«Un crocchio di case arricciate l’una sull’altra, che si scoprono al tornante della strada quasi d’improvviso, quasi nascoste, pochi istanti prima dai valloni selvaggi delle pendici aspromontane». Non è l’incipit di un romanzo bensì del verbale degli ispettori della prefettura di Reggio Calabria Francesco Campolo, Pasquale Crupi, Alessandra Barbaro, Maria Carmela Marazzita, redatto «a seguito di attività ispettiva svolta in data 26 gennaio 2017». Dieci pagine di poesia che non ti aspetti, per descrivere il microcosmo Riace, famoso per le battaglie di Domenico Lucano – in primis quella alla cultura mafiosa, il cancro più difficile da estirpare nel suo territorio – e i riconoscimenti internazionali per il suo modello di integrazione che ha fatto scuola in Europa. A Riace vivono circa 1.700 persone che hanno accolto più di 600 profughi del Corno d’Africa, dell’Afghanistan, dell’Iraq creando una comunità in armonia. Tutto è in iniziato da uno sbarco di curdi nel 1998, dove Bairam e altri 65 uomini, 46 donne e 72 bambini, in fuga da Siria, Iraq e Turchia, vengono accolti e sistemati nella parte alta della città, ormai deserta dopo la forte emigrazione di un tipico borgo italiano dove si vive di sola agricoltura e pastorizia.

La città di Riace

Tutto questo lo racconta bene Un paese di Calabria, documentario diretto da Shu Aiello e Catherine Catella girato tra il 2013 e il 2015 e finito di montare ad aprile 2016. Svela    l’infinita    ciclicità    dei    flussi  migratori,    mostrando    come    quello    che    per  alcuni    è    un    problema,    per    altri  è un’opportunità. Narra di una località svuotata dall’emigrazione, e dell’utopia del sindaco Domenico Lucano divenuta realtà: accogliere i migranti sbarcati sulle coste italiane per ripopolare le strade e le case del paese. Questo lavoro arriva a Verona, venerdì 14 dicembre alle 21, al Cinema Nuovo San Michele, con la partecipazione via Skype delle registe e di una delle produttrici del film, l’italiana Serena Gramizzi che ci spiega: «Volevamo raccontare l’anima di Riace, la relazione dei migranti e degli autoctoni, e allo stesso tempo la rimozione storica da parte di una nazione che spesso dimentica che all’interno di quasi ogni famiglia esiste una vicenda di emigrazione o immigrazione, quella stessa vicenda che lega le due registe di origine italiana».

Domenico Lucano

Il sindaco Mimmo Lucano dopo essere stato arrestato, ha ricevuto un divieto di dimora nel suo paese, con le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative della zona. In occasione della manifestazione che si è tenuta il 6 ottobre scorso a Riace e in tante altre città italiane, compresa Verona, a sostegno di Lucano, le registe hanno deciso assieme alle produttrici Laurence Ansquer, Martine Vidalenc, Florence Adam e la bolognese Gramizzi, di rendere disponibile il film in streaming gratuito per 48 ore, da sabato 6 a domenica 7 ottobre.  Se fino a quel momento il documentario aveva avuto un tiepido successo nazionale, in poche ore più di 47mila persone lo hanno visto e il “tour promozionale” è ricominciato in modo sorprendente.

Alla serata scaligera si unirà anche il gruppo “One Bridge to Idomeni” che ha accolto l’invito a fare una riflessione prima del film: «Ci vogliamo interrogare sulla necessità di trovare dei modelli. In mezzo a tante narrazioni negative, ciò di cui sembriamo essere alla ricerca sono le narrazioni dove le cose funzionano, con le loro difficoltà e complicazioni, certo, ma quest’interesse per il caso Riace viene proprio da qui, dalla volontà di non far morire un modello che sembra funzionare e che può essere d’ispirazione. Perché può ispirare? In quanto progetto SPRAR, il modello di Riace è una risposta progettuale ad un problema».

La rivista americana “Fortune” ha inserito nel 2016 il sindaco al quarantesimo posto della classifica dei 50 leader più influenti del mondo e all’estero Riace non è più solo il paese dove furono ritrovati intatti due bronzi di provenienza greca, ma è un piccolo centro modello di accoglienza, inclusione sostenibile e funzionante. O almeno fino a qui è stato questo.

Ora ci si interroga anche grazie a un documentario sul futuro di questo borgo italiano, non diverso da tanti altri e che potrebbe nuovamente subire uno spopolamento, e ci si interroga sul modello che questo borgo può ispirare in tanti altri posti nel mondo.