Rumors 2020, un’edizione coraggiosa
Abbiamo incontrato Elisabetta Fadini, ideatrice e curatore artistico della celebre manifestazione scaligera per un bilancio dell'edizione 2020, un anno particolarmente difficile per gli eventi culturali.
Abbiamo incontrato Elisabetta Fadini, ideatrice e curatore artistico della celebre manifestazione scaligera per un bilancio dell'edizione 2020, un anno particolarmente difficile per gli eventi culturali.
L’edizione 2020 di “Rumors – Illazioni Vocali” è stata particolarmente sofferta, come tutti gli spettacoli in tempo di pandemia, ma ha consolidato la sua rilevanza in città registrando sold-out per i tre appuntamenti in programma al Teatro Romano. Dal 4 al 7 settembre si sono avvicendati sul palco Alice con un concerto dedicato ai capolavori di Franco Battiato, Vasco Brondi con i suoi “Talismani per tempi incerti” e Vinicio Capossela con il suo “Pandemonium”, tutti artisti che hanno saputo riportare la musica al centro in una dimensione molto intima tra pubblico sugli spalti e artisti, realizzando una memorabile condivisione di intenti. Ne parliamo con Elisabetta Fadini, ideatrice e curatore artistico del festival scaligero dedicato alla voce, alla vocalità, alla poetica del suono vocale e del suo significato.
Fadini, innanzitutto ci racconti delle difficoltà incontrate per organizzare questa edizione 2020, così travagliata…
«Innanzitutto avremmo dovuto realizzare quattro concerti, di cui tre internazionali e uno italiano: Tones and I, Woodkid, Devendra Banhart, Niccolò Fabi. Abbiamo, però, capito ben presto che gli stranieri avrebbero dovuto annullare i tour a causa del Covid-19; inoltre per lungo tempo non abbiamo avuto certezze sul poter realizzare comunque un Festival, anche con artisti solo italiani. Tutti gli operatori coinvolti, gli artisti, i tecnici, i montatori di palco, gli organizzatori, hanno vissuto una situazione molto complessa e pesante, senza certezze di impiego e di futuro. Per questo, fortunatamente, insieme all’ amministrazione comunale di Verona, all’assessore alla Cultura Francesca Briani e al direttore dell’Estate Teatrale Veronese Carlo Mangolini, si è deciso a maggio di ripartire con tre date, con l’intento soprattutto di ridare fiducia all’ ambiente musicale e al pubblico. La proposta di questa stagione con tre nomi italiani di grande livello (Alice, Vasco Brondi e Vinicio Capossela) è stata molto apprezzata e premiata, portandoci ad esaurire in tutte e tre le serate il massimo della capienza possibile del Teatro Romano prevista dal distanziamento sociale.»
Quali sono state le criticità più importanti che ha dovuto affrontare?
«Le principali difficoltà sono state relative alla poca visibilità ricevuta dalla stampa veronese rispetto a una manifestazione come Rumors Festival-Illazioni vocali, che ho ideato e diretto fin dalla sua fondazione. Ho fatto molte battaglie per riuscire a tenere viva l’attenzione e la rilevanza nazionale sul Festival. A Verona in questi anni sono arrivati artisti del calibro di Tony Bennet, Patti Smith, Rufus Wainwright, Noa, dando prestigio e lustro alla nostra città. È un lavoro che mi appassiona e al quale mi dedico senza sosta per mesi e proprio per questo vorrei che fosse maggiormente riconosciuto dai miei interlocutori e dalla stampa cittadina, sia per le mie competenze artistiche sia per le scelte, sempre coraggiose. Quest’anno ho avuto purtroppo molte difficoltà nel dare visibilità alla manifestazione.»
Quale dovrebbe essere a suo avviso l’approccio alla gestione degli eventi?
«Sarebbe importante mantenere una coerenza artistica, una visione legata a un progetto culturale, una scelta di educazione musicale rispetto alla città. Quest’anno mi sono relazionata anche con molti direttori di hotel del centro storico e la mancanza di eventi legati alla cultura ha penalizzato moltissimo le loro attività. Le città muoiono senza la linfa vitale dell’arte, i pochi turisti che sarebbero potuti arrivare sono stati scoraggiati dall’ assenza di sinergie e di eventi. Le scelte artistiche devono essere fatte con coerenza intellettuale e con competenza, non basandosi sulle finalità dei promoter che devono piazzare questa o quella data. La figura del Direttore Artistico resta centrale per portare avanti un progetto che non sia puramente commerciale, ma che possa alzare l’asticella della partecipazione condivisa del pubblico veronese e non. Il pubblico arriva se viene coinvolto, se riconosce l’anima; bisognerebbe ritornare alle produzioni, alle proposte innovative di spettacoli pensati esclusivamente per la città che possano dare quello spessore e quel respiro internazionale che Verona di sicuro merita. Gli eventi culturali e di spettacolo sono il vero motore trainante del turismo di città storiche come la nostra. Alberghi e negozi riescono a lavorare serenamente con l’apporto di un turismo legato alle manifestazioni artistiche e questo si deve capire perché è un’esigenza emersa chiaramente in tutta Italia quest’anno.»
Crede sia possibile rendere più sinergico il lavoro dei soggetti culturali e politici cittadini?
«Come dicevo l’amministrazione comunale di Verona ha fatto un notevole sforzo rispetto ad altre città per la ripartenza artistica e culturale dopo il lockdown. Ci sono, in ogni caso, ancora ampi margini di miglioramento per il futuro. Ad esempio l‘accoglienza della città rispetto agli artisti deve essere adeguata dando un’immagine di bellezza e di rispetto; l’organizzazione dei festival non è mera esibizione personale, ma è un lavoro fatto per la città e per l’Italia, soprattutto quando si tratta di ospiti internazionali. Verona dovrebbe sviluppare delle sinergie e i vari interlocutori culturali dovrebbero remare tutti insieme con competenza e professionalità per migliorare la proposta artistica, superando i piccoli orticelli e l’egoismo del singolo. Deve essere fatto un ragionamento post-Covid per tornare alla ricerca, al progetto, alla rilevanza artistica all’interno di spazi di bellezza pubblica, dal Teatro Romano all’Arena, dal Chiostro di Santa Eufemia a Forte Gisella. Questi luoghi appartengono ai cittadini veronesi e devono ospitare eventi rilevanti, che diano lustro alla città, che celebrino la grandezza del nostro passato e lascino stupore ed emozione nei fruitori. L’incarico politico funziona al meglio quando crea collaborazioni proficue con gli operatori culturali competenti, liberi di generare appuntamenti artistici che possano coinvolgere la cittadinanza e far circolare l’eleganza. Shakespeare diceva che non c’è mondo oltre le mura di Verona. Il mio motto è, al contrario, “portiamo il mondo a Verona e Verona nel mondo”, cosa che peraltro dissi già nel 2017 proprio sul palco del Teatro Romano nel premiare Tony Bennett, il quale arrivava a Verona per esibirsi nell’unico suo concerto italiano.»
ph credits copertina Giorgia Chiaro