Mafia in nove atti” è la rassegna organizzata da ELSA Verona, che gode del patrocinio del dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Verona, e dall’associazione Falcone e Borsellino, con un ciclo di nove incontri, su Zoom. Iniziato il 4 gennaio, tratta del tema della mafia nazionale e internazionale in relazione anche al Covid, e si concluderà il 9 aprile con il tema “Ecomafie”. (Per seguire il programma e iscriversi alle singole dirette, basta andare a questo indirizzo, ndr).

Argomenti di cui si sente parlare poco, sia per i media che vi danno uno spazio secondario e discontinuo, sia per l’opinione pubblica che in qualche modo tende a disinteressarsi. In particolar modo al Nord, dove sembra mancare in un certo senso la consapevolezza della sua esistenza.

L’emergenza sanitaria in corso, però, ha toccato anche questo fenomeno, arrestandolo da una parte ma favorendolo dall’altra. «C’è una doppia faccia a riguardo», ha dichiarato Lucrezia Bolla, presidente della sezione veronese di ELSA, acronimo di European Law Students’ Association, una realtà internazionale, presente oggi in 30 università italiane e che si occupa di sviluppo del diritto internazionale secondo una struttura di network tra studenti di diritto e giovani giuristi europei.

Lucrezia Bolla, presidente di Elsa Verona

 «La prima ondata di diffusione del virus è stato un stop anche per la malavita organizzata: il lockdown ha costretto tutti a non uscire di casa e ciò ha coinvolto anche le mafie, ma quando le persone hanno ripreso a uscire e le aziende a fallire, si è creato un terreno fertile». Non meno toccato anche il Nord che, prosegue Bolla, «ha visto il Veneto, ma il Veronese stesso, protagonista di molte retate e arresti».

Una realtà che sembra non sfiorare le coscienze, per paura, per comodità, per convenienza. «Le mafie, soprattutto al Nord, vanno a ricercare imprenditori conniventi, quindi coloro che cercano il favore, il servizio più a buon prezzo. In questo senso è anche poco controllabile», continua Bolla. Eppure i segni della loro presenza ci sono, nonostante il tentativo di negare persino l’evidenza, «dal magazzino incendiato dietro casa al bar o ristorante che rimane aperto pur non avendo mai clienti».

Non è quindi un caso se il primo evento della rassegna sia stato dedicato proprio alla mafia in Veneto. Il fenomeno è legato al tessuto produttivo della zona, in quanto «più attrattivo e gli imprenditori guardano semplicemente al profitto perché è quello che fa loro comodo», afferma Bolla. Se da un lato il sistema economico è la chiave che apre la porta, dall’altro «c’è questo schermo di pudore, imbarazzo e poi omertà che protegge tutto, si fa quindi fatica anche a parlarne».

Ciò che porta forse le persone a credere che la mafia non sia un fenomeno presente al Nord, deriva da una narrazione che pilota in un certo modo la consapevolezza dei cittadini. «La mafia è sempre stata raccontata come fenomeno circoscritto al meridione, e oggettivamente è partita dal Sud – riprende Bolla -. Chi ha sentito parlare di mafia pensa ai crimini violenti di Palermo o Agrigento, non la colloca a Bologna. E infatti al Nord agisce in modo diverso».

Un fenomeno che viene narrato e costruito per stereotipi. Gli stessi omicidi di Falcone e Borsellino, prosegue Bolla, «hanno sensibilizzato le coscienze ed è ovviamente positivo, ma hanno anche creato la figura del martire. Hanno da un lato reso immortale la figura di uomini che si sono battuti e spesi per il Paese, dall’altro li ha resi quasi irraggiungibili. Quest’ultimo aspetto può portare le persone a dire “io non voglio denunciare e mettere in pericolo la mia famiglia”».

Se quindi la rassegna vuole sensibilizzare i cittadini sul tema, mira anche a costruire «l’immaginario di un cittadino che vive nella legalità non come eroe, ma come persona che fa il suo dovere», dichiara Bolla. Soprattutto perché la mafia non è un fenomeno puramente italiano, ma tocca anche molti altri Paesi. «Ad esempio in Germania, dove si pensa che non ci sia, ma di fatto il giro di affari che ruota attorno alla mafia tedesca è pari a miliardi, e se ne parlerà proprio in uno degli incontri, con un’imprenditrice che ha toccato per mano questo aspetto».

Gli incontri – che hanno come ospiti personalità del calibro del giornalista Antonio Nicasio, Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso da Cosa Nostra nel 1992, Enzo Guidotto, già consulente della Commissione parlamentare antimafia, l’ex Ispettore capo sopravvissuto alla strage di Capaci Angelo Corbo e molti altri protagonisti della lotta alle criminalità organizzate – cercano quindi di mettere in luce un fenomeno sempre più dilagante in Italia, e che a parità di crescita sembra avere un impatto sempre minore nella coscienza dei cittadini.

«Quando qualcosa di brutto mette a repentaglio il tuo Paese, colpisce anche te, non si può restare indifferenti», conclude Bolla. «Se vogliamo essere la società del progresso non possiamo lasciare che un cancro come questo si ingigantisca e divori tutto quello che c’è di buono in Italia, solo perché va a beneficio di pochi. Quando questa emergenza sarà finita e bisognerà ricostruire la società del dopo, se l’ndrangheta si sarà comprata metà delle aziende fallite sarà un problema».


–> Sul legame tra mafie e Covid, Heraldo ha ospitato a “Succede alle 31” Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico. Qui puoi riascoltare la diretta.