Il Premio giornalistico nazionale “Natale UCSI” — promosso dalla sezione veronese dell’Unione Cattolica Stampa Italiana e intitolato al collega Giuseppe Faccincani — è dal 1994 un punto di riferimento per chi crede in un giornalismo capace di raccontare “il bene che c’è e che non si dice”. Dopo trent’anni di storia, il testimone passa a Lucio Fasoli, giornalista di Telepace e Radiopace, nuovo presidente della sezione veronese. Con lui, l’impegno a mantenere viva una tradizione che unisce professionalità, valori e attenzione alla persona.

Le candidature per la prossima edizione scadono entro il 31 ottobre.

Fasoli, il Premio Natale UCSI ha appena superato il traguardo dei trent’anni. Cosa significa per te raccogliere il testimone di questa lunga tradizione e guidarla nel futuro?

«Significa raccogliere un’eredità importante, soprattutto in un tempo in cui l’informazione ha un peso enorme nella società. Viviamo immersi in un flusso continuo di notizie, tra fake news e letture distorte della realtà. Spesso si dà più risalto a ciò che non va, alle tragedie, alle divisioni. Il nostro premio nasce per ricordare che esiste anche altro: non solo l’albero che cade, ma la foresta che cresce. Custodire e far crescere questa eredità significa credere in un giornalismo che costruisce invece di distruggere». Il premio nasce proprio per valorizzare il “bene che c’è e che non si dice”.

In un tempo in cui prevalgono notizie negative o sensazionalistiche, quanto è difficile tenere viva questa prospettiva?

«Non è facile, anche se qualche segnale positivo si intravede. Lavorando a Telepace vedo ogni giorno che il pubblico ha bisogno di buone notizie, ma molte testate ancora faticano a dar loro spazio. Detto questo, qualcosa sta cambiando: in diversi programmi si inseriscono ormai rubriche dedicate a storie costruttive, e questo dimostra che l’interesse c’è. Penso che anche gli editori si stiano rendendo conto che un’informazione solo negativa genera disaffezione. Sta tornando la voglia di credere in un giornalismo che incoraggia e che aiuta a comprendere, non solo a temere».

Il giornalismo di solidarietà e di servizio che il premio promuove non è ingenuo, ma profondamente civile. Come si fa a raccontare il bene senza cadere nella retorica o nella cronaca consolatoria?

«Raccontare il bene significa prima di tutto fare buon giornalismo. Serve competenza, conoscenza e onestà intellettuale. Penso a un servizio premiato l’anno scorso che raccontava la storia di un detenuto: un lavoro accurato, capace di dare voce a una persona e a un percorso di riscatto. È così che si evita la retorica — entrando nella realtà, ascoltando, verificando. Il giornalismo deve restare un elemento positivo nella costruzione della società. Se diamo spazio solo al negativo, togliamo alle persone la possibilità di immaginare prospettive migliori».

Lo scorso anno tra i premiati c’era il cardinale Gianfranco Ravasi. Che tipo di eredità lascia quell’edizione così significativa per la nuova che state costruendo?

«Un’eredità di dialogo e apertura. Ravasi è una figura che unisce cultura, fede e curiosità verso il mondo. Con il “Cortile dei gentili” ha saputo creare un ponte tra credenti e non credenti. È un esempio che ci ha spinti a guardare oltre i confini tradizionali del premio. Nato in origine come riconoscimento per la stampa cattolica, oggi il Natale UCSI si apre a tutte le testate e a tutti i linguaggi che sanno raccontare la solidarietà e i valori civili. È un premio che parla a chiunque condivida la convinzione che il giornalismo debba essere al servizio dell’uomo».

Parliamo della nuova edizione. Quali saranno le novità di quest’anno?

Lucio Fasoli

«Da una parte c’è continuità: ogni anno ci arrivano storie straordinarie che mostrano un’Italia solidale, generosa, piena di vita. Ma ci sono anche novità: due nuovi sponsor, L’Altra Economia e Forno Bonomi, che hanno scelto di credere nel nostro progetto. In un periodo non facile per il settore, è un segnale importante.

Inoltre abbiamo accolto due nuovi soci nella sezione veronese, colleghi che vogliono contribuire alla crescita del premio e diffondere la cultura della buona informazione. Tutto questo ci dà energia per guardare avanti».

Le cinque categorie del premio – Stampa, Tv, Radio, Targa Athesis e Genio della donna – raccontano un panorama mediatico ampio e in evoluzione. In che modo rispondono ai cambiamenti del giornalismo contemporaneo?

«Cerchiamo di intercettare tutti i linguaggi della comunicazione. Oltre ai premi principali, c’è il riconoscimento “Giornalisti e società”, riservato a chi interpreta la professione come servizio all’uomo. La Targa Athesis è pensata per i giovani under 30, perché vogliamo incoraggiare le nuove generazioni in un mondo dell’informazione che cambia rapidamente. E poi c’è il “Genio della donna”, che valorizza il contributo femminile alla convivenza civile: lo scorso anno è andato a un articolo che raccontava donne influencer con disabilità, un modo nuovo e coraggioso di essere testimoni. I linguaggi cambiano, ma i valori restano: responsabilità, rispetto, empatia».

Verona, grazie al Premio Natale UCSI, è ormai identificata come “capitale delle buone notizie”. Cosa rappresenta per lei questa identità e come può essere rafforzata nei prossimi anni?

«Verona è una città dove il volontariato ha radici profonde. Ci sono tante persone che si mettono al servizio degli altri in silenzio, ogni giorno. Credo che proprio questo tessuto solidale abbia reso possibile la nascita del Premio Natale. E poi c’è Telepace, che da quasi cinquant’anni racconta il mondo con uno sguardo di speranza. Forse era scritto che questo premio nascesse qui, e non altrove. È il frutto di una storia collettiva, fatta di giornalisti che hanno creduto nella forza della parola buona. Oggi noi cerchiamo solo di proseguire quel cammino, con gratitudine».

Guardando al futuro, quali sono i suoi obiettivi come presidente UCSI Verona?

«Vorrei ampliare la rete dei soci, coinvolgere più colleghi e far conoscere di più la nostra attività. Vogliamo anche essere più presenti sui social, per parlare ai giovani e contagiarli con la forza della buona informazione. Il premio resta il nostro cuore, ma l’obiettivo è costruire un impegno più ampio, che promuova ogni giorno un modo di comunicare più umano, più attento e più giusto».

Un ultimo messaggio per chi seguirà la prossima edizione?

«Invito tutti a seguire la cerimonia e a scoprire i vincitori, anche attraverso i loro canali social. È un modo per far circolare le buone notizie, che in fondo fanno bene a chi le legge ma anche a chi le scrive. E forse è da qui, da piccoli gesti di fiducia, che si ricomincia a credere nella forza del giornalismo».

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