Per Lorenzo Vanzan si tratta del progetto più personale a cui ha lavorato. Il documentario Mycelium è in lavorazione, ma è possibile vederne il trailer domani sera, alle 21, al cinema Capitan Bovo di Isola della Scala, durante una serata di proiezione con altri quattro cortometraggi vincitori del finanziamento Bando alle Ciance. La serata vede la partecipazione di Alberto Zanoni con Book’s cross, Stefano Santini con Vite brevi e di Irene Fabbrizi con Il fante di fiori, e sarà occasione per conoscere le fasi e i problemi che si devono affrontare per realizzare un cortometraggio.

Dare voce al senso di perdita

Filmaker freelance, studente al Dams di Roma, Vanzan ha all’attivo una web serie, Il cosmo dei lupi, iniziata nel 2018 e pubblicata l’anno seguente. Nel 2020 gira il suo primo cortometraggio intitolato Il Pittore, vincitore come “Migliore storia” a Altrimondi Film Festival, semi finalista al “Cefalù Film Festival” e candidato come “Miglior fotografia” al Golden Film Festival. Segue Metro D, che si distingue nelle sezioni “Miglior corto romantico” e “Miglior colonna sonora” (grazie a Jacopo Castellani) al Robinson Film Awards, realizzato grazie anche a una campagna crowdfunding.

Adesso con Mycelium, che avrà una durata complessiva di circa 15 minuti, la sfida è di dare voce a un tema che lo tocca personalmente: al centro del progetto c’è la perdita dei genitori e tutto ciò che accade nella lunga fase di elaborazione del lutto.

Cosa resta dopo la morte di un genitore

La locandina di Mycelium di Lorenzo Vanzan.

«Inizialmente volevo fare un docufilm che avrebbe dovuto parlare di mutuo aiuto, poi ho scelto di approfondire le cinque fasi che attraversiamo nel lutto, la negazione, la rabbia, la ricontrattazione, la depressione, e l’accettazione – afferma il giovane regista, che dal 2016 si è appassionato da autodidatta al mondo della fotografia e del videomaking -. Il mio motto è “racconta ciò che sai”, così sono partito da ciò che ho vissuto nel 2017, la perdita di mia mamma per un mieloma multiplo, allora avevo quasi 17 anni».

Parlare di perdita, di morte, non è affatto facile, ci si ritrova spesso privi di strumenti, al di là del vissuto personale e dell’età. Infatti nel film sono coinvolte persone adolescenti e mature, perché «volevo trovare un punto comune nelle perdite di un genitore, poiché incide in noi stessi e in seguito a questo evento tutte le cose cambiano».

Il dolore respinto a fatto privato

A nutrire l’immaginario di Vanzan è stato anche il documentario Human del 2015, opera del fotografo naturalista Yann Arthus-Bertrand, ispiratore per la scelta di fare primissimi piani dei protagonisti, accanto a immagini molto curate e definite. «C’è un aspetto psicologico che mi colpisce molto: una volta che la persona cara muore, restiamo noi con il nostro dolore. Per la società la sofferenza rimane un fatto privato, non si ha tempo per elaborare, si deve tornare al quotidiano, che sia la scuola, il lavoro, perché dare spazio sociale al dolore è considerato un atto egoistico», rimarca Vanzan. Quel vuoto e ciò che ne facciamo fa parte per il regista di un percorso che dovrebbe portarci all’accettazione, perché «ciò che elaboriamo diventa il rapporto che continuiamo a portare avanti con questa persona».

Dalla lettura de La morte di Ivan Ilich di Tolstoj e altri testi di filosofia, psicologia, ma anche la visione di opere d’arte, il regista ha capito come mettersi nei panni di chi scompare. Così le immagini sono asettiche, in un limbo fotografico e simbolico per togliere spazio e tempo, mentre la composizione della scena risente di un richiamo luministico a Caravaggio, grazie al direttore della fotografia Daniele Simoncelli. Per la musica, Vanzan si è affidato nuovamente a Jacopo Castellani.

Una regia in dialogo con le storie

«Abbiamo realizzato il trailer per cercare fondi del progetto, perché diversamente un progetto simile farebbe molta fatica a farsi capire, senza dare una chiave visiva alle storie delle persone coinvolte. Puntiamo a interessare le case di produzione e raccogliere fondi tramite bandi e istituzioni», continua il regista.

Di spalle, seduto, il regista Lorenzo Vanzan sul set di Mycelium.

Il trailer presenta tre interviste: un uomo sui sessant’anni, una ragazza ventenne e Vanzan stesso. «Non voglio conoscere prima le storie, ma stabilire un rapporto empatico con chi farà parte del documentario. Anche perché le mie stesse emozioni penso debbano avere spazio. So anch’io cos’è l’assenza e accetto la trasformazione che può nascere da questi incontri. Questo evento tanto tragico mi ha dato questa consapevolezza sulla mia vita e di quella di chi mi sta accanto – conclude Vanzan -. La morte è un tabù per la vulnerabilità che porta con sé, è una parola detta sempre nei notiziari. Però è quasi senza peso, svuotata. Abbiamo perso intimità con il suo significato».

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