C’era una volta a… Hollywood è il film con cui i membri dell’Academy e, dunque, i Premi Oscar hanno deciso di consacrare Brad Pitt alla storia del cinema. Un titolo dal sapore favolistico che Joseph Kosinski con F1 sembra voler percorrere inseguendo un’idea di cinema in grado di creare una mitologia a cui guardare con occhi sognanti.

F1 è un film dal sapore classico, non inteso registicamente, ma per come si rivela inattuale ai nostri occhi. Brad Pitt interpreta Sonny Hayes, cavaliere solitario delle gare automobilistiche che vive nel rimpianto di un talento segnato da un tragico incidente. L’opportunità della vita gli si presenta una sera: ritornare a gareggiare nei circuiti di Formula 1 per risollevare un team sul lastrico. Il suo compagno è Jimmy Pearce, pilota figlio del XXI secolo che mescola l’arroganza del talento con la fragilità della propria immagine pubblica. Fra i due ci sarà uno scontro ideologico e, se vogliamo, culturale. 

La storia di F1 si regge su un’unghia ed è stata riproposta mille volte, soprattutto nel micro-genere dei film sportivi. L’interesse in questo film non risiede perciò in cosa avviene, anche perché il canovaccio è pregno di situazioni che si ripetono come i giri di un circuito, ma il come avviene.

Ed ecco, come era stato per Top Gun: Maverick, che si presenta lo scontro tra un mondo analogico e uno digitale, tra il peso del passato e l’incertezza del futuro. Inevitabilmente però lo scontro ha un solo vincitore proprio per come il film riesce a modellare su Sonny Hayes il peso del divismo di Brad Pitt che sfoggia carisma, fisico statuario e debolezza morale con la semplicità che solo i grandi attori possiedono.

Il trailer di F1

La leggenda sopra la realtà

Pienamente hollywoodiano nelle scelte registiche con cui Kosinski mette in scena ogni personaggio che risponde al riflesso del suo protagonista, la visione di F1 non può far pensare che a uscire trionfante da questa gara sia lo stesso cinema. Questo perché Brad Pitt, alla stregua di Tom Cruise, rappresenta un modo di pensare e vedere cinema ormai sempre più raro.

Un cinema che risponde alle esigenze dello spettacolo, senza lesinare però sulla qualità, sull’emozione, sull’adrenalina dello scontro tra macchina e uomo che si presenta ciclicamente dall’alba dei film muti. E al di là del rombo dei motori, della colonna sonora martellante (e che momento eccezionale l’apertura con i Led Zeppelin) F1 avrebbe potuto anche essere senza sonoro perché è l’idea di inseguire l’utopia dell’immagine movimento a essere trionfante su ogni cosa. D’altronde per Sonny Hayes quello che succede fuori dall’abitacolo della propria auto è solo rumore.

Per lui, come per Il temerario di George Roy Hill, a contare è il gesto cinematografico come atto di fede. Una scommessa da giocatori d’azzardo, eppure guardando F1 la voglia di salire a bordo e puntare sulla leggenda, al di sopra della verità, non è mai stata così grande.

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