Si chiude oggi la programmazione di wine2wine 2020 sulla piattaforma online VF+ che, dopo gli eventi più istituzionali di sabato e domenica, ha visto da ieri protagonisti gli speech brevi e le degustazioni online, che vanno ad aggiungersi agli approfondimenti sul mondo del business del vino.

Evento principale della giornata di domenica è stato il Congresso annuale di Assoenologi, ospitato dalla manifestazione organizzata da VeronaFiere e Vinitaly.

Ad aprire il congresso nella mattinata, dopo la presentazione dei lavori da parte del presidente Riccardo Cotarella, è stata la tavola rotonda Prosecco: un fenomeno tutto italiano, che ha visto la partecipazione in prima battuta dei due presidenti di Regione Luca Zaia, per il Veneto, e Massimiliano Fedriga per il Friuli Venezia Giulia.

Un incontro atteso, anche in considerazione della recente modifica del disciplinare della Doc, che ha consentito l’inserimento in denominazione del Prosecco Rosé.

Sull’argomento, leggi anche l’approfondimento –> “18 milioni di sfumature rosa: arriva il Prosecco Rosé”

A moderare l’evento, così come i successivi del pomeriggio, il giornalista Bruno Vespa, anch’egli da alcuni anni produttore vitivinicolo, amico di lunga data di Assoenologi e futuro produttore di Prosecco. Lo scambio avuto con i due presidenti di Regione è stato un’occasione per ripercorrere le vicende politiche della denominazione, che ha visto protagonista Luca Zaia fin da quando era vicepresidente regionale.

Bruno Vespa, in alto a sinistra, conduce la tavola rotonda Prosecco: un fenomeno
tutto italiano, ospiti i presidenti di Regione Luca Zaia e Massimiliano Fedriga

La coltivazione di uve prosecco, già citata nel 1874 da Vianello e Carpenè in La vite e il vino nella provincia di Treviso è stata secondaria rispetto altre tipologie di vitigni come Verdiso e Bianchetta per diverso tempo, ed è andata poi progressivamente aumentando dal secondo dopoguerra in avanti.

Ma come si è arrivati al brand che è oggi il Prosecco? Come è nato il fenomeno? Questa la prima domanda di Bruno Vespa al Presidente del Veneto Luca Zaia: «L’idea – racconta il presidente del Veneto – è paradossalmente nata da una sconfitta. Ero infatti ancora vicepresidente di regione quando perdemmo clamorosamente la battaglia del Tocai. L’Ungheria, per L’Unione Europea, prevaleva di diritto sul nome Tokaji, in quanto legato ad una zona di produzione e al nome della città Tokaj. Ai tempi feci anche ricorso, ma non ci fu nulla da fare: dovemmo cambiare il nome del nostro vitigno da “tocai” in “friulano”.

La chiave di volta di tutta l’operazione Prosecco è stata infatti il Decreto del 2009, quando, come Ministro, ho approfittato di un varco che c’è stato a livello europeo per bloccare, e quindi vincolare, il nome Prosecco al territorio. Ciò ha comportato dover cambiare il nome del vitigno da “prosecco” a “glera” (il vitigno di nome prosecco, infatti, oggi non esiste più sul registro della vite) rivendicando il toponimo della città di Prosecco in Friuli, che ci ha salvato.

Ciò significa che se si pianta glera su quei territori specifici si può fare Prosecco, se la si pianta fuori non lo si può chiamare Prosecco. Forse è una cosa che oggi ci pare un po’ scontata, ma la questione importante è che dobbiamo ricordare che prima di quel decreto, che ha agganciato un toponimo al nome del vino, il nome Prosecco era patrimonio del mondo, non del Veneto o delle nostre colline. Ora invece è solo nostro.

Fu quindi un’operazione davvero strategica, che ci ha consentito di essere gli unici a livello europeo, inizialmente. Poi il vincolo è stato esteso anche a livello internazionale extra UE. Oggi solo le province venete autorizzate e le quattro del Friuli (Gorizia, Trieste, Pordenone e Udine) possono usare quel nome: vendendo una bottiglia di Prosecco ora si vende un territorio».

Le colline di Valdobbiadene, foto di Miguel G.S., Flickr

Cos’è cambiato negli anni a seguire?

«Quando è stato fatto il decreto, nel 2009, avevamo 57 milioni di bottiglie della vecchia Doc, che oggi è Docg, ovvero la produzione della zona collinare, e più o meno 160 milioni di bottiglie della vecchia Igt, che oggi è la Doc, la zona di pianura. Siamo partiti da lì. Il totale di bottiglie che si producono e si vendono oggi è di circa 600 milioni.

