Cominciano le vacanze di Natale per le scuole e già si pensa al ritorno in classe a gennaio: si lavora ancora sulle percentuali di alunni nelle aule (75% o 50%? Su pressione delle Regioni pare si stia andando verso al seconda ipotesi) e sull’ingresso scaglionato su due turni per diminuire la pressione sui trasporti e sugli istituti. Ma qual è lo stato attuale della scuola? Dopo aver sentito il direttore generale dell’ATV Stefano Zaninelli, oggi ascoltiamo la Segretaria Generale Provinciale CGIL-FLC di Verona, Beatrice Pellegrini.

Partiamo dal nodo epidemia: le scuole sono luoghi di contagio o no? L’inchiesta di Wired rilanciata da IlTempo lascia intendere che il Ministero sia reticente sulla diffusione dei dati effettivi. Un recentissimo studio dell’Usl di Reggio Emilia sottolinea intanto il rischio, specie nelle medie e nelle superiori. Visitando molte scuole, qual è la sua percezione?

«Non ho conoscenza della questione dati omessi o no, nello specifico. Parlando però con molti pediatri, incontrando molti Ds e dipendenti perché giro per le scuole, le evidenze e la percezione concreta sono che la diffusione del contagio non avviene negli istituti scolastici grazie a protocolli molto precisi; i ragazzi si ammalano di più, paradossalmente, a causa degli adulti (specie in famiglia) che adottano comportamenti non previdenti: il nonno che va al bar a giocare a carte, il genitore che al lavoro non rispetta le precauzioni. Anzi, di fatto le scuole – parlo soprattutto dei comprensori – stanno svolgendo un lavoro eccezionale ed essenziale di tracciamento che il Servizio Sanitario Nazionale non è più (se mai lo è stato, siamo onesti) in grado di fare; stanno svolgendo impropriamente un’azione sostitutiva, pagandone il prezzo. Il nodo vero è quello dei trasporti extra-urbani.»

Beatrice Pellegrini

Il direttore generale dell’ATV Zaninelli a questo giornale, l’azienda dichiarava di essere pronta alla ripartenza già ora. Alcuni DS, nelle comunicazioni ai loro docenti, segnalano invece che non è pronto alcunché e che c’è una partita in gioco tra il Ministero, che spinge per una presenza al 75%, e le Regioni, tra cui il Veneto, che invece vorrebbe il 50%. Com’è la situazione, visto che voi avete una visione di insieme?

«Noi abbiamo chiesto un tavolo con il Prefetto, l’azienda trasporti, i Direttori e gli uffici scolastici, le rappresentanze sindacali e, magari, anche le famiglie. Non è possibile confrontarsi a distanza e rimbalzandosi tra annunci, comunicati e articoli ma, ad oggi, nulla è ancora avvenuto. Siamo in grande ritardo; ed è scandaloso che i Dirigenti Scolastici non siano stati mai invitati ai tavoli per presentare le loro oggettive condizioni rispetto alla organizzazione del servizio scolastico.»

Quindi la situazione non appare tranquillizzante.

«No, anzi; c’è chi dice che qualcuno al Governo sia pronto ad utilizzare politicamente la carta del diritto allo studio – meglio, il fallimento della ripartenza – per provocare una crisi di governo. Vedremo. La situazione in realtà è simile a quella di maggio: non c’è un programma certo su come avverrà la ripartenza e le riunioni per la programmazione sono sempre in ritardo e non coinvolgono tutti gli interessati. Siamo in attesa di piani operativi che le cabine di regia provinciali hanno promesso, ma a Verona siamo in ritardo più che ogni provincia.»

L’Atv sostiene che è colpa delle scuole che non forniscono i dati se i tavoli vengono continuamente rimandati. Le scuole, d’altro canto, attendono le indicazioni del Ministero, perché se gli accessi vengono divisi per fascia oraria bisognerà conoscere il numero degli alunni e i criteri per le decisioni essenziali. La Provincia annuncia per alcune scuole nuovi spazi che esistono solo sulla carta. Ora, il Ministro Lucia Azzolina ha certo grosse responsabilità, ma l’impressione è che sia diventato anche un comodo parafulmine.

