Lo sport è il grande esperanto del mondo. Lo ripeto spesso. Una lingua comune in grado di connettere persone al di là di ogni differenza socio-culturale. Ecco perché, evitando le zone minate (letteralmente, peraltro) rappresentate dal vertice Trump – Putin e dall’orrore di Gaza, sarà proprio lo sport a salvare le vostre conversazioni. Sotto l’ombrellone, durante una passeggiata in montagna o davanti la grigliata di Ferragosto.

Il calciomercato e la stagione calcistica alle porte sono il grande classico su cui possiamo sempre planare. La nostra pizza margherita, la birretta fresca dopo un pomeriggio sotto il sole. Se, però, sentite la tentazione di esplorare alcune variazioni sul tema, ecco alcuni spunti per portare avanti la vostra discussione.

L’Italia ai Mondiali?

Anche qui, siamo ormai vicini all’evergreen. Un discorso buono per tutte le stagioni e che lascia spazio ad ogni congettura e alle migliaia di diverse soluzioni che solo un popolo nel quale si nascondono sessanta milioni CT è in grado di mettere sul piatto nello stesso tempo in cui viene pronta la salsiccia sulla griglia. Se però vorrete trasformare la domanda iniziale in una specie di gioco, ci sono varie opzioni.

Ad esempio, se ci sono bimbi lì con voi, osservateli. E chiedetevi quanti di loro hanno mai visto una maglia azzurra al Mondiale. Oppure, potreste stimolare la vostra memoria. Chi ci ha fatto vincere la nostra ultima partita ai mondiali? Quando abbiamo vinto le nostre ultime due partite consecutive nei 90 minuti? E con chi? Le risposte forse un po’ vi stupiranno, poi arriverà un filo di malinconia e, infine, passerete direttamente al punto successivo.

Il nostro calcio non funziona

La conseguenza diretta di tutto ciò che avrete detto in relazione al punto precedente. Una nebbiolina leggera che, senza accorgerci, avvolge le nostre discussioni, impantanandole in un angolo buio e senza apparente via d’uscita. Come il Nulla ne La Storia Infinita. Troppi i livelli, troppe le esperienze personali e i racconti che ci hanno fatto per trovare una sintesi efficace.

Però se da piccoli, sfogliando le pagine di Michael Ende o al cinema davanti alle immagini di Petersen, avete ammirato le stranezze di Fantàsia, potreste trovarne altrettante nel meraviglioso mondo della nostra Serie C. Magari discutendo delle lisergiche situazioni di Triestina e Rimini, iscritte regolarmente nonostante grane economico-societarie che renderebbero insostenibile un chiosco di granite. E i controlli dove sono?

Diamo visibilità agli altri sport

Basta pallone. Nell’estate in cui Sinner trionfa a Wimbledon, dove la Nazionale femminile di pallavolo dopo l’oro olimpico si porta a casa anche la Nations League e con i Mondiali di nuoto da poco conclusi, di spunti di conversazione ne trovate. Occhio però alle bucce di banana. Ci vuole niente a trasformare una pacata discussione sui successi del nostro sport in un’intemerata su Jannik che fa i soldi con noi e paga le tasse a Monaco. Su come fare le interviste a bordo vasca a Ceccon e, ovviamente, sull’antipatia di Paola Egonu.

È questo, tra l’altro, il momento che attendeva il fenomeno di turno per buttare lì la sua battuta assolutamente non razzista ma basata su criteri oggettivi e reali sul colore della pelle di alcune delle nostre atlete. Se accade, siete legittimati ad abbandonare all’istante la conversazione. Portando coi voi la birra, of course.

Bonus Track: guardando al prossimo futuro, potreste anche parlare degli Europei di basket o dei mondiali di atletica in arrivo. Anche qui, valgono le raccomandazioni delle righe precedenti. Soprattutto le ultime.

A voi la scelta. Se dare fuoco alla conversazione, o alla carne.

È il sistema che va cambiato

Quella frase che avete sentito mille e più volte. Non capite nemmeno se i vostri amici stiano parlando delle tempistiche per girare le costine senza bruciarle o della gestione complessiva e istituzionale dello sport italiano. In entrambi i casi, con scarse competenze. Comunque sia, con la politica in vacanza ad agosto e solo la suggestione del “Ponte sullo Stretto”* in lontananza, ci sta un’escursione tra i palazzi del potere del nostro sport.

