolo, nel centro Italia, si consuma infatti un sordo conflitto tra popolazioni dominanti barbariche (gli Ostrogoti di Teodorico) e le popolazioni Romane, in cui si inserisce progressivamente l’elemento bizantino con il crescere dell’ambizione giustinianea della Restauratio Imperii. L’arte diventa così uno strumento per mostrare la propria ricchezza e potenza e marcare anche una differenza che, oltre a essere politica, è pure religiosa: ariani gli Ostrogoti, cattolici i Romani.

Con le riaperture in tempi Covid ogni visita, anche se breve, necessita di prenotazione, e ogni ente ha un proprio sistema di gestione – parliamo soprattutto del Ministero dei Beni Culturali e l’Opera di Religione della Diocesi di Ravenna. Da qui, propongo un tour giornaliero che vi permetterà di esplorare i tesori archeologici più rilevanti della città. Vittime necessarie a causa della distanza: il mausoleo di Teodorico e la Basilica di S. Apollinare in Classe (che meriterebbe una visita a sé).

Prima tappa, il battistero degli Ariani. Non sarebbe l’inizio ideale, per la lontananza (un quarto d’ora) dal parcheggio più ampio e comodo (Largo Giustiniano, tre euro al giorno), ma è aperto solo al mattino. Un luogo che, nella cupola, mantiene le tracce dell’arte ariana degli Ostrogoti, fortemente influenzata dallo stile ieratico bizantino. Tempo di permanenza: 5-10 min (poi vi cacciano).

S. Apollinare Nuovo, Ravenna, interno

Dopo la breve visita (a costo contenuto) ci si sposta a S. Apollinare Nuovo, la chiesa dove sono stati trasferiti i resti del patrono della città che, prima del pericolo dei pirati, si trovavano nella chiesa di S. Apollinare in Classe. Nonostante gli interventi successivi e i danni dei bombardamenti degli alleati della Seconda Guerra Mondiale, mantiene sulle pareti della navata centrale luccicanti mosaici con un interessante esempio di damnatio memoriae, ovvero la lacunosa cancellazione della figura e della corte di Teodorico ai tempi della dominazione bizantina.

Tempo di permanenza: massimo 25 min (poi vi cacciano).

Ci sarebbe, a pochi passi dalla basilica, anche il Palazzo di Teodorico che, purtroppo, non solo è ridotto a un rudere con mosaici pavimentali recuperati e addossati alla parete, ma pure è visitabile solo di lunedì. Piuttosto vincolante.

Si chiude la mattinata con una camminata di venti minuti che passa di fronte alla neoclassica tomba di Dante (che una guida locale racconta essere il rinnovamento di una struttura medioevale, prima aperta e per questo luogo di attività commerciali finalizzate all’eiaculazione maschile) e con cui si arriva al Battistero Neoniano, detto battistero degli ortodossi (che però qui vanno intesi come non ariani, quindi cattolici, in polemica con gli Ostrogoti). A differenza del battistero degli Ariani, qui le decorazioni si sono conservate per intero: è una meraviglia per gli occhi dal pavimento fino alla cupola. Tempo di permanenza: 5-10 min (poi vi cacciano).

A pochi metri, il museo arcivescovile di Ravenna che ha sede nel Palazzo Arcivescovile. Qui si trova la cappella di S. Andrea, costruita all’epoca del vescovo Pietro II (494-519 d.C.) e che ha visto consacrati tutti i vescovi della città. A pochi passi, nella stanza accanto, la cattedra vescovile di Massimiano, un trono episcopale con struttura in legno ricoperta di placchette in avorio istoriate, un pezzo veramente unico per qualità di fattura e la cui conservazione nei secoli è un vero miracolo.

A questo punto è consigliabile una pausa in Piazza del Popolo.

Il pomeriggio potrebbe dunque riprendere coi pezzi forti, lungamente attesi (e in fondo non si dice che “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”?): la Chiesa di S. Vitale, con gli affreschi che immortalano l’imperatore Giustiniano e l’imperatrice Teodora in un tripudio di colori e tessere dorate, e il mausoleo di Galla Placidia. Una donna eccezionale, che ebbe una vita difficile e avventurosa in tempi molto duri e che fu al centro della vita della corte e del potere imperiale della prima metà V secolo. Una donna anche spietata, che tuttavia volle lasciarci un’immagine di sé spirituale e diafana nel suo meraviglioso mausoleo. Tempo di permanenza: 5 min (poi liberano i cani).

A concludere il percorso, a 2 minuti di distanza, la Domus dei Tappeti di Pietra: un ottimo allestimento museale per la pavimentazione di una domus molto importante, di dimensioni imponenti, collocabile temporalmente tra l’età tardo antica e quella bizantina e che, in buona parte, è ancora nascosta sotto gli abitati delle case vicine. Qui, da vedere assolutamente, ci sono la “Danza dei Geni delle Quattro Stagioni” e la figura del “Buon Pastore” (di età tardoantica).

A questo punto, sarete provati da tanta bellezza e da tanti passi. Un aperitivo in piazza Andrea Costa, vicino al fighetto Mercato Coperto, ve lo sarete di certo meritati.

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