Veronica Marchi è da vent’anni, per Verona e non solo, voce dolce e sapiente, in grado di emozionare con le sue doti canore ed autoriali. Una presenza musicale che ha portato su tantissimi palchi, ricercati con sempre maggior focus in accordo con le esigenze nate, e cresciute, nel corso della sua carriera.

Esigenze tra le quali l’attenzione del pubblico e la mancanza di quel rumore di fondo oggi sempre più presente. Esigenze che il Teatro Camploy di Verona potrà soddisfare il 7 novembre, durante lo spettacolo speciale in cui la cantautrice e produttrice veronese celebrerà la propria carriera assieme ai musicisti che l’hanno accompagnata e con ospiti che hanno partecipato al suo nuovo album. Disco che sarà pubblicato il 24 ottobre per Doc Music e si intitolerà “Bianca”, che arriva a sette anni di distanza da “Non sono l’unica“, e che si aggiunge all’omonimo esordio del 2005, al successivo “L’acqua del mare non si può bere” (2008), “La guarigione” (2012) e “CoVer” (2014).

Veronica, il titolo dello spettacolo evoca subito un desiderio di ritorno all’infanzia: cosa rappresenta per te “tornare bambina” e come si riflette nei tuoi testi, specie del tuo esordio discografico omonimo?

«Tornare bambina significa per me diventare me stessa, ricordami chi sono. Se non posso più tornare davvero all’innocenza, posso provare ad essere oggi sempre più una donna consapevole. Questa ricerca si riflette in tutta la mia musica, a partire dal fatto che il mio mestiere per me è vitale e non è vincolato dal successo per come lo si intende banalmente.»

Ci puoi dare qualche anticipazione della scaletta?

«Ho provato a metterci dentro più brani possibili, ci saranno quasi tutti i brani del primo e dell’ultimo disco e poi alcuni medley di brani tratti da tutti i miei album. Una scaletta densa e corposa, c’è da portarsi i fazzoletti da casa perchè si piangerà parecchio, mi toccherà fare più battute del solito, tra un brano e l’altro!»

Quali emozioni ti aspetti di rivivere ripercorrendo tutta la tua carriera in una sola sera?

«Spero di stare bene perché non sono abituata a tutto questo amore, non lo so gestire bene ma da sempre la musica è il mio canale per dire le cose. Sento già l’abbraccio delle persone, mi aspetto di saperlo restituire intatto e ancora più grande.»

C’è un brano – e un disco – che senti più vicino oggi rispetto a quando l’hai scritto? Se sì perché?

«Sono tante le canzoni che sento profondamente, sicuramente una tra tutte è proprio Bambina, tratta dal mio primo disco. È sincera, è onesta, è come cerco di essere ogni giorno. Ci sto lavorando…»

Quale sarà la formazione che ti accompagnerà sul palco?

«Ci saranno molti musicisti e musiciste a cui sono legata da un tempo più o meno ampio: Andrea Faccioli alle chitarre, Nelide Bandello alla batteria, Gipo Gurrado al basso, Sara Alessandrini alla batteria (sì, due batterie!), Nicola Panteghini alle chitarre, Giada Ferrarin alle chitarre, Maddalena Fasoli Laura Masotto e Daniela Savoldi agli archi e poi tante ospiti tra cui Andrea Mirò, Naskà, Ilaria Pastore, Eva.»

Nelle tue canzoni la dimensione emotiva è centrale: come riesci a trasformare emozioni intime in un linguaggio che diventa universale?

«Non lo so, penso sia perchè ho trovato un modo per dire le cose che sento, ho trovato un canale diretto per sfogare le mie emozioni e non lo freno, anzi è necessario per me essere totale sia quando scrivo sia quando canto. Mi fa felice cantare, scrivere, esserci. Mi fa felice emozionarmi e dare emozioni.»

Guardando indietro alla tua carriera, e al tempo stesso pensando al futuro, quale nuova emozione o tema senti il bisogno di esplorare nei tuoi prossimi lavori?

«Desidero sempre di più essere autrice, poter continuare a cantare ma anche sentir vestire le mie canzoni da altre voci. Mi muovo verso questa cosa, più che posso.»

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