Dopo l’uscita della versione scaligera del gioco da tavolo Monopoly e relativo murales che lo celebra, il mensile più dissacrante della città, “L’ombroso”, sostituisce l’intero numero di dicembre con Craniopoly, il cartonato in versione satirica. Abbiamo raggiunto Giulio Meazza, personaggio di fantasia finto (?) barbuto, unico “volto noto” del collettivo e autore di Adieu Pearà. Memorie future dalle ombre di Verona (BFS, 2011).

Giulio Meazza con la statua
di Cesare Lombroso

Giulio, perché avete dedicato il 44esimo numero de “L’ombroso” a un gioco da tavolo che a Verona ha fatto discutere?

«Intanto chiamami Meazza. Il Meazza, com’è noto, prima ride e poi si incazza. Se mi chiami Giulio perdo la rima. Quanto alla tua domanda, difficile risponderti. Stando alle cronache raccontate nel romanzo Adieu pearà. Memorie future dalle ombre di Verona, io infatti ancora non esisto. Entrerò nella sbrindellata redazione solo nel 2028. Tu prova a immaginarti un manipolo di disperati, i quali nelle notti illuni in qualche scantinato lavorano con delle barbe finte o con la testa infilata in una confezione di pandoro… solo nel 2028 mi diranno che avevano pensato a Craniopoly come risposta gioiosamente gratuita a un gioco orribilmente brutto e ridicolmente costoso.»

Quali sono le tappe principali che i giocatori avranno la sfortuna o la fortuna di trovare lungo il percorso?

«Si tratta di un gioco d’azzardo e come qualsiasi gioco d’azzardo sviluppa le più insane passioni, la cupidigia, il rancore, l’indifferenza al dolore altrui, il cieco desiderio di guadagno. Sicuro non mancheranno bestemmie ed emozioni.»

Vi siete ispirati alla versione ufficiale?

«Intendi al capitalismo nazionalpadano? Sì, credo che la redazione abbia preso spunto dall’attuale sistema di caste capitalistiche per quanto riguarda il disequilibrio delle regole e l’arbitrarietà del giudizio di questo immondo gioco.»

Che messaggio volete dare con questa azione satirica?

«Beh, più che un messaggio credo che quei pazzoidi dei miei futuri sodali volessero offrire uno sfogo ai loro lettori (che a giudicare dalle offerte lasciate nei punti di distribuzione gratuita devono essere messi abbastanza male dal punto di vista economico) e offrire loro l’ebrezza di sentirsi come squali speculatori e accumulatori disposti a qualsiasi nefandezza per il lucro e l’accaparramento, all’umiliazione e alla sopraffazione. I più fortunati, per il breve volgere di una partita, potranno sentirsi ricchi sempre più ricchi schiacciando i poveri sempre più poveri. Gli altri si faranno la guerra tra loro.»

C’è una Verona diversa, una Verona ironica e surreale, che volete raccontare con “L’ombroso”. Ci potete descrivere la cultura underground in cui vi muovete con il vostro periodico?

«Sì, credo che in effetti si ritrovino sempre in ombrosi locali ipogei (qui Meazza, come spesso accade, mal interpreta la domanda e descrive a suo modo la redazione. Probabilmente ignorando l’esistenza di una Verona diversa, nda]. Non è gente che ama guardarsi allo specchio: c’è uno che cammina sempre a quattro zampe, una tipa che porta la barba bionda e le ciglia finte, un altro che non viene mai, una che racconta di essersi fatta trent’anni di galera ma non le crede nessuno, un altro che sostiene di essere Robert Walser… Degli inetti, insomma. Fosse per loro uscirebbe un numero ogni volta che il sindaco dice qualcosa di sensato, perciò sono fondamentali i contributi che i talentuosi e anonimi sostenitori non solo da “Veronda” ma da tutta la penisola offrono alla rivista.»

Meazza distribuisce “L’ombroso” durante un corteo organizzato a Verona

Cosa sta diventando Verona? Una città da mettere in mostra nei giochi in scatola o è una città che esternamente mostra un lato in realtà diverso da quella che è la sua natura più intima?

«Se vuoi conoscere il futuro di questa città devi leggerti Adieu pearà, che però credo sia esaurito. Comunque, un messaggio di speranza è d’uopo lanciarlo, sentiamo su di noi la responsabilità civica di chi fa informazione e racconta la società odierna: “no future per tutti”.»

Dove vi si trova e con quale spirito invitate a giocare a Craniopoly?

«Come sempre lo trovi a titolo gratuito nei classici punti di distribuzione. Attenzione però: come spiega molto chiaramente il professor Cesare Lombroso, Craniopoly è uno sporco gioco al massacro profondamente diseducativo e può creare forte dipendenza nei soggetti predisposti alla speculazione.  Per chi invece si ritiene troppo antisociale, agorafobo e lungimirante per non uscire di casa, lo può scaricare dal nostro blog, così come tutti i precedenti quarantaquattro numeri usciti.»

Il video di lancio di Craniopoly racconta alcune tappe del nuovo gioco in scatola a firma “L’ombroso”.