La colonia romana che tifa Lazio e risiede a Verona, Fabrizio Piscitelli, il capo ultrà noto come Diabolik, lo conosceva bene. L’omicidio del leader degli Irriducibili ha acceso, come prevedibile, un ampio dibattito all’interno dell’universo biancoceleste. Radio e social sono stati i media più utilizzati in un confronto di idee e opinioni a cui, tra gli abituali frequentatori della curva nord dell’Olimpico, non si è sottratto neppure l’attivissimo drappello dei veronesi d’adozione che nella propria città natale ha lasciato il proprio cuore calcistico.

“Non mi rappresentava”

Personaggio discusso, il profilo di Diabolik ha sconfinato più volte in situazioni torbide con a margine il calcio. Per chi frequenta il mondo delle tifoserie organizzate italiane, soprattutto quelle al seguito dei club delle grandi città, non è una novità, come ha voluto rimarcare Luigi Licci, noto libraio di Via Stella, romano del quartiere Trieste: «Da almeno vent’anni le curve hanno modificato il loro spettro e, al di là della colorazione politica, peraltro molto accentuata verso destra nell’ultimo periodo, è noto a tutti che abbiano al proprio interno una componente malavitosa».

All’interno del suo negozio campeggia un gagliardetto della Lazio, che sovrasta l’ampia raccolta di testi nella sezione sport della sua libreria. Con Diabolik però si è sentito accomunato solo dalla fede sportiva: «Lo conoscevo per fama, come tutti quelli che frequentano o hanno frequentato la curva laziale. Conduceva anche un programma radiofonico in una delle tante emittenti romane che parlano quotidianamente di calcio. Non mi sono mai sentito rappresentato da lui né dal suo gruppo. Non mi è mai piaciuto il modo con cui seguivano la Lazio, per quanto vada dato atto a loro che talvolta ne siano state raccontate solo le storie negative omettendo le iniziative benefiche, dai terremotati di Amatrice a quelle a favore di ragazzi con difficoltà.»

Fabrizio Piscitelli

«Un esempio per il mondo ultrà»

Sull’aspetto dell’attenzione verso il sociale degli Irriducibili converge il pensiero di Emanuele Teasuro, laziale che vive a Verona da quasi vent’anni. Presidente di Fortezza Europa, membro attivo nella curva fin da ragazzino, è cresciuto nel culto dell’aquila biancazzurra. Sulla morte di Diabolik però preferisce il silenzio: «Di fronte all’omicidio di un uomo, di un padre, si deve innanzitutto rispettare il dolore. Poi in casi come questo si rischia di parlare a vanvera sulla base di supposizioni non comprovate.»

Piscitelli lo ha conosciuto di persona, in curva, ovviamente: «Per me lui resterà sempre e solo un grande tifoso della Lazio. Ha vissuto per l’amore di questi colori, nell’ambito di un gruppo che ha insegnato a tifare a generazioni di tifosi. Lo considero un esempio per tutto il mondo ultrà, di cui tanti parlano senza sapere o capire nulla. Gli Irriducibili hanno saputo aggregare tanti ragazzi e trasmettere certi valori che valgono nella quotidianità. Al contrario, di Diabolik non ho condiviso alcune scelte: verso il mondo della droga personalmente ho un atteggiamento del tutto intransigente.»

«Non era un boy scout»

La morte di Piscitelli ha, ancora una volta, diviso il mondo del tifo biancazzurro. La questione è sforata nella politica: «Chi ha un orientamento più affine alla sinistra, ovvero la minoranza dei tifosi della Lazio, tende a enfatizzarne il comportamento malavitoso, mentre gli altri ne celebrano il ruolo di leader carismatico della curva», ha spiegato Licci. «In fondo c’era da aspettarselo, era peraltro noto che non fosse un boy scout», è l’opinione di Riccardo Sardellitti, odontoiatra romano in riva all’Adige, che ha partecipato al dibattito sui social. Si è letto di tutto: «Si va dalla difesa a prescindere da parte di chi ne ha fatto parte del suo ristretto mondo fino alla critica feroce per la sua condotta di vita, su cui ci sono parecchie zone d’ombra, per non dire altro.»

Fascisti contro antifascisti? «Ecco, questo è il punto: mi infastidisce come certe testate abbiano preso l’occasione per dipingere ancora una volta unilateralmente tutti coloro che sostengono la Lazio. La colpa è anche degli Irriducibili che hanno fatto di tutto per connotarci come una tifoseria di destra. Responsabilità anche dei media, che ne hanno enfatizzato ogni gesto a volte anche a sproposito. Comunque sia, in questa commistione deleteria che unisce ideologia politica e tifo siamo in tanti a non ritrovarci. A Verona mi possono capire: per dire, far passare il concetto che se uno tifa Hellas è fascista è un falso assoluto.»

La curva della Lazio

Lazio e politica

Su questo aspetto Tesauro ha un proprio punto di vista: «L’iconografia che si è creata sulla Lazio “di destra” nasce a prescindere dagli Irriducibili. Semmai, nel tempo loro hanno solo intercettato un sentire diffuso nell’universo di una tifoseria che a Roma è da sempre in minoranza e in controtendenza. Nella storia del club ci sono stati tanti episodi che in qualche modo ne hanno identificato uno specifico universo politico. Poi, e qui parlo per me, voglio sgomberare il campo da qualsiasi possibile illazione: nasco tifoso laziale a prescindere dal fatto che sia o meno una tifoseria orientata politicamente. Per quanto possa farmi piacere tutto ciò in quanto coincide con le mie opinioni, per me la Lazio sono i nostri colori, il gruppo, i tecnici, i giocatori e i presidenti che ci hanno regalato soddisfazioni ed emozioni. E resto convinto che l’ostentazione dei simboli politici non debba però mai avvenire allo stadio. Esistono i luoghi adatti per farlo.»

Il gruppo negli anni ha attratto nuovi aderenti non solo per la linea politica e anche qui Licci e Sardellitti sono sulla stessa lunghezza d’onda: «Le coreografie, meravigliose, organizzate per i derby e per le partite principali, sono state un grande fattore di aggregazione e condivisione, soprattutto dopo che Lotito aveva dichiarato guerra a Piscitelli e ai suoi». Un momento topico, che aveva creato una frattura in cui gli Irriducibili erano finiti all’angolo, con il presidente della Lazio che, nella sua battaglia, aveva trovato il sostegno da parte della tifoseria non ultras.

«Il tentativo del presidente di spezzare il monopolio in curva inizialmente era stato apprezzato dal resto dello stadio» chiosa Sardellitti. «Col tempo però l’idiosincrasia dei laziali verso di lui ha preso il sopravvento. Tanto che in molti hanno avvicinato la propria posizione verso gli ultrà e non certo per ragioni politiche. «Resta il fatto che, al di là del dolore umano per la perdita di una vita, Diabolik abbia certamente vissuto una vita con una percentuale di rischio che, alla fine, gli è costato caro.»