L’avevamo incontrato a fine gennaio, a Verona, per presentare alla Libreria Feltrinelli “Art Film Music”, un cofanetto di cinque dischi che raccoglie le colonne sonore composte per altrettanti film dedicati ai grandi artisti della pittura internazionale: Frida Kahlo, Paul Gauguin, Pablo Picasso, Vincent Van Gogh e Claude Monet. Remo Anzovino si era prestato alle nostre domande, raccontando di sé e della genesi di molti dei brani contenuti in quei dischi, colonne sonore senza tempo e capaci di integrarsi perfettamente con le immagini.

Remo Anzovino durante l’incontro di fine gennaio scorso alla Feltrinelli di Verona

Un’occasione, quella, davvero eccezionale per il pubblico scaligero di poter avvicinare e ascoltare da vicino il racconto di un compositore unico nel panorama nazionale, che si mette in gioco con tutti i generi musicali (dalla classica al jazz, dal tango al valzer passando per il pop e la canzone d’autore), senza paura e con una passione particolare per la ricerca della luce. E per ricerca della luce intendiamo proprio quella sorta di spasmodica indagine che Anzovino effettua attraverso le sue opere nel tentativo di cogliere sempre il “luminoso” che esiste in ogni ambito del creato e che rappresenta per lui una fonte sempre importante di ispirazione: in natura, nell’arte, nelle persone, ma anche in una canzone di Bob Marley o un brano di Johann Sebastian Bach. Luce che diventa anche il fil rouge del suo “Diario Sonoro”, un incontro che l’artista ha inaugurato all’indomani del lockdown che ha obbligato gli italiani a una forzata clausura e che ha ideato per accompagnare i suoi fan con la propria musica – ma non solo – in queste lunghe settimane da trascorrere in casa. Una sorta di reazione catartica allo spaesamento dei primi giorni di quarantena che poi, grazie al successo riscontrato nelle prime uscite, è diventata un appuntamento imperdibile e imprescindibile per migliaia di fan. Ma anche se vogliamo per lo stesso pianista, che per oltre un mese e mezzo ha instaurato attraverso quel canale un incredibile e sorprendente dialogo fatto di note, immagini, parole, suggestioni.

Remo Anzovino (foto tratta dal profilo Facebook dell’artista)

I suoi “racconti” sono stati visti più di 400mila volte, hanno generato oltre 10mila commenti e soprattutto sono stati in grado di guidare per mano il pubblico attraverso viaggi immaginifici nei luoghi che in questo periodo inevitabilmente non abbiamo potuto vivere. Ripercorrendo le tappe fondamentali della sua carriera, Anzovino con semplicità, ma allo stesso tempo anche con ottima capacità divulgativa, si è messo letteralmente a nudo, cosa che di solito fa con il piano, moltiplicando l’effetto attraverso la descrizione dei retroscena, degli episodi di vita quotidiana, dei momenti che hanno ispirato questo o quel brano, delle letture, degli amori musicali e personali, cercando di volta in volta un leit motiv con cui orientare la singola puntata. Si è così partiti dagli elementi della natura come il mare, le stelle, il vento, per poi passare alla musica creata per l’aggregazione, il ballo, lo stare insieme e arrivare, infine, ai momenti forse più alti della carriera musicale, con le opere dedicate a Pier Paolo Pasolini e alla “Sinfonia per la Terra”, composta in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia del Vajont e che rappresenta probabilmente il momento più alto della sua carriera.

I fan di Anzovino hanno risposto con grande affetto a questo regalo che il pianista friulano di origini napoletane ha voluto loro offrire e che ha permesso di ripercorrere in lungo e in largo, attraverso piani narrativi inediti e originali, il suo itinerario artistico, ma che per certi aspetti ha anche imposto allo stesso pianista di riflettere su ciò che ha fatto, ciò che sta facendo e probabilmente ciò che farà in futuro, alla fine di questa situazione. Portando la telecamera all’interno del proprio studio, dove ad accompagnarlo c’erano un pianoforte, i suoi spartiti e molti libri e dischi, alcuni poster e probabilmente molto altro, Anzovino si è dato completamente in quest’esperienza, che – ipotizziamo – potrebbe aver inciso profondamente nella sua poetica musicale con riflessi importanti sulla sua produzione futura.

Remo Anzovino mentre suona “Van Gogh” (foto tratta dal profilo Facebook dell’artista)

«Non ho mai tenuto in vita mia grandi diari ha affermato Anzovino nel presentare quell’iniziativa ma come oggetto è sempre servito nella storia a fermare dei momenti. E in qualche modo anche io ho voluto fermare questo momento.» L’idea del “Diario Sonoro”, ha confessato l’artista, è nata ripensando a un concerto tenuto alcuni anni fa nel Carcere di Opera, in occasione del festival Pianocity, quando un giovane detenuto lo ringraziò spiegando che attraverso la sua musica era riuscito a immaginarsi il giorno in cui sarebbe uscito, indicando dunque all’artista che la sua è una musica per immagini, che stimola la fantasia. Nell’appuntamento di questa sera proveremo a ripercorrere, in poco più di mezz’ora di chiacchierata, le varie tappe con cui Anzovino ha preso per mano il suo pubblico e reso consapevole della propria luce e quella del suono. Il suo.