Massimo rispetto per il mito, c’inchiniamo alla grandezza di Steve McQueen, ma i tempi cambiano. Cari signori della 24 Ore di Les Mans, fareste bene a drizzare le antenne e non adagiarvi troppo sugli allori di vana gloria: sappiate che c’è chi fa meglio. Non ci credete? Una capatina a Verona, e vedrete coi vostri occhi quanto qui fanno sul serio; oh sì, notte e giorno senza soluzione di continuità. Motori (ovviamente truccati a festa per il gran galà) rombano e tuonano su due e quattro ruote in un circuito cittadino che si distende lungo le verdi colline che sovrastano la città. E poi cari cuginetti d’Oltralpe, voi fate tutto sto pomposo cancan per un fazzolettino di 24 ore in mezzo alle pannocchie dell’aperta campagna, quando sui nostri tornanti ricchi di storia la danza di marmitte (nove su dieci elaborate), bielle e pistoni furoreggia per 72 ore a ogni weekend da maggio a settembre, tanto da far ballare persino i mattoni dei severi bastioni asburgici. Vorrete mica mettere…

Steve McQueen

Macchine bardate da rally, gran turismo, moto da strada, moto da enduro, moto da cross, motorini e motorette, rancido olezzo di ricino, di tutto e di più con un unico comune denominatore: il gas aperto a manetta. Quello sempre e comunque. Per inciso, segnaliamo a Guido Meda un giovane centauro locale, un futuro da fuoriclasse, ma già pronto per scorrazzare nelle polveri del Ranch di Valentino Rossi a Tavullia: con la sua moto da cross col marmittone bello spalancato, lui le curve le prende tutte di traverso, una ad una ad ogni tornante. Frenata, derapata, e via di roboante accelerazione. Un fenomeno da far impallidire persino Tony Cairoli. Quelli che scendono dall’altra parte della carreggiata sudano freddo, ma tant’è. Lui se ne infischia e procede nello show.

Il comandante Altamura

D’altronde, in sella a una moto ci si divide in due categorie: c’è chi è Kevin Schwantz e chi si crede Kevin Schwantz. I primi corrono in santuari come Les Mans; gli altri te li becchi sul circuito dei balocchi a tutte le ore del giorno sulle Torricelle di Verona. Dove tutto è permesso, dove l’unica ragione per cui non ci sono guardrail né vie di fuga, è per il semplice motivo che non è un circuito ma ce lo hanno fatto diventare. L’unico gran premio in cui i risultati non sono omologati perché la giuria diretta dal comandante Altamura, nato Luigi, è impegnata altrove con i radar puntati sulle povere tartarughe in fila indiana in Zona 30 km in circonvallazione. Bel destino davvero, quello riservato al polmone verde della città: imputtanito quanto basta, ormai ridotto a tangenziale di giorno (grazie a mezzo secolo di lungimiranza dei nostri governanti che il padre di tutti i trafori lo han fatto solo a chiacchiere e distintivo) e autodromo dal tramonto all’alba. Un mondo di donne e motori che se la spassano sulla collina del Bengodi, una zona franca, un’enclave di bullismo verace, dove se hai la moto che romba gonfi il petto e scimmiotti il Marchese del Grilllo: «io so’ io, e voi non siete un ca…» per dirla alla sua maniera.

Andrea “Macario” Velardi

Fatto sta che va così e nemmeno si sa perché. Lumi potremmo forse chiederli al Sindaco della Notte in pectore, il consigliere leghista Andrea “Macario” Velardi, visto il ruolo di esperto in Spritz Politik che si è ritagliato. Forse lui e la sua Task Force (altro che Vittorio Colao) ne sapranno qualcosina di più sulle ragioni del baccanale notturno. Le risposte le attendono soprattutto i residenti (inascoltati da anni nonostante svariati appelli al buonsenso) che non ne possono più di vivere coi tappi piantati nelle orecchie all’interno dell’Autodromo Torricelle, dove alla sagra della 72 Ore di Verona si sgasa in barba a ogni regola e prendendo a ceffoni il senso civico.

Mettiamo poi che una notte finisce male e capita che all’ospedale qualcuno ci arriva malconcio perché è andato a sbattere (mica siamo qui a fare gli uccellacci del malaugurio, ma se questo è l’andazzo prima o poi succederà); e allora come la mettiamo? Si potrebbe asserire che purtroppo non era Kevin Schwantz ma si credeva Kevin Schwantz. Vero. Si potrebbe dedurre che con la sua moto rombava sulle Torricelle di Verona ma pensava di essere a Les Mans. Vero pure questo. Ma si potrebbe anche aggiungere che un contributo lo ha fornito l’aggravante del lassismo di chi il codice della strada lo dovrebbe far rispettare (ovunque e non solo nelle comode Zone 30 km) e invece non lo ha fatto. Siccome a volte il concorso può essere ben più grave della colpa stessa, le lacrime di coccodrillo è sempre meglio prevenirle che versarle.