Summerland 2025: decimo compleanno per lo storico festival
Intervista ad Emanuele Lorenzini, fra i fondatori e organizzatori del festival di musica che quest'anno compie dieci anni di vita.

Intervista ad Emanuele Lorenzini, fra i fondatori e organizzatori del festival di musica che quest'anno compie dieci anni di vita.
Il secondo fine settimana di luglio torna Summerland, uno dei festival di maggior richiamo della provincia di Verona. È un appuntamento molto atteso. Si svolge in Lessinia e permette ai partecipanti di godere gratuitamente di un’ottima selezione di band indipendenti in un luogo estremamente suggestivo. C’è possibilità di campeggio e dal luogo dell’evento passano sentieri che si snodano per le cime limitrofe e offrono ristoro dalla calura estiva cittadina. Saranno presenti i banchi di diversi produttori alimentari della zona, a completamento dell’esperienza, così da poter assaporare alcuni dei più rinomati prodotti locali.
Ma cosa significa organizzare un evento di questa portata, e renderlo attrattivo al punto da poterlo ripetere di anno in anno, fidelizzando quindi gli spettatori? Ne parliamo con Emanuele Lorenzini, uno degli organizzatori.
Lorenzini, siete giunti alla decima edizione del festival. Il tempo che passa aiuta ad accrescere la reputazione ma impone ogni anno nuove sfide. In questo bilanciamento, è più semplice o più complicato organizzare un festival di qualità?
«La reputazione è una lama a doppio taglio: da un lato attira pubblico, sponsor e artisti sempre più strutturati; dall’altro ti costringe a sollevare l’asticella a ogni edizione. Dieci anni fa bastava predisporre un palco, un impianto dignitoso e la birra artigianale. Oggi dobbiamo garantire standard di sicurezza rigorosi, dotazioni green, accessibilità per persone con disabilità, servizi digitali per ticketing e comunicazioni in tempo reale.
A complicare le cose c’è l’aumento dei costi fissi: energia, assicurazioni, trasporti degli artisti, SIAE, compensi tecnici. La burocrazia resta lenta, ma ormai la conosciamo a menadito e la gestiamo; il peso economico, invece, cresce a un ritmo che ogni anno ci costringe a ripensare il budget. In sintesi: l’esperienza ci rende più abili, ma la complessità esterna aumenta; quindi, la sfida resta alta e richiede una squadra affiatata e appassionata.»
Quale criterio determina la selezione delle band? Influisce la loro provenienza, il repertorio che propongono, il genere?
«Summerland nasce con una forte anima rock‑blues, ma ci siamo evoluti: la parola chiave oggi è contaminazione. Partiamo da una “curva di gradimento” che abbiamo studiato negli anni, incrociando i nostri sondaggi con l’affluenza ai singoli live. Valutiamo la coerenza artistica – testi originali, presenza scenica, capacità di dialogare con il paesaggio – e la disponibilità a interagire con il pubblico. Cerchiamo di bilanciare band affermate, che garantiscono un richiamo immediato, con progetti emergenti di qualità che rischierebbero di restare invisibili altrove. La provenienza conta fino a un certo punto: sosteniamo le realtà venete, ma ci piace ospitare gruppi da altre regioni o dall’estero, purché portino un racconto musicale autentico. Quest’anno, accanto a storiche formazioni blues, avremo un ensemble che fonde folk alpino ed elettronica, e un trio di rock alternativo che canta in dialetto siciliano: vogliamo sorprendere e al tempo stesso far sentire ogni band “a casa” in Lessinia.»
Gli sponsor dell’iniziativa sono necessari per poter sostenere un festival di questa portata e mantenerlo ad entrata libera. I vostri partner vi seguono da un anno all’altro con entusiasmo e questo è un bel riconoscimento. Sono tutte realtà locali legate a questo specifico territorio?
«Il tessuto locale resta il nostro primo alleato: le piccole aziende agricole che credono nel turismo lento. Tuttavia, per coprire cachet, illuminazione, logistica, dobbiamo guardare oltre. Negli ultimi anni si sono affacciate aziende nazionali dell’outdoor, una piattaforma streaming che registra i concerti in alta definizione e perfino un brand di strumenti musicali. Questi sponsor “da fuori” vedono in Summerland un laboratorio di marketing esperienziale: pubblico genuino, paesaggio incontaminato, storytelling forte. Ovviamente il lavoro di relazione è continuo: dopo il festival inviamo report dettagliati, dati di traffico, rassegna stampa. Negli incontri di follow‑up creiamo pacchetti personalizzati – dall’area test‑prodotti alle sessioni meet&greet – per far percepire il valore di un contributo che resta, in ogni caso, inferiore al potenziale. Il nostro sogno è un day‑zero a impatto neutro, finanziato interamente da realtà che condividano la visione di un evento culturale sostenibile e gratuito.»
L’anno scorso il tempo è stato piuttosto inclemente e questo vi ha spinti a realizzare una “coda” del festival in zona Porta Vescovo, a Verona. È stata un’iniziativa interessante per la città, vi sentite di riproporla anche quest’anno?
«Lo spin‑off a Porta Vescovo è nato come piano B d’emergenza, ma si è trasformato in un esperimento urbano. Purtroppo, la pioggia insistente aveva tolto slancio al pubblico e l’affluenza è stata sotto le aspettative. Però abbiamo imparato molto. Quest’anno il meteo non possiamo controllarlo, ma abbiamo rafforzato i contratti con service e tensostrutture. L’idea di tornare in città rimane: magari non come “coda” di recupero, bensì come anteprima primaverile, un one‑day gratuito in cui far assaggiare l’atmosfera di Lessinia ai veronesi. Se troviamo i permessi e un partner istituzionale che copra i costi di suolo pubblico e sicurezza, ci riproveremo volentieri.»
Siete già al lavoro per l’edizione 2026?
«Sì, la testa è già al 2026, che sarà un’edizione speciale: vogliamo creare un percorso tematico sui “confini” – geografici, culturali, sonori – con una residenza d’artista in malga nei mesi precedenti. Stiamo dialogando con le associazioni di trekking per ideare concerti‐camminata all’alba, e con le istituzioni per un convegno su musica e paesaggio. Inoltre, puntiamo a distribuire piccoli palchi diffusi. Sono progetti ambiziosi che richiedono fondi europei e una pianificazione lunga; per questo ci muoviamo sin d’ora. Se la comunità continuerà a sostenerci, Summerland potrà crescere senza snaturarsi, mantenendo quell’anima familiare che, in fondo, è la nostra forza più grande.»
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