«Lo stile di vita dell’artista è sempre una sfida per lo stile di vita borghese» scriveva nel 1979 Bourdieu nella sua critica sociale al gusto; e il gusto sociale ora dominante sembra in fase di riflusso, lontano dalle gioiose provocazioni di un allora giovane Paese in piena esplosione industriale. Oggi fanno notizia tra le generazioni un tempo definite adulte – stagione della vita che oggi viene generalmente percepita intorno ai 42 anni – canzoni come Hey Tipa di Sfera Ebbasta che, come segnalava Mario Alberto Marchi su “Il fatto quotidiano” il 13 dicembre, sono sì volgari nel contenuto, ma non hanno una volontà persuasiva socialmente pericolosa (se non solo un forte effetto di ripulsa per i più grandi) e rimangono, dunque, nel perimetro sotto l’egida dell’art. 21 della Costituzione. Parrebbe dunque una mera questione di gusti, insomma.

Una scena tratta dal film “I guerrieri della notte”

Di fatto, però, dopo la tragedia di Ancona, la polemica si è (in)giustamente spostata dalla questione sicurezza alla figura del musicista, visto come possibile causa del degrado, passando poi a una sorta di nuova crociata etica sul diritto di parola ed espressione, per finire in una stigmatizzazione generale delle nuove generazioni in nome della nostalgica decenza dei bei tempi andati. Ma questa percezione di ciò che sarebbe decente, in una società oramai adulta se non anziana, è corretta? I giovani di oggi sono davvero solo babygang che, machete alla mano, sciamano nelle metropolitane quasi in una versione italiana de I guerrieri della notte? Sembra quasi, a sentire i leoni da tastiera dei social, che si sia aperto una sorta di conflitto tra una generazione di adulti – saggia, moralista e conservatrice – e una di giovani imbelli e scialbi, indecifrabili e irrazionali, sanguinari e spietati, indifferenti e individualisti: la prospettiva sarebbe quella di una società minacciata dal caos che può essere salvata solo ripristinando il servizio militare e uno Stato giustizialista e paternalista di stampo ottocentesco. Un nuovo codice napoleonico, insomma, che rimetta il potere coercitivo saldamente nelle mani dei genitori. Con un dubbio: gli adulti che inneggiano a una censura nei confronti degli artisti della trap e alla deriva della musica attuale non è che sono, magari, gli stessi che accompagnano i propri figli a vederli? Chissà. In verità, però, una sola domanda conta: perché questa musica ha successo?

Qualche tempo fa dalle colonne di questo giornale Vito Franchini, nell’articolo Alla scoperta del trap (ma anche no!), ha mostrato come anche la buona volontà di un adulto con vedute musicali ampie e strutturate non possa facilmente colmare il divario di gusto tra generazioni distanti. Io stesso, nel caso della trap, ho provato e fallito, convinto oltretutto che, alla soglia dei 40, nell’umano scemi la curiosità e la sintonia per il nuovo e ci sia invece un istintivo bisogno di recuperare la gioia dell’infanzia attraverso – visto che altro modo non c’è – gli oggetti, i vestiti, gli amici e soprattutto la musica della propria età verde. Esaminate le bacheche social dei vostri amici (oppure leggete Jung) e verificate se non è vero. D’altronde, l’uomo ha avuto come limite della vita piena per millenni la soglia dei 40-45 (pensiamo a Dante e al suo «Nel mezzo del cammin di nostra vita» a 35 anni circa). Per capire meglio il senso del fenomeno, allora, forse è il caso di partire dai ragazzi che la ascoltano e non hanno il pregiudizio degli anziani che giudicano e non capiscono. Questo è il risultato, elaborato da alcuni miei alunni: una carrellata di artisti e dettagli tecnici, con nessuno scandalo per i contenuti.

Iniziamo con il dire che il genere trap, a differenza di quanto si pensi, si è sviluppato tra gli anni Novanta e gli anni Duemila, nei ghetti di alcune città americane come Atlanta e Chicago. Il termine trap deriva dalle cosiddette trap house, ovvero quelle case dove si faceva utilizzo di sostanze stupefacenti, e da qui si può capire come gli argomenti delle canzoni siano basati sulla droga, sullo spaccio, sui soldi e sulla vita di strada.

Nonostante la trap sia un movimento musicale derivato dal rap, questi due generi differiscono in molti aspetti: in primo luogo nella produzione musicale, infatti nella trap è rappresentata dal frequente uso dell’autotune (effetto applicato in post produzione con cui si intona la voce dell’artista digitalmente) e nella sequenza ritmica dall’uso di 808; in secondo luogo differiscono nei valori trasmessi, una canzone rap (come disciplina della cultura hip-hop) non porta gli stessi valori e non trasmette lo stesso stile di vita di una canzone trap. In secondo luogo, differiscono nei valori trasmessi: nonostante trattino temi simili (droga, vita di strada, prostituzione anche se non mancano temi più seri per quanto riguarda soprattutto il rap) il rap trasmette valori soprattutto immateriali e interiori che fanno riferimento alla cultura hip hop, mentre la trap insiste sul fascino della ricchezza materiale vissuta egoisticamente.

Oggi gli artisti di punta della scena trap italiana sono:

  • Sfera Ebbasta: è lo stereotipo del trapper, nato a Cinisello Balsamo nel 1992, è l’artista italiano più ascoltato, conta innumerevoli dischi di platino e quasi 300 milioni di visualizzazioni su Youtube. La sua più grande caratteristica è quella di avere brani con un’alta orecchiabilità, grazie anche ai suoi produttori, come il noto producer e beat-maker Charlie Charles. Alcuni dei suoi pezzi più famosi sono Pablo e Tran Tran;
  • Ghali: è un trapper nato a Milano nel 1993, di origini tunisine, collabora già agli inizi della propria carriera con artisti oggi conosciuti, tra i quali il già citato Sfera, conta anch’egli un numero elevatissimo di streaming e certificazioni. Le sue caratteristiche sono l’uso di un suo slang, l’utilizzo di un flow particolare e il raccontare della sua infanzia;
  • Vegas Jones: è un trapper nato a Cinisello Balsamo classe 1994, uno degli artisti più carismatici e tecnici della scena trap, con il solo singolo Malibu è riuscito ad ottenere ben due dischi di platino. Un artista molto influenzato dallo stile di vita americano, vanta diverse sfumature nella sua discografia, passa da pezzi orecchiabili, a pezzi centrati su un flow, con rime di alto livello.
Il trapper Ghali

Il genere trap piace ai suoi ascoltatori, per lo più ragazzi, perché permette loro di immedesimarsi nei loro idoli, nel loro stile di vita lussuoso e popolare (per esempio parlando come loro, vestendo come loro e indossandone i gioielli): ma è una posa che nella reale quotidianità non si concretizza. C’è da dire inoltre che il genere trap ha un pubblico così ampio perché ha un suono orecchiabile e particolare che nell’ultimo periodo è diventato di moda e, si sa, molti si adeguano alla moda anche senza amarla o capirla veramente.”

 

*L’articolo è stato scritto in collaborazione con Alessandro Manna, L. B. e Marco Torinese.