Per non perdersi in troppi tecnicismi, potreste commentare alcune delle dichiarazioni più iconiche delle ultime settimane. Come quelle del Ministro dello Sport Andrea Abodi che, dopo aver paccato la finale di Wimbledon per stare in famiglia, decide di buttarsi nell’analisi geopolitica. E alla domanda sul doppiopesismo tra Russia e Israele, ci ricorda che “la Russia è un Paese aggressore, Israele è stato aggredito, forse questo si dimentica completamente. E se siamo a questo punto, è colpa di Hamas“.

Un filo meno impegnative, le parole dell’AD della Seria A Luigi De Siervo che, sempre in tema di sistema che non funziona, spiega come “la Nazionale non va al Mondiale anche per colpa della pirateria. Tolgono soldi ai talenti”. Il tutto il giorno dopo la debacle azzurra in Norvegia e prima di assistere al teatrino esonero di Spalletti – rifiuto di Ranieri – prendiamo Gattuso. Forse ha ragione. Quella volta che in aeroporto ho guardato Milan – Torino su Rojadirecta può aver influito.

*va scritto così, in corsivo e tra un paio di virgolette. Perché al momento trattasi puramente di un titolo. Di un romanzo monumentale o di un cinepanettone, fate voi.

Ricorrenze e anniversari

Un porto sicuro a cui attraccare. Lontano da potenziali polemiche e dal frastuono del turismo di massa. Quest’anno, ad esempio, è passato giusto un quarto di secolo dalla scomparsa di Gino Bartali, con tutte le connotazioni sportive e umane della parabola del Ginettaccio. Sono trent’anni dalla prima vittoria al Tour di Marco Pantani, sulle rampe dell’Alpe d’Huez. Lo stesso anniversario della vittoria del Sudafrica ai Mondiali di Rugby del ‘95, in finale con gli All Backs di Jonah Lomu e con Nelson Mandela a consegnare la coppa.

Vent’anni fa, invece, Valentino Rossi vinceva il suo quinto titolo consecutivo nella classe regina del motociclismo e, in F1, Fernando Alonso trionfava per la prima volta a bordo della sua Renault. Se volete sentirvi vecchi, poi, sappiate che sono passati vent’anni anche dal pallone d’oro a Ronaldinho. Sempre nel 2005, George Best perdeva la sua battaglia con un fegato devastato da decenni di alcool e abusi.

Bonus Track: Notturno Rossonero. 18 agosto 1995, Marco Van Basten compie il suo ultimo giro di campo a San Siro. Praticamente non gioca da più di due stagioni, quando di anni ne aveva appena 28. “Una macchina da gol che si è rotta proprio quando stava per diventare il migliore di tutti. Il giocatore più elegante che abbia mai visto”. Disse Diego Armando Maradona.

Sport da guardare

Dopo la nostalgia, potete chiudere con qualche consiglio per fare un viaggio sportivo anche davanti allo schermo. Non ho visto l’ultima fatica di Brad Pitt in Formula 1, non posso esprimere giudizi, quindi passo direttamente oltre. Comunque di film o serie TV dedicate ai motori ne trovate a bizzeffe sulle varie piattaforme. In tema di pallone, invece, la scelta èun po’ più scarna. Potete buttarvi sui vari All or Nothing, rimanendo però su quelli girati oltremanica. Meno accomodanti di altri. Se l’idea è farvi due risate, Ted Lasso è la serie che state cercando. Personalmente, invece, ancora niente batte le prime due stagioni di Sunderland ‘Til I Die. Osservare due annate sportivamente drammatiche dei Black Cats, proprio in concomitanza col loro ritorno in Premier, non sarà mai tempo sprecato.

Visto che l’estate è tempo di viaggi, giusto concludere con un salto oltreoceano, con qualche produzione collegata a discipline che raramente qui guardiamo in televisione. Se optiamo per il baseball, la nostalgia e la voglia di un sorriso mi porterebbe a rispolverare un classico come Major League – la squadra più scassata della lega. Se invece restiamo alle ultime uscite, godetevi The Comeback: The 2004 Boston Red Sox. La stagione che ha decretato la fine della maledizione di Babe Ruth.

Infine, molto interessante, SEC Football: Any Given Saturday. Documentario tutto dedicato al footbal universitario. Ci trovate uno spaccato attuale della società americana. Il ruolo dello sport e del football nella vita di una comunità, le strutture dedicate, l’approccio delle giovani generazioni e l’afflato mistico che accomuna tutti i discorsi fatti dai coach a squadre e reporter. Se tutto questo, poi, vi porta a qualche collegamento con la politica e i suoi protagonisti, fermatevi. Non è il momento giusto. Finite la carne e bevete un sorso fresco. Ne riparliamo a settembre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA