Lega e M5S si incolpano della crisi di cattedre della scuola: chi ha ragione?

L’ex ministra dell’Istruzione Maria Stella Gelmini è, certo per i suoi trascorsi istituzionali, il punto di riferimento per il settore scuola per il centro-destra e, da settimane, fa da controcanto alle dichiarazioni e agli annunci dell’attuale ministra Lucia Azzolina: un controcanto sempre più critico e in linea, anche se non nei modi, con la Lega di Matteo Salvini che ha presentato mozione di sfiducia individuale contro la ministra dell’M5S.

Una mozione che non solo stigmatizza duramente quanto operato finora nella sua funzione ma che, addirittura, accusa Azzolina del reato di plagio e di violazione del diritto d’autore per la tesi per la SSIS, la Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario. Una guerra totale, istituzionale e personale. È una decisione giustificata? E Il centrodestra e il suo “esperto” del mondo scuola hanno l’autorevolezza necessaria?

Sulla credibilità personale dell’ex ministra ricordiamo che Maria Stella Gelmini – che ad aprile 2020 chiedeva accorata che si continuasse a valutare il merito pur con un esame di Stato semplificato per la pandemia – divenne suo malgrado famosa per aver svolto l’esame di abilitazione all’albo passando da Brescia a Reggio Calabria, con modalità che il “Corriere della Sera” rilevò a suo tempo. La motivazione della Gelmini ce la riporta nel 2008 nel suo articolo Gian Antonio Stella: «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l’esame per ottenere l’abilitazione alla professione». Insomma, l’italico “tengo famiglia” appiana ogni increspatura della coscienza.

Ma torniamo nel merito della questione, ovvero la cosiddetta “Riforma Gelmini”, emanata nella prima parte del governo Berlusconi IV (2008-2011), che ha inciso fortemente sulla scuola del tempo. Una riforma che, all’epoca, venne criticata per la sua impostazione: la figura del maestro unico nella scuola primaria, il ritorno alla valutazione decimale e il voto di condotta (DPR 122/2009) che restituiva un certo tipo di idea di formazione del cittadino, il taglio nozionistico dei test Invalsi imposti d’imperio, l’ampliamento agli istituti tecnici dell’alternanza scuola lavoro (nata con la Legge Moratti) che ampliava il modello “giapponese” nel nostro sistema scolastico.

C’erano però anche innegabili aspetti positivi, come l’introduzione di Cittadinanza e Costituzione (L169/2008; reintrodotta fattivamente a partire da quest’anno), il riconoscimento dei bisogni speciali degli alunni disabili o con disturbi dell’apprendimento e, a livello di organizzazione, una netta riduzione e razionalizzazione, con il DPR 89/2010, dell’offerta dei percorsi scolastici, che risultava appesantita nel corso degli anni da infinite sperimentazioni.

Qual è il problema? Se è pur vero da una parte che il decreto legge 137/2008 non dispose tagli alla spesa (presenti nella 133/2008), dall’altra il sistema scolastico venne disegnato in base alle sopravvenute diminuzioni delle risorse decise dall’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ovvero un taglio alla scuola di 8,5 miliardi di euro (10,5% del budget) e del personale dell’11% con l’esplosione del fenomeno delle cosiddette “classi pollaio”. Quindi, una riforma scolastica ambiziosa nella strutturazione e nelle intenzioni ma, di fatto, rispondente più al bisogno di trasferire da questo Ministero risorse economiche per altre – discutibili – priorità (come il salvataggio di Alitalia).

Ecco dunque: se oggi la ministra Azzolina è in affanno, come e più dei suoi predecessori, per la copertura delle cattedre è anche – e soprattutto – per l’azione dei governi di centro-destra e della stessa Gelmini. Il giudizio fortemente negativo, per l’attuale ministra, non è quindi dovuto alla costruzione di una nuova riforma disegnata sulla sua idea di scuola (che, dalle sue parole, è a metà tra il sogno adolescenziale a occhi aperti e la pura “fuffa”) ma è da cercarsi piuttosto nella disastrosa gestione dell’emergenza (segnalata più volte da queste colonne e dai sindacati), nell’incomprensibile ritardo nell’emanare leggi e decreti fondamentali, nella confusione creata nella gestione delle graduatorie, nell’incapacità di confrontarsi costruttivamente con le critiche che segnalano problemi reali, nell’incapacità di accertare la realtà (come, ad esempio, la recentissima vicenda di Monza), negli annunci continui che non si avverano mai.

Alla luce di quanto emerso, l’opposizione ha fondati e concreti motivi per criticare l’operato di questa ministra fino al punto di pretenderne la rimozione; il M5S, d’altra parte, individua giustamente la causa prima della crisi delle cattedre nell’ultimo governo di centro-destra e in particolare nell’ex ministra Maria Stella Gelmini. Hanno ragione entrambi, perché si sono dimostrati, alla prova dei fatti, non all’altezza di un compito così importante e sottovalutato (perché non produce ricchezza), ovvero quello di formare i cittadini dell’Italia di domani.