Obbligatorie o meno, sempre più persone stanno indossando mascherine di varia natura per ogni spostamento, non solo all’interno di supermercati e luoghi di lavoro. Si tratta di dispositivi per lo più “usa e getta”, andando a incrementare un problema che riguarda la salute dell’ambiente nell’atto dello smaltimento, essendo un rifiuto speciale e quindi non gettabile nella normale raccolta differenziata. L’iniziativa intrapresa da dodici cooperative del sistema Legacoop vuole essere all’insegna della cooperazione, della responsabilità e dell’innovazione sì per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19, ma anche per mettere nel mercato mascherine riutilizzabili e realizzate in tessuto di cotone con un trattamento antimicrobico e idrorepellente dove i trattamenti permangono fino a 100 lavaggi. Ce lo racconta la capofila dell’iniziativa, l’Impresa sociale Quid di Verona, da sempre impegnata nell’offrire opportunità di impiego e crescita a quanti altrimenti esclusi dal mercato del lavoro italiano, in particolare donne con un passato di fragilità. Sono 98 per la precisione, su 118 dipendenti di 17 nazionalità differenti.

Anna Fiscale in uno dei laboratori dell’impresa sociale Quid

«Già dall’inizio dell’emergenza Quid aveva iniziato a prototipare e sviluppare mascherine sulla base di indicazioni di persone vicine – spiega Anna Fiscale, fondatrice e presidente della Cooperativa sociale scaligera –. Dopodiché abbiamo colto con piacere l’invito del nostro direttore regionale di Legacoop Veneto a diventare i protagonisti capofila di questo progetto di valori condiviso di produzione di mascherine in cotone, mettendoci in rete con diverse cooperative del territorio per la realizzazione di queste mascherine che possono aiutare in diversi contesti. Ci auguriamo che questo progetto di collaborazione e sinergie con realtà con una missione condivisa, possa continuare nei mesi a venire, anche e soprattutto quando l’emergenza sarà finita.»

In queste settimane di emergenza sanitaria tantissime altre imprese hanno riconvertito la propria produzione per dare il proprio contributo alle nuove necessità del mercato. Come Armani che ha riallineato tutti gli stabilimenti produttivi italiani nella produzione di camici monouso destinati alla protezione individuale degli operatori sanitari, o l’amaro Ramazzotti che imbottiglia in uno degli stabilimenti di Asti l’igienizzante mani.

Una lavoratrice Quid

Il progetto di intervento, sostenuto con un finanziamento di 100mila euro da Coopfond, il Fondo di promozione di Legacoop, vede come capofila oltre a Quid anche la Cooperativa CSC di San Cesario sul Panaro di Modena. Le mascherine sono di cotone e dotate di un doppio meccanismo con, da un lato, un trattamento antimicrobico non migrante e ad azione meccanica, che agisce quindi forando meccanicamente la parte cellulare del microorganismo entrando a contatto con circa 25mila “aculei”, e dall’altro, un trattamento waterproof, ossia antigoccia, che garantisce l’impermeabilizzazione del tessuto bloccando il passaggio di gocce o di salivazione dall’utente all’ambiente e viceversa.

Hanno aderito al progetto, oltre alle capofila Quid e CSC, altre dieci realtà dal Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Calabria e Sicilia, ossia Centro Moda Polesano, Giotto, Di Tutti I Colori, Porto Alegre, Art Lining, Princess Più, Beta Due, Arnera, Orchidea Blu, Le Camiciaie. L’adesione al progetto risponde anche, per alcune cooperative, specialmente per quelle ad alta intensità di manodopera, all’obiettivo di soddisfare il bisogno interno dell’impresa, provvedendo autonomamente alla produzione delle mascherine, ricevendo tutti i materiali necessari e un tutorial, elaborato da Progetto Quid, per la corretta produzione. Per informazioni e ordini delle mascherine riutilizzabili, per un minimo di 50 pezzi, scrivere all’indirizzo chantal.marchetti@progettoquid.it