Désireé Zucchi, Responsabile Speaker del TEDxVerona, che andrà in scena sabato 4 e domenica 5 maggio alla Gran Guardia, ci parla del suo mondo di racconti, di scrittura, di speech e di emozioni.

Lo storytelling è sempre più spesso parola abusata, anche (e forse soprattutto) da chi, con lo storytelling, c’entra poco o nulla. D’altronde si sa, a volte si cavalcano le mode del momento e si cerca di vendere e vendersi nel modo (e nel mondo) migliore. Poco male, se in fondo l’interlocutore ha gli strumenti per distinguere caso per caso e capire con chi ha a che fare. Di certo “non la si fa” a Désirée Zucchi, una delle colonne portanti dell’Associazione TEDxVerona che proprio durante il prossimo weekend, sabato 4 e domenica 5 maggio, alla Gran Guardia rinnova l’appuntamento con l’innovazione con la quinta edizione dell’evento dedicato alla tecnologia, all’intrattenimento e al design. Una kermesse attesissima in città, che ha già registrato quasi il sold out e che per ben due giorni permetterà di assistere agli speach di scienziati, manager, visual designer, sportivi e molto altro, fra i migliori a livello nazionale e non solo. Zucchi, dal canto suo, da oltre vent’anni organizza eventi ed è consulente di aziende per la formazione degli speaker e dei dirigenti. Insomma, sul tema ha esperienza da vendere.

Désirée Zucchi sul palco del TEDxVerona

Désirée, partiamo con una domanda “semplice”: che cos’è per te lo storytelling?

«Lo storytelling per me è uno strumento, non un fine. Oggi, forse, si parla troppo dello storytelling, che per me, invece, dev’essere un po’ come il trucco per le donne: c’è, ma non si vede. Dev’essere, insomma, uno strumento della retorica. Mi piace, in questo senso, citare il nostro Simon Lancaster (speaker al TEDxVerona 2016) che disse che oggi bisogna reinventare la retorica e riportarla nelle scuole, perché rappresenta un vero e proprio strumento di democrazia. Se si insegna alle persone a esporre al meglio le proprie idee, trovando le parole più adatte per farlo, si consegna di fatto uno strumento di espressione fondamentale per tutti.»

Oggi, però, c’è sempre meno tempo e attenzione per ascoltare chi ha qualcosa da dire. Come si concilia tutto questo con la retorica?

«Ti rispondo con un dato oggettivo: TED ha già predisposto, nel suo regolamento, dei talk della durata massima di 18 minuti, ma il trend degli ultimi anni vuole che la media dei discorsi sia scesa a massimo 10 minuti. Ci siamo resi conto, in poche parole, che non ha senso far parlare i nostri speaker per 18 minuti, perché la gente non ascolta quasi più per un tempo che rimane, comunque, piuttosto breve. Negli ultimi cinque anni sono quindi già cambiate le cose rispetto a quanto avveniva prima. Secnodo me ha, però, ancora un valore il fatto di poter ascoltare qualcuno senza poter interrompere. Questo è un altro aspetto a cui non siamo più abituati, essendo invece più abituati alle chat, al continuo botta e risposta ecc. C’è un tema, con il TED ma più in generale con lo storytelling, di educazione all’ascolto, per quanto breve, in grado di educare e portare la persona all’ascolto totale.»

E veniamo, dunque, allo storytelling che tu, insieme a tutto il team TEDxVerona, porterai alla Gran Guardia durante il prossimo weekend.

«Essendo tutto basato sull’emotività e l’empatia, quello del TED è anche un mezzo per instaurare relazioni. Imparare a parlare, a convincere gli altri, è sì uno strumento, che però può essere usato bene o male. E lo abbiamo visto nel corso della storia, con tanti regimi totalitari che hanno purtroppo fatto ampio uso proprio della retorica. In un contesto TED il bello è proprio quello di poter creare una relazione. Non basta dire semplicemente bene le cose, ma bisogna tirar fuori qualcosa da dentro di sé per mettersi in relazione con gli altri.»

Anche in questa quinta edizione calcheranno il palco, domenica 5 maggio, ben dodici speaker, come ormai da tradizione. Quali sono le differenze rispetto agli anni precedenti?

«I talk in inglese, questa volta, saranno due e non più uno come nelle precedenti edizioni. Uno sarà tenuto da Asmund Asdal, il biologo norvegese, che ci parlerà dell’importanza della biodiversità. L’altro sarà tenuto da Silvia Ferrari, ricercatrice italiana che però vive da vent’anni negli Stati Uniti, che ci parlerà di intelligenza artificiale. Un’altra particolarità è quella rappresentata da un ragazzo giovanissimo, Giuseppe Bungaro, di soli 18 anni: era ancora minorenne quando ha inventato uno stent cardiaco per curare una malformazione della cugina. Una sorta di scienziato, considerato fra le eccellenze italiane e premiato anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.»

Poi ci sarà anche una nutrita compagine veronese…

«Sì. Fra questi anche Francesca Rossi, che era una campionessa di kajak e che ha trasferito tutta quella grinta anche nell’attività di direttrice dei Musei Civici di Verona. Poi c’è Evelina Tacconelli, professore ordinario di Malattie Infettive e Direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Università di Verona che ci parlerà della resistenza agli antibiotici. Poi ancora Alberto Mattiello, un veronese espatriato – visto che lavora fra Milano e la Silicon Valley – che ha un titolo particolare, quello di persona che visualizza il futuro, e che consiglia le aziende su come non avere paura del cambiamento dal punto di vista professionale. Ci sarà la solita alternanza di temi, fra tecnologia e design: quest’anno siamo molto focalizzati sulla creatività intesa come modo di reinventarsi la propria vita. Quella che è la sottotraccia di tutte queste storie è la persona che riesce a fare un cambiamento o una scelta di vita molto forte che consente non solo di trovare un lavoro speciale, ma anche ad una quotidianità molto particolare.»

Désirée Zucchi, al centro, con i suoi compagni d’avventura dell’Associazione TEDxVerona

L’incipit sarà affidato a un personaggio dello sport un po’ particolare…

«Si, Nicola Rizzoli, il designatore degli arbitri di Serie A ed ex arbitro internazionale. Avrà l’onere di dare, metaforicamente, il fischio di inizio all’evento, proprio come fanno gli arbitri nelle partite. Mi piace l’idea di aver scelto una persona che vede lo sport in una veste un po’ particolare. Si sa, l’arbitro deve prendere decisioni in tempo pari a zero e lui ha persino arbitrato una finale dei Mondiali di Calcio, nel 2014, e nell’arco di tutta la partita ha avuto su di sé gli occhi di tutto il mondo. Ecco, da lui ci interessa capire come si fa a gestire, anche dal punto di vista mediatico, una pressione del genere.»

I volontari del TEDxVerona

Hai citato il tempo zero… lo zero che appunto è il tema principale da voi prescelto per quella giornata. Cosa ci racconteranno, alla fine, tutti questi speaker?

«Anche affrontando tematiche molto vicine fra loro, gli speaker non si ripeteranno nei loro discorsi. Faremo insieme a loro una sorta di zig zag fra vite che vanno veloci e vite che hanno scelto di rallentare. Anche per rispettare il tema prescelto, che è quello dell’annullamento della frenesia e del ripartire da sé. Alcuni affronteranno il tema della pagina bianca, che significa non solo reinventarsi una vita da zero, ma anche dal punto di vista creativo. Lo zero, insomma, può avere un’accezione positiva o negativa. Noi vorremmo solo spunti a chi ascolta.»

Il tuo ruolo al TEDx è quello di scegliere gli speaker e aiutarli a prepararsi al meglio per affrontare l’impegno. Ci racconti che tipo di attività rappresenta per te?

