Il nostro modo di stare di fronte alla dimensione temporale credo dica molto di noi. Soprattutto in questo particolare periodo, in cui spesso ci viene richiesto di fare i conti con il tempo per riuscire a comprendere cosa sta accadendo. La fermata, le lunghe giornate, la prospettiva futura. Anche nella frase ormai comune “andrà tutto bene” emerge la dimensione temporale. Il tempo che diventa quasi un valore di scambio. Un segno della nostra responsabilità, perché proprio il trascorrere di esso diventa componente necessaria affinché si produca cambiamento. Ma anche emozione, perché il tempo racchiude in esso frustrazione, noia, nostalgia, speranza e attesa.

Perciò contiamo i giorni dall’inizio della quarantena. Contiamo quanti ancora ne mancano prima di tornare alla “normalità”. Ma mi chiedo perché attendere? Cosa attendere? Come poter stare in questa attesa ancora così indefinita? Le giornate sembrano trascorrere in modo ripetitivo e a volte con la sensazione che questo tempo non sia davvero utile, si fa strada l’ansia e affiora un sentimento di impotenza. Ma ci dimentichiamo che l’attesa stessa ci permette di porre maggiore attenzione all’attimo, a quanto stiamo vivendo, alle persone che sentiamo in qualche modo vicine. L’attesa è carica di tensione. Perché chi attende è orientato a taluni obbiettivi, ha uno sguardo proiettato verso il futuro e inizia a programmare le prossime attività.

In questi giorni questo ci risulta molto difficile. Guardiamo sul calendario quella data con l’idea di come impiegare il tempo, con la motivazione a mantenere un preciso comportamento, ma soprattutto con la speranza di chi inizia a fare il conto dei giorni che mancano a quell’appuntamento. Perché riuscire a traguardare l’orizzonte potrebbe aiutarci a non rimanere in balia dell’incertezza, che è molto più difficile da tollerare. Purtroppo da settimane l’appuntamento di “fine quarantena” è stato più volte rimandato. Ci costruiamo un’aspettativa, un piano, ma poi ci sembra crollare tutto. Il muro dell’incertezza non è ancora abbattuto e, ancora una volta, facciamo esperienza di quanto non tutto dipende direttamente da noi. Rabbia, frustrazione e rassegnazione sono solo alcune delle emozioni che possiamo vivere in quei momenti. Possiamo sentirci demotivati e sentire un’immane fatica a iniziare, perseguire o mantenere qualsiasi attività fisica o psicologica. Possiamo trovare difficile recuperare interessi, piaceri e porci obiettivi.

E in questo periodo, che ci costringe a osservare il nostro futuro da una nuova prospettiva, poco nitida, il darsi degli obiettivi può diventare un grande aiuto. Ma è necessario porsi degli obiettivi chiari e specifici. Accessibili, perché, per quanto sfidanti, dovrebbero essere raggiunti. Rilevanti, per mantenere un buon grado di motivazione e attenzione. Rinegoziabili, perché può rivelarsi necessario modificare o ricostruire da zero gli obiettivi che ci eravamo fissati. Ma soprattutto, legati al tempo, in quanto è davvero importante aver chiaro le tempistiche per raggiungere determinati obiettivi. In questo momento, di profondo disorientamento, credo possa essere utile costruirci una prospettiva futura, variabile, e degli obiettivi, invece, che si avvicinino maggiormente all’oggi.

A partire dall’individuazione di essi, possiamo coltivare la fiducia, soprattutto in noi stessi. La cosiddetta autoefficacia. Riflettiamo sulle nostre potenzialità, perché questo può influenzare il modo in cui pensiamo, ci sentiamo e agiamo. Allo stesso tempo, può spingerci a fare certe cose, rifiutandone altre. Riuscire a sentirci gli artefici delle nostre mete può darci la forza per spingerci oltre. Allora in questo singolare momento, in cui navighiamo nelle acque dell’incertezza, in cui vige il desiderio di riprendere con le nostre abitudini, sarebbe importante mettere a revisione l’immagine che abbiamo della nostra vita così com’era. Credo sia innegabile che non ci sarà un vero e proprio ritorno ad una nostra “normalità”, in quanto qualcosa è profondamente cambiato. Attorno a noi e dentro ciascuno di noi. Siamo stati, e siamo tuttora, in movimento. Un viaggio, però, che potrà rivelarsi evolutivo. Allora invito ciascuno a vivere questo tempo con lo sguardo possibilistico dell’oggi, per riuscire a scorgere le diverse forme del nostro domani.