Sembra quasi un paradosso che solo un mese fa agli Oscar del Cinema 2025 per la categoria Film di animazione non sia arrivato in finale nessun anime, mentre in questi giorni sta facendo discutere l’uso della creatività dello Studio Ghibli per trasformare le proprie immagini nel codice visivo degli autori de “La città incantata”, “Totoro” e “La principessa Mononoke”.

D’altronde, nonostante abbia vinto il lettone “Flow – Un mondo da salvare (Straume, 2024)”, questa volta si è fatto spazio fin da subito un diffuso malcontento, non tanto per la mancata vittoria di un titolo già in corsa, quanto per averne ignorato uno che per molti era più che degno di una nomination. Si tratta di “Look back” (2024) del regista Kiyotaka Oshiyama.

Ma perché tanta indignazione per un escluso, e per giunta un anime dal Giappone, quando l’anno scorso c’è stato il trionfo di niente poco di meno del “Il ragazzo e l’airone” (tradotto letteralmente dal giapponese: “E voi come vivrete?”, 2023) di Hayao Miyazaki?

Se per molti il problema sta proprio qui, ossia nel fatto che per essere considerato dall’Academy un film d’animazione giapponese deve ormai provenire dallo Studio Ghibli, è innegabile invece per chiunque abbia visto questo piccolo capolavoro come il merito di un tale dibattito stia tutto nel manga da cui è stato tratto.

Un estratto dal mediometraggio “anime “Look Back” tratto dall’omonimo manga di Tatsuki Fujimoto.

Miglior film di animazione agli Oscar giapponesi 2025

“Look back” è infatti un mediometraggio basato sull’omonimo manga pubblicato nel 2021 da Tatsuki Fujimoto, ed è da poco consacrato come miglior film d’animazione alla 48ª edizione del Japan Academy Film Prize di Tokyo. Per i meno appassionati del genere, questo mangaka (ossia artista e autore di testi e disegni dei famosi fumetti giapponesi, chiamati appunto manga) è notoriamente conosciuto per le sue opere seriali più famose, tra cui “Fire Punch” (2016-2018) e “Chainsaw Man” (iniziato nel 2022 ed ancora in corso).

Se queste storie pubblicate a puntate possono essere raggruppate in uno stesso genere definito battle shōnen, ossia archi narrativi di combattimenti sopra le righe con un target per giovani, gli one shot manga (ossia fumetti pubblicati in un’unica puntata) come gli acclamati “Look back” e il successivo “Goodbye, Eri” costituiscono per vari aspetti una diversa e più intima deviazione di questo autore.

La copertina del manga Look Back di Tatsuki Fujimoto, pubblicato in Italia da pubblicato da Star Comics.

“Look back” in particolare viene definita una storia del genere coming of age che segue le vicende di due immaginarie bambine di quarta elementare, Ayumu Fujino e Kyomoto, nel percorso dall’infanzia all’età adulta passando per un reale fatto di cronaca nera giapponese.

Nonostante siano entrambe creatrici di yonkoma (ossia un particolare formato di striscia a fumetti diffuso in Giappone, composto da 4 vignette e dal contenuto generalmente umoristico), la particolarità di questo legame d’amicizia che unisce le due protagoniste è che, almeno all’inizio, non esiste.

Fujino è infatti da sempre conosciuta da compagni ed adulti per le sue divertenti vignette che pubblica regolarmente sul giornalino scolastico: è lodata da tutti e quindi sicura della sua bravura. Tutto cambia quando accanto alle sue solite strisce compaiono anche quelle di una certa Kyomoto, i cui yonkoma sono esclusivamente di natura paesaggistica e di sfondo, eppure sono di una qualità e precisione superiori alle rudimentali per quanto divertenti figurine umane di Fujino.

Due ragazze, due mondi che si scontrano

I compagni iniziano a notare la differenza e Fujino entra in crisi, ma decide di non abbattersi: per circa un anno studia e rivede continuamente la sua tecnica, pubblicando compulsivamente vignette, confrontandosi con lo standard di questa compagna mai vista, ma contemporaneamente isolandosi dagli amici e dalla famiglia. In un ultimo tentativo capisce che non potrà mai raggiungere Kymoto, e decide di abbandonare i manga per sempre ritornando alla sua normale vita sociale.

Vediamo successivamente Fujino, alla quale, dopo la cerimonia dei diplomi, viene chiesto di portare il certificato anche alla sua compagna Kyomoto. Veniamo quindi a scoprire che Kyomoto è una hikikomori, ossia una ragazza talmente affetta da ansia sociale ed agorafobia da non riuscire a condurