In questi giorni il dibattito pubblico si sta sviluppando attorno a due decisioni strategiche che sembrano essere molto lontane fra loro, ma che sono più connesse di quanto si possa immaginare.

La prima decisione riguarda l’ambito locale e interessa il futuro di Agsm, di cui abbiamo parlato ieri, la multiutility posseduta dal Comune di Verona, nata come azienda di servizio al territorio, dal 1999, data del decreto Bersani sulle liberalizzazioni, è alla ricerca di competitività in un mercato dinamico, complesso e imprevedibile come quello dell’energia. È una società con un fatturato complessivo di circa 850 milioni di euro l’anno.

Stando ai dati degli ultimi bilanci, il 97% del margine operativo lordo, circa 80 milioni di euro anno, viene prodotto, più o meno equamente, da tre principali attività: la produzione di energia, la vendita di gas-elettricità e la distribuzione gas ed elettrica.  

Mentre la produzione e la vendita di energia operano in mercati completamente liberi e quindi soggetti a variabilità e imprevedibilità, la distribuzione elettrica e del gas, con cavi e tubazioni, è un business “regolato” dall’autorità e perciò più stabile e sicuro.

Megareti, la partecipata di Agsm che gestisce la distribuzione, è quindi un asset la cui redditività è finora soggetta solo alla incertezza di una gara pubblica dove il servizio può essere conteso con altri pretendenti.

Per  mantenere un ruolo in un futuro di innovazione e di forti bisogni di capitali Agsm deve, come hanno già fatto realtà simili, rafforzarsi aggregandosi con altre aziende del settore.

Sebbene questo processo sia ritenuto da tutti ormai inderogabile, da anni a Verona  polemiche infinite lo stanno bloccando.

Le ultime vicende vedono il presidente Agsm Daniele Finocchiaro, su input del Sindaco Federico Sboarina e della maggioranza, elaborare una proposta di aggregazione con Aim, municipalizzata di Vicenza, e A2A, la più grossa azienda italiana del settore che ha Milano come riferimento.

L’ultimo atto in ordine di tempo è stata la sconfessione, di una parte della maggioranza di Palazzo Barbieri, della scelta che privilegiava A2A come partner, dopo averla a lungo sostenuta. Il Consiglio di Amministrazione di venerdì 26 giugno è stato rinviato per mancanza di numero legale, confermando una volta di più l’incapacità di prendere decisioni.

La polemica politica cittadina è rovente: partigianeria, superficialità, giochi di potere si accavallano nelle dichiarazioni dei vari politici senza mai entrare nel merito della mission aziendale e del piano industriale presentato. Prevale il campanilismo (mai con Milano!) e la tattica fra le forze politiche, come Luca Comper ha raccontato nel suo ultimo articolo.

Non una ipotesi di scenario energetico futuro cui riferirsi, come se tutto dovesse rimanere uguale al passato e Agsm non dovesse ripensare se stessa in un contesto completamente nuovo.

Ad esempio, uno degli obiettivi qualificanti del nuovo progetto industriale è il recupero di risorse finanziarie necessarie per mantenere la concessione nella distribuzione gas in città. È l’investimento più importante, circa 203 mil di Euro. La gara è attesa nei prossimi anni, e Megareti potrebbe perdere la concessione e con essa una parte consistente del profitto aziendale.

La seconda decisione strategica, in discussione a livello europeo e nazionale, riguarda la conversione energetica del paese dall’uso dei combustibili fossili alle fonti rinnovabili. L’obiettivo minimo è chiaro: riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030 per raggiungere poi la completa decarbonizzazione entro il 2050.

Per capire meglio cosa può significare si prenda a esempio l’ultimo bilancio energetico della città di Verona, elaborato nel 2018 dal competente ufficio comunale. Si nota che il 55% delle emissioni cittadine di CO2 proviene dai trasporti alimentati da benzina e gasolio e il 34% dalle abitazioni alimentate da gas metano. Totale: quasi 90% del totale emissioni.

Attuare una loro riduzione, anche solo del 40%, vuol dire cambiare radicalmente la mobilità cittadina e la gestione energetica degli edifici. Si consumerà meno carburante ma si trasporterà anche meno gas rendendo inutilizzabile la rete di distribuzione. Banalmente le cucine di casa non saranno più alimentate da gas metano.

Lo conferma anche il direttore generale delle Infrastrutture Energetiche e Sicurezza del Mise, l’ingegnere Gilberto Dialuce, in un recente webinar organizzato da Utilitalia:  «Ricordo a tutti che gli obiettivi europei prevedono di arrivare a una completa decarbonizzazione, ossia zero gas fossile al 2050, gli affidamenti (delle reti di distribuzione gas) fatti ora finirebbero con lo smantellameno delle reti». Ciò  impone ai distributori come  Megareti «di ripensarsi in un’ottica di decarbonizzazione, green gas (biometano e idrogeno) e integrazione settoriale con l’elettrico».

Pertanto esiste un’importante connessione fra i due livelli di dibattito, ancorché ignorata in ambito veronese.

Come il processo di decarbonizzazione entra nella strategia di Agsm? Come se ne è tenuto conto proponendo, ad esempio, l’investimento nelle reti gas? Temi come green gas, comunità energetiche, accumuli, sviluppo massiccio delle rinnovabili, idrogeno verde, rigenerazione energetica edifici, mobilità elettrica,  impatteranno certamente su Agsm e ne condizioneranno il destino.

In un mondo che sta cambiando rapidamente, legare Agsm a logiche del passato significa condannarla a diventare marginale e insignificante.  Diventare protagonista della trasformazione energetica può essere un’opportunità anche per il territorio che la ospita.

Peccato che i temi elaborati a livello nazionale siano totalmente assenti nel dibattito pubblico cittadino. Le poche voci che tentano di entrare nel merito vengono soverchiate dal fragore delle polemiche “politiche” sul mi piace A2A, non mi piace A2A. Mentre la vera domanda dovrebbe essere: come Agsm, o la sua struttura veronese, può diventare protagonista della transizione energetica? Con quale criterio stiamo valutando le alternative?