Il progetto Stories behind a line della visual designer Federica Fragapane.

I media, quando parlano degli immigrati, spesso, per non dire sempre, raccontano delle loro disperate attraversate del Mediterraneo su barconi di fortuna, non certo adatti o attrezzati per il trasporto di così tante persone su tragitti comunque lunghi come quelli che separano la Libia dalle prime isole italiane (Lampedusa) o dalla Calabria. Quei barconi, purtroppo, sovente diventano anche la tomba di queste persone, che affrontano un pericoloso viaggio in mare pur di arrivare in Europa, dove poter ricominciare una nuova vita. Quel tragitto marino, che a noi appare come IL VIAGGIO, per loro è solo UNA PARTE, e nemmeno la più lunga o perigliosa, dell’immenso tragitto che si è dovuto affrontare pur di arrivare fino alle nostre latitudini. Si parla di migliaia e migliaia di chilometri fatti a piedi o su mezzi di fortuna per arrivare, dalle regioni più remote dell’Africa (Etiopia, Ghana, Congo), fino alle spiagge della martoriata Libia – chi è riuscito a sopravvivere a questi incredibili trasferimenti scampando agli stenti, ai predoni e ai mille pericoli e anche alla guerra che proprio nell’ex colonia italiana imperversa ormai da tempo –, da dove, in cambio degli ultimi risparmi, intraprendere, il tratto di percorso finale, che per alcuni si rivela fatale.

Nel pensare a queste vite, la visual designer vercellese Federica Fragapane – sfruttando le competenze acquisite nel corso della propria professione (che è quella di dare, appunto, una forma grafica, spesso con risvolti artistici, a dati di volta in volta scientifici, demografici etc.) – ha impostato un interessante progetto online per descrivere in maniera grafica questi lunghi trasferimenti. L’ha intitolato, significativamente, Stories behind a line (www.storiesbehindaline.com) e ce n’è venuta a parlare recentemente, a Verona, nel corso della quinta edizione del TEDx, di cui è stata, a detta di molti, fra le speaker più apprezzate. In quell’occasione ha raccontato, in uno speech dal titolo Data visualization: vedere con gli occhi e con la mente, anche un risvolto intimo della sua vita: l’idea di ampliare la sua visione e di guardare alla realtà non solo con gli occhi ma anche con la mente, le è venuta in seguito a una dolorosa infezione alla cornea dell’occhio sinistro, che l’ha costretta per diverso tempo a convivere con una vista limitata. In quel periodo ormai lontano (2012), per sua stessa ammissione, a livello personale è cresciuta moltissimo e ha cominciato a guardare alla sua professione come a qualcosa da utilizzare a servizio degli altri.

Federica Fragapane

Federica, qual è stato il tuo approccio a questo appuntamento, il TEDxVerona, dove hai deciso di raccontarti al 100%?

«L’evento che ho raccontato è in realtà successo ormai parecchi anni fa. Non è certo piacevole parlarne, ma per fortuna per me è un episodio finito bene e ci sono di certo cose peggiori di questa di cui discutere. Mi piace, però, prendere sempre le vicende che accadono nella vita, che magari non sono positive ma nemmeno poi così negative, con un approccio costruttivo. La scelta di raccontare questi aspetti così personali è stata dettata dal fatto che potevano essere di aiuto anche a persone che si trovano di fronte a ostacoli simili ai miei e aiutarli in questo modo mi fa piacere.»

Con il tuo esempio, insomma, ci spieghi che le vicende che ci accadono nella vita possono essere – in alcuni casi – anche volte al positivo…

«Con grande rispetto per tutte le vicende umane che possono accadere, nel mio caso – e ribadisco: nel mio caso – l’avventura negativa ha portato, per fortuna, solo ad aspetti positivi.»

Hai raccontato che una persona in particolare ti ha ispirato il progetto di Stories behind a line. Di chi si tratta?

«Il mio fidanzato alcuni anni fa, nel 2016, ha conosciuto per caso un ragazzo richiedente asilo, che era arrivato a Vercelli, dove abito, dalla Somalia. Sentirlo raccontare mi ha fatto pensare a questi viaggi, che sono davvero molto lunghi. Sui media si parla quasi sempre esclusivamente della traversata sui barconi nel Mediterraneo, che è ovviamente una fase cruciale, ma non è l’unico momento e a volte non è nemmeno il più pericoloso. A quel punto ho deciso di parlare con sei richiedenti asilo, arrivati tutti a Vercelli, per provare a creare una narrazione visiva dei loro percorsi. Uno dei ragazzi mi ha detto che a Tripoli ha rischiato pesantemente di morire e che piuttosto di rimanere lì avrebbe persino accettato di morire in una traversata in mare, cosa che poi ha effettivamente fatto. Per fortuna l’ha scampata.»

Cosa ti è rimasto, alla fine di questo studio per dare una forma visiva e grafica a queste storie umane così intense?

«L’aspetto fondamentale di questo progetto è stato il dialogo con i “narratori”. Sono stati incontri che mi hanno ispirato tantissimo. Ho capito che la parte centrale di Stories è proprio quella del racconto personale, in cui ciascuno di questi richiedenti asilo descrive la propria storia fatta di dolore, distacco, timore, paura, rischio e si, in qualche modo resurrezione. Bisogna dedicarsi anima, corpo e cuore all’ascolto di queste persone. E poi, a nostra volta, bisogna trovare il modo di raccontare le loro vicende ed esprimerle nel modo migliore, affinché i lettori possano capire cosa c’è davvero dietro i volti, gli occhi, le mani di questi immigrati.»

Uno dei viaggi “visualizzati” da Federica Fragapane sul suo sito

Lo hai detto tu: i media, la comunicazione, il racconto. Quanto è importante farli bene? Anche per chi è in politica dove si tende costantemente a distorcere queste vicende per usarle un po’ a seconda dei propri fini elettorali…

«Il mio scopo era proprio quello di mostrare tutto questo in modo pulito, minimale e asciutto, in modo che trasparissero solo le loro storie e niente altro, senza elementi aggiuntivi, che, appunto, in generale tendono a distorcere la realtà dei fatti e a non rendere un buon servizio a livello di comunicazione.»

Come proseguirà questo tuo progetto?

«Mi piacerebbe raccogliere ulteriori racconti da altri richiedenti asilo e aggiungere altre linee/vite. Sarebbe, poi, importante raccontare anche ciò che succede dopo il loro arrivo in Italia, perché la loro storia, in realtà, non finisce certo lì e le difficoltà non si arrestano quando i migranti arrivano nel nostro Paese; molti di loro, infatti, proseguono il loro viaggio ben oltre i nostri confini nazionali. Credo che presto implementerò il progetto.»

Cosa ti porti a casa dopo aver parlato della tua creatura al TEDxVerona?

«Un aspetto molto bello del mio lavoro è quello di poter comunicare con le persone. Che poi sia parlando o attraverso le mie tavole e i miei grafici non importa. L’importante è comunicare. E qui a Verona mi sono trovata bene. Emozionatissima, ma bene.»

Federica Fragapane durante il suo speech al TEDxVerona

Federica Fragapane è una Information e Visual Designer freelance. Laureata in Design della comunicazione, si è specializzata in data visualization al Politecnico di Milano. I suoi progetti di visualizzazione di dati sono stati pubblicati su “Scientific American, BBC”, “Wired US”, “La Stampa”, “El Pais”. Collabora periodicamente con “La Lettura – Corriere della Sera”, lavorando all’analisi e comunicazione di tematiche culturali, ambientali e sociali. Ha collaborato con le Nazioni Unite e lavorato a progetti editoriali per National Geographic Kids e Penguin Books USA. Fra un riconoscimento e l’altro è stata anche chiamata come giudice e speaker al Malofiej 27, considerato il Pulitzer dell’infografica.