È stata un’esclusiva per Heraldo. Sara Platto, una tra i dieci italiani rimasti a Wuhan, dove tutto è cominciato è stata ospite delle nostre interviste-live “Succede alle 31”. L’incontro è volato, seppur i trenta classici minuti siano stati ampiamente sforati. Ma ne valeva la pena. Avremmo però potuto continuare ancora per molto. Competenza ma anche tanta simpatia. Sara Platto, laureata in Medicina veterinaria, è professoressa associata di Comportamento e benessere animale alla Facoltà di Scienze Biologiche della Jianghan University (Wuhan). Originaria di Brescia, vive in Cina da 13 anni, e a Wuhan da otto. È Secretary General della BASE (General Biology and Science Ethic) alla China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation (CBCGDF). Ha vissuto anche a Verona nei primi anni del nuovo millennio.

Insomma ha il polso della situazione di quanto è accaduto e sta accadendo nella città cinese. Vi rimando alla visione del video per approfondire ma molti sono i punti degni di nota. Il lockdown, quello stretto, ma stretto stretto, che non potevi neanche uscire per fare la spesa, è finito da un mese. Il cibo e altri beni di prima necessità venivano tutti acquistati via App. Non si poteva uscire neanche per far fare la passeggiatina ai cani, se non nelle corti interne dei residence oppure sui tetti degli edifici. Altrimenti, passeggiata in casa. I ristoranti adesso fanno ancora solo take away. I parrucchieri hanno riaperto, tuttavia: “la situazione sta riprendendo ma molto lentamente. Le scuole e le Università sono ancora chiuse”. Riapriranno a settembre.
“Cosa ho fatto appena il lockdown è finito? Sono andata con mio figlio a prendermi un Cappuccino”. Le nostre piccole abitudini italiche che rendono la vita dolce.

La discussione è proseguita su quello che a detta di Sara è un animale “molto carino”: il pipistrello, un vero e proprio serbatoio di Coronavirus. Ma la colpa, poverino, non è la sua ma dei tanti cambiamenti ambientali che stanno sconvolgendo l’equilibrio o i borders che definiscono gli spazi di azione tra animali selvatici, domestici e uomo. Su questo vi consiglio di ascoltare bene le sue parole, che spiegano chiaramente questi passaggi. Insomma, a mio avviso, non ci appare un futuro roseo, anche perché il virus è “maledettamente” intelligente, muta continuamente e si adatta con grande facilità.
Che fare, allora? La Cina si sta muovendo per prendere precauzioni. Shenzhen è la prima città cinese a vietare il consumo di carne di cani e gatti.

Uno dei due gatti di Sara, Gingy e Deawy

Il lockdown è stato duro, più del nostro dicevamo. Le storie di solidarietà condominiale non ci lasciano indifferenti e mostrano anche una velata simpatia verso quel mondo italiano, che noi spesso bistrattiamo. Ci racconta una storia, che non dovete perdervi, alla fine della quale riceve un bigliettino: “Sara, be strong. China will fix it”.

Una storia di solidarietà che travalica le diversità e pone l’umanità al centro. Speriamo di imparare anche noi la lezione. Intanto tra un parola e l’altra appare anche uno dei suoi due gatti: Gingi.
Un altro punto accende il mio interesse. Non pensiamo che il consumo di certi animali selvatici sia legato alle tradizione, ma è, al contrario, recente alimentato dai cambiamenti contemporanei di una classe media che cresce e consuma cibi, diciamo, particolari.
Insomma tanta carne al fuoco, che meriterebbe di essere ancora approfondita. Ma intanto un sasso lo abbiamo gettato, da Wuhan direttamente a Verona. E quindi, grazie Sara e grazie anche per quel saluto finale, come si dice in Cina, tradotto: “Forza Italia”. Ogni riferimento è puramente casuale.