«È tutto un gioco al rimpallo delle responsabilità sugli altri, che è la stessa modalità che va avanti da maggio. Ragioniamo: chi è alla base della piramide? Il trasporto. L’Atv deve convocare le scuole dicendo cosa è in grado di garantire e cosa no, così che scuole e famiglie possano condividere le loro necessità e si possa confrontarsi con la realtà. Credo che sia tutto un pretesto dell’azienda trasporti che vuole scaricare su scuole e dirigenti le sue responsabilità. Ma siamo proprio sicuri che quanto sarà deciso in modo unilaterale, attraverso questi piani operativi, sia realizzabile nelle scuole? La scuola è un’organizzazione complessa che deve conciliare moltissimi interessi degli studenti e famiglie, ci sono problemi a monte di spazi e, nel contempo, è sufficiente l’organico assegnato alle scuole se si cambia il tempo scuola? Ribadisco sono tutte variabili che il tavolo di regia dovrebbe conoscere attraverso la consultazione dei DS e dei sindacati.»

Però l’Atv, per bocca del suo direttore generale, ha comunque dichiarato che l’azienda trasporti è pronta già fin da subito per una ripartenza al 75%. È così?

«La verità è che sperano che il Governatore Luca Zaia cavi le castagne dal fuoco imponendo una didattica al 50%, perché altrimenti servirebbe un potenziamento del trasporto pubblico che può avvenire o con un ampliamento della flotta [per il quale, risorse economiche a parte, servono 6-9 mesi, come dichiarato sempre da Zaninelli, N.d.A.] o una semplificazione per l’affidamento, attraverso procedure straordinarie in caso di urgenza, come avvenuto in altri ambiti; a questo punto penso che non ci sia la volontà politica. Ci sono intanto decisioni che devono essere prese, e presto: abbiamo anche chiesto l’aumento degli addetti alla sorveglianza delle pensiline durante l’attesa dei mezzi pubblici, momento cruciale per la diffusione del virus. Bisogna ripartire e presto, perché gli adolescenti a casa cominciano a mostrare segni di stanchezza e disaffezione che non ci possiamo permettere, visto che siamo il paese in Europa con più Neet (Not in Education, Employment or Training), davanti persino alla Bulgaria».

Una classifica che ci vedeva ai vertici anche prima del Covid…

«A maggior ragione, partendo da una situazione di oggettiva debolezza, si doveva fare di tutto per invertire una tendenza pericolosissima per un paese con un futuro molto incerto».

Chiudiamo con una questione più focalizzata sulla situazione lavorativa dei docenti. Dopo una prima fase in cui hanno firmato solo CISL e Anief, alla fine tutti i sindacati – CGIL compresa – hanno sottoscritto la bozza contrattazione nazionale integrativa sulla regolazione della didattica digitale integrata (Ddi). Un contratto senza contropartite, segnala qualcuno. Che ne pensa?

«Solo quando sono stati sciolti tutti i nodi, che noi avevamo segnalato, abbiamo ritenuto condivisibile il documento e così il 9 di novembre abbiamo firmato: nodi come i criteri e i paletti per tutelare il personale rispetto alle lezioni sincrone e asincrone, le pause, la sicurezza, il luogo di svolgimento della DAD…Per quanto riguarda le risorse invece bisogna sapere che non possono essere stanziate per i Contratti integrativi (che la norma impone a risorse invariate) ma saranno invece programmate stanziate per il rinnovo del CCNL. Ho quindi personalmente promosso 15 assemblee sul territorio per diffondere e condividere i contenuti dell’accordo e l’esito delle votazioni sulla bozza è favorevole al 95% perché comporta un innegabile vantaggio: ora esiste una regolamentazione essenziale ma fondamentale che precisa e limita gli obblighi dei lavoratori. Non è così altrove. Prendiamo a confronto il caso dei dipendenti pubblici degli atenei, che non sono alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione ma del Ministero della Pubblica Amministrazione – ministro Fabiana Dadone: lì si procede per leggi che regolano in maniera unilaterale – e, quindi, discrezionale – i doveri dei lavoratori a favore del datore, ovvero il ministero stesso.»

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