È arrivato agosto e ancora non si è visto l’inizio dei lavori all’Arsenale. Nel giugno scorso l’amministrazione di Verona aveva dichiarato che entro luglio sarebbero partiti i cantieri per il rifacimento dei tetti dell’ex complesso militare asburgico, ma ad oggi l’unico segno di attività sono le transenne messe a delimitazione delle aree verdi della prima corte, le quali erano le uniche su cui si esercitava qualche forma di attività pubblica che, bene o male, presidiava l’area.

Rimosse quel paio di giostre e le panchine che erano utilizzate dalle famiglie durante il giorno, rimane solo il mercato di Coldiretti che si tiene il giovedì mattina a dare un segno di vita nel venerabile complesso asburgico (o in quel che ne rimane). L’urbanistica ha una legge, che curiosamente i consulenti interpellati per il recupero dell’edificio non hanno mai illustrato all’amministrazione: nella città non esistono spazi vuoti, ma solo spazi che vengono occupati più o meno informalmente. E così, da quando l’Arsenale ha visto ridursi il presidio dato dall’utilizzo della cittadinanza delle (poche) attrezzature che aveva, sono comparsi nella zona personaggi non sempre rassicuranti. La “sicurezza percepita” dai cittadini del quartiere è calata e da un’amministrazione che su questi temi ha fatto la campagna elettorale ci si sarebbe aspettato una maggiore sensibilità in merito.

Il consigliere comunale del PD Federico Benini, da sempre molto impegnato sul tema del degrado urbano, da noi interpellato per una opinione sull’impasse in cui sembra versare l’intervento, afferma: «Arsenale, filobus, Central park, traforo, Casa di Giulietta. Non sono titoli, ma sono i punti del programma elettorale di Sboarina su cui aveva promesso una svolta fin da subito. Dopo più di tre anni dall’elezione a sindaco, siamo ancora al palo, al nulla più totale. Per ogni opera non iniziata contiamo una media di conferenza stampa di inizio lavori. Quella dell’arsenale è l’ennesima presa in giro.» Anche il consigliere tosiano Alberto Bozza, particolarmente coinvolto in Seconda Circoscrizione, è tranchant nel suo giudizio su quanto è stato fatto fino a ora per il recupero della struttura: «Dopo più di tre anni dall’insediamento dell’amministrazione Sboarina e dopo che il sindaco ha cestinato un progetto che nel 2017 era ai blocchi di partenza, oggi l’Arsenale è abbandonato. Questa amministrazione sostiene di essere prossima ad un nuovo progetto che deve essere ancora redatto e che nessuno ha spiegato come venga finanziato. Nel frattempo, l’unico risultato ottenuto è di aver trasformato l’Arsenale in un luogo malamente illuminato la notte, frequentato da personaggi “strani”, dove i cittadini si sentono insicuri a transitare. I lavori che a detta dell’amministrazione sarebbero dovuti iniziare a luglio sono ancora fermi, ma intanto sono state dismesse le due giostre e le panche che erano rimaste e che almeno nelle ore del giorno garantivano un minimo di presidio nella struttura ove ora regna il degrado, delle cui conseguenze si sono accorti tutti i cittadini veronesi e i residenti nella zona in particolare.»

Il recupero dell’Arsenale, dunque, sembra essere ancora fermo al palo, ma sul sito del Comune veronese si trova il layout funzionale per l’intervento e il cronoprogramma dei lavori, con le relative somme previste per le opere da realizzarsi, per quanto non vi sia chiarezza dove l’amministrazione intenda reperire le ingenti somme necessarie. Nell’ex palazzina comando è previsto vengano realizzati spazi museali, che dovrebbero raccogliere parte delle collezioni del Museo di Storia Naturale. L’idea di un Polo museale funzionalmente collegato con il Museo di Castelvecchio è ottima, ma pare declinata in maniera estemporanea, con il solo fine di aggiungere una destinazione d’uso “pubblica” senza un vero progetto espositivo e complessivo, che coinvolga sia l’Arsenale sia il museo di Castelvecchio. E senza risolvere, nel frattempo, il grave problema dell’inadeguatezza dell’attuale sede del Museo di Storia Naturale, le cui raccolte – se valorizzate in uno spazio espositivo moderno – sarebbero effettivamente di prim’ordine, fra le migliori in Italia. La corte ovest dell’Arsenale vede in parte l’insediamento dell’Accademia delle Belle Arti, ma l’operazione è condizionata dalla vendita del palazzo dove essa attualmente ha sede per reperire le risorse necessarie all’esecuzione dell’intervento di recupero dei padiglioni asburgici, pari a 10 milioni di euro a quanto si legge sul sito.

Operazione che, con i tempi che corrono, appare decisamente aleatoria. Gli edifici della corte centrale e le stecche interne delle corti est e ovest si vedono destinate a tutta una serie di funzioni che vanno dalla nursery, a non meglio precisati “spazi per famiglie” fino a spazi destinati al coworking (destinazione d’uso ideale al tempo del covid, che come il sindaco Sboarina ha fatto notare a proposito della filovia “ha cambiato il mondo”) o fantomatici “laboratori d’arte”. Infine, la corte est e la stecca che chiude sul retro il complesso sono destinate a attività commerciali di vario genere. Presso la corte si realizzerà un mercato coperto, destinazione d’uso che suscita qualche perplessità, per il fatto che questa amministrazione nel 2017 aveva fatto campagna elettorale portando il vessillo dei “piccoli negozi di vicinato schiacciati dalla grande distribuzione”. Aprire un mercato coperto in uno dei pochi quartieri di Verona dove i negozi di vicinato esistono ancora non è esattamente dar loro una mano. Le altre stecche si legge che prevederanno “spazi per il gusto e la degustazione”. Ora, a meno che l’amministrazione non ci voglia insediare i Frati del Barana e organizzarci distribuzioni di pasti gratis, presumibilmente gli “spazi per il gusto” saranno bar e ristoranti. Se si misura approssimativamente l’area complessivamente destinata a attività commerciali dal piano di recupero Sboarina, ne risulta che la superficie è vicina ai 5.000 mq. La cassata proposta di project avanzata da Italiana Costruzioni inizialmente prevedeva di utilizzare la stessa quantità di superficie per attività commerciali, poi ridotta della metà. Delle due l’una, o l’amministrazione ritiene che vendere broccoli o lesso con la pearà abbia “un’accresciuta coscienza morale” rispetto a vendere mutande o sciarpe griffate, per quanto entrambe le attività si esercitano per il profitto d’impresa, oppure il commerciale è brutto solo se lo fanno gli altri.

L’impressione che se ne ricava è che la sostanziale indeterminatezza delle destinazioni d’uso serva da schermo a un’amministrazione indecisa sul come usare quegli spazi e che si trincea dietro ad “ambienti con funzioni reversibili” per non dover ammettere che non ha le idee chiare su che cosa fare effettivamente dell’Arsenale. Invece, si sa, gli interventi di recupero urbano funzionano solo se c’è un chiaro programma di destinazione d’uso. In urbanistica e architettura gli spazi “non solo.. ma anche” non hanno mai funzionato. Le periferie delle città sono piene di sale e spazi “polifunzionali” inutilizzati o sottoutilizzati. Il recupero di questa parte del complesso, da quel che si legge sulla documentazione messa a disposizione, costa come detto circa 10 milioni di euro e sarebbe non solo interessante ma necessario capire esattamente che cosa ci si voglia fare.

Sia come sia ora l’Arsenale è esattamente lo stesso di tre anni fa: un’area di fatto abbandonata, solo che ora un poco di più.