Scrivere qualcosa su Nicola corrisponde pressappoco a ripercorrere l’intera scena musicale veronese degli ultimi 40 anni perché, benché si fosse sempre tenuto in disparte dalle tendenze e dalle mode, era riuscito a ritagliarsi uno spazio che era –ed è – del tutto personale.

Nicola Cosmo Salerno, musicista, grafico e creativo, già da giovanissimo, dopo le prime esperienze nei complessini “da liceo”, era approdato alla discografia maggiore assieme ai Radar che, come molte altre band coraggiose, dovettero scontrarsi con la difficile gestione di una grande casa discografica, la Wea, che forse non aveva la capacità di comprenderne le reali possibilità. 

Era il 1982 e per noi giovani veronesi dell’epoca, quel disco rappresentò qualcosa di stupefacente: una delle nostre band era riuscita a produrre un album perfettamente in linea coi tempi ed era riuscita a pubblicarlo su Wea. Una specie di evento per un gruppo proveniente da una città di provincia: gli anni delle etichette indipendenti erano ancora lontani a venire e “IL” disco era davvero un punto di arrivo. 

Fecero anche parecchia promozione tv, passando per Domenica InDiscoringSaint Vincent e altre trasmissioni ma, chissà come mai, il successo vero non arrivò mai. Erano troppo avanti? Troppo “diversi”? Chissà! Forse mancava una certa dose di “personalizzazione”, laddove i testi, anziché parlare di cuori infranti o robot (vera ossessione della canzonetta di quel periodo), si arrampicavano su territori più grotteschi, intelligentemente intellettuali, con citazioni futuriste e colte.

Dopo quell’esperienza, Nicola ha cominciato a pensare che la musica potesse diventare la sua ragione di vita ma c’era bisogno di mettersi  a studiare (cosa che fece) scegliendo di andare verso sonorità meno “pop”, confrontandosi con musicisti di aree diversissime, dal jazz all’elettronica.

Ha dato vita ad altre fondamentali formazioni come Art Erios e Nad (Niù Abdominaux Dangereux) che gli hanno dato molte soddisfazioni di carattere artistico e poche di carattere economico. Nicola non s’è mai stancato di sperimentare, di scoprire cose nuove e avviare progetti senza calcolarne il potenziale ma solo per il gusto di non rimanere mai fermo.

Andy Partridge degli Xtc gli chiese di collaborare con la sua band: scrissero assieme due pezzi ma successe un pastrocchio, gli Xtc si sciolsero e il disco non uscì mai (i due brani furono recuperati anni più tardi in una raccolta di inediti).

Nella seconda metà degli anni Novanta, pensò di mettere la musica in stand-by per avviare una carriera di grafico e, dopo aver frequentato la Scuola Politecnica di Design, s’è trasferito a Milano dove ha lavorato per Mediaset e altre aziende nazionali e dove a cominciato a capire che forse anche la sua passione per l’astrologia sarebbe potuta diventare un lavoro. In quell’ambito ha aperto uno dei primi siti internet e ha collaborato con le maggiori testate del settore come Astra.

Con il nuovo secolo, quando la musica sembrava essere diventata poco più che un hobby, d’improvviso è rientrata nella sua vita con l’entusiasmo riacceso dal musicologo Enrico Merlin che ha incluso il primo album dei Nad tra i dischi fondamentali del secolo scorso (“1000 dischi per un secolo”, Il Saggiatore – 2012).

Nad, un progetto condiviso con il collega e amico di sempre Roberto Zorzi, ebbero così la spinta per rinascere, regalando altri tre album sempre ricchi di grandi ospiti internazionali, ridando a Nicola un ruolo di primo piano nella musica. Dopo i Nad, ha riacceso anche la miccia dei Radar (un disco uscito nel 2016 e uno nuovo che era in preparazione) e negli ultimi mesi  ha pubblicato ben due album solisti.
Instancabile e curioso, aveva approfondito le tecniche della registrazione digitale, diventando un bravissimo produttore e ingegnere.

Nella notte tra il 10 e l’11 giugno ci ha lasciato, ma la sua vita era un vulcano di idee, fortunatamente in buona parte pubblicate e rese disponibili su dischi e piattaforme, che ci danno la fugace sensazione di averlo ancora qui, tra noi.