«A volte, fra i nostri speaker, ci sono persone anche molto esperte nel parlare in pubblico, ma spesso sono anche quelle più resistenti all’idea di cambiare il loro modo di esporre le proprie idee. Il pubblico del TED è diverso da quelli, solitamente autoreferenziali, che sono abituati a conoscere. Innanzitutto, io devo avere sempre una grande umiltà per confrontarmi con chi detiene il contenuto e che mi affida la forma, ma allo stesso tempo devo anche avere la determinazione giusta per tenere le redini e puntare all’obiettivo dell’evento, che va oltre quello personale dello speaker. Bisogna riuscire a fare un po’ un dribbling e mantenere un giusto equilibrio, per fare in modo che non ci sia mai un messaggio promozionale dal palco e che ci sia anche un tema di emotività da trasmettere, visto che i professionisti che vengono a parlare al TED sono spesso chiamati a parlare di un argomento esterno a loro, oggettivo, mentre a noi interessa la parte più umana e soggettiva. Devono tirar fuori tutto ciò che hanno dentro, cosa che, in altri contesti, non farebbero mai.»

L’abbiamo detto: sei da sempre una delle colonne del TEDxVerona, che per te è quasi un modo di essere. “Marzullianamente”, che cosa significa in fondo, per te, il TEDxVerona?

«Ciò che mi ha spinto a partecipare a quest’avventura è stato, all’inizio, il fatto di portare cultura alla mia città, con un occhio all’innovazione. Per me TED, anche prima che facessi questo evento, è sempre stato un momento emozionale. Quando vedo anche sul web i TED Talk hanno sempre a che fare con l’emozione. Il percorso che faccio con il TED è quello di trasformare la mia persona, ma anche gli speaker. Non riesco a guardare il TED separatamente da come può essere il mio percorso in relazione ad esso. C’è un crescendo emotivo, con l’avvicinarsi dell’evento, che non ha eguali. A volte ti chiedi “chi te l’ha fatto fare?” – perché questa è un’attività volontaria che ti ruba tutti i sabati e tutte le domeniche egli ultimi tre mesi prima dell’appuntamento –, però al tempo stesso quando si svolge l’evento capisci perché l’hai fatto. C’è una tale liberazione di energia, di positività, di coinvolgimento, di empatia… c’è, in una parola, una tale trasformazione quel giorno che ti ripaga di tutte le fatiche vissute nelle settimane precedenti.»

In cinque anni hai visto una sessantina di speaker. Ce n’è uno che ti ha sorpreso in positivo?

«Mi sta sorprendendo molto proprio Bungaro, il ragazzo appena maggiorenne. Sono cinque anni che cerco uno speaker giovane e non ero mai riuscita a trovare la persona giusta. Lui sta lavorando molto bene, ha un connotato scientifico molto accentuato. Sulla carta può essere davvero il miglior speaker che abbiamo mai avuto, ma ci sono mille variabili. Prima di tutto la sua emotività. Eppoi anche la volontà di raccontare davvero tutto quello che ha dentro di sé, di personale. Vedremo.»

E in negativo?

«Rimani sempre molto male quando uno speaker che ha un grande potenziale non lo esprime appieno. Vuoi per l’ego, vuoi per la mancanza di tempo nel prepararsi, vuoi perché non ha capito, nonostante tutti i nostri sforzi, la particolarità dell’evento. Ti rendi conto che ce n’è almeno uno ogni anno che non riesce a esprimersi al 100%. Questa rappresenta per me una grande sofferenza, perché dopo mesi interi in cui hai lavorato con lui soffri perché hai buttato via tempo e magari hai assegnato un posto che poteva essere di qualcun altro, più adatto.»

Il 4 maggio, il giorno prima del TEDxVerona, si terranno per il secondo anno consecutivo i TEDxVerona LAB. E uno di questi seminari verrà tenuto anche da te. Di che si tratta?

«È un LAB sulla scrittura creativa. Già l’anno scorso il LAB era stato tenuto da alcuni colleghi del TEDxCesena. Quest’anno lo teniamo direttamente noi. Si parte dagli scritti di Chris Anderson, il fondatore del TED, e dalle modalità di scrittura che deve avere un TED Talk. Sarà incentrato proprio sulla scrittura e sulla genesi per creare un talk d’effetto. Verranno dati consigli in pillole che derivano, per quanto mi riguarda, dalla lunga esperienza di TED, ma non solo.»

Foto di copertina di Barbara Rigon