Il Prosecco non è più una semplice bottiglia di bollicine, è un brand, ed è entrato nella mente di tutti.

Non dimentichiamo inoltre che, essendo un vino facile, ha riscontrato alto gradimento anche nei nuovi mercati, e questo ci consente di cominciare a “vedere dallo specchietto retrovisore” lo Champagne, e non è poco. Aver portato avanti questa sfida, assieme al grande lavoro fatto, ci consente sempre una crescita a due cifre, anche grazie a mercati importanti come Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti che crescono ogni anno.

Come ciliegina sulla torta, abbiamo ottenuto il riconoscimento del 2019 come patrimonio dell’umanità dell’Unesco, che ci farà crescere ulteriormente anche sul piano turistico. Voglio sottolineare che siamo l’unico paesaggio vinicolo Unesco che porta al suo interno anche il nome del vino. E anche su questo non potete capire quante battaglie abbiamo fatto.

Il fatto è che molte cose, oggi, si danno per assodate. Tutti danno per scontata la crescita che c’è stata, imputandola al fatto che “si cresce, perché sono ormai passati dieci anni ” ma non è così semplice. Va detto che per il decreto 2009 ci sono stati diversi produttori che ci hanno creduto, ma molti altri si sono opposti tenacemente. Il merito, in questo caso, è stato della politica, perché ha insistito.

A volte ci sono ottime proposte anche da parte delle amministrazioni, ma il timore del cambiamento spesso blocca anche le proposte più lodevoli: si pensi al fatto che diversi anni prima si era tentato di far diventare Docg i 106 ettari del Cartizze, ma tutto saltò poiché gli agricoltori non erano stati in grado di raggiungere un accordo».

Che risultati ci sono stati invece in Friuli? Come si sta muovendo la regione per il futuro?

«La scelta di Luca – ha risposto Massimiliano Fedriga – di puntare sul paese di Prosecco, di 1300 anime, in provincia di Trieste, è stata fondamentale per raggiungere un obiettivo importantissimo. Aggiungere la Doc Prosecco ci ha consentito di ottenere un’importante svolta nella produzione regionale sul territorio nazionale. Si deve pensare che il Friuli viene fuori dal dopoguerra con un’economia che si muoveva dal basso per la sopravvivenza. Quindi un’agricoltura di qualità apporta un valore enorme alla regione, che si traduce in ricchezza per tutta la filiera: oggi la glera va dai 1,65 agli 1,75 euro al litro, mentre il pinot grigio, della recente Doc delle Venezie, ma comunque vitigno storico del nostro territorio, va dai 0.65 a 0,75 euro al litro.

Per il futuro, il nostro obiettivo è quello di trovare il giusto connubio tra agricoltura e sostenibilità, impegnandoci a garantire sia capacità produttiva che tutela del territorio. Stiamo inoltre investendo per avere sempre più impianti di spumantizzazione in loco, per portare tutta la filiera sul territorio ed avere più valore aggiunto».

Che futuro per il Prosecco?

«Molti produttori si lamentano per le imitazioni, e hanno ragione. Ma io ritengo che finché continuano ad imitarci significa che abbiamo futuro. Quando ci ignoreranno vorrà dire che saremo finiti. Il fatto è che dobbiamo fare qualità, sempre di più. La nostra crescita qualitativa è stata importante in questi ultimi anni, e se si calcola che una azienda agricola media nella zona Docg è di circa 1,13 ettari, quindi quasi nulla, o il produttore sceglie di fare un buon vino oppure quel vino non si vende. Bisogna dire inoltre che i nostri standard qualitativi, in metodo charmat, sono molto alti: addirittura migliori di quello dello Champagne, vedendo che, eccellenze a parte, un gran numero di Champagne sono praticamente imbevibili. Un altro elemento che ci fa capire quanto siamo ancora in corsa sono i testimonial che si stanno interessando al Prosecco. Di recente Elthon John è venuto in Valdobbiadene, e pare che sia interessato ad acquistare vigneti, ma non è il solo: grandi e autorevoli testimonial che facciano promozione alle nostre denominazioni praticamente a costo zero, (semplicemente con il loro nome in etichetta), è per noi un onore. Ma certo arrivare a un riconoscimento e a un risultato del genere non è stato facile. Un altro elemento fondamentale, nella visione di futuro per il Prosecco sono i giovani. Il Prosecco sarà anche trendy, smart, fashion. Ma vedere che ci sono esempi di giovani laureati che scelgono la via della produzione vitivinicola in Prosecco, lasciando anche posti remunerativi con cognizione di causa per passione, significa che ci sono ancora, e ci saranno ancora, storie da raccontare. E finchè ci sono storie si crescerà sempre di più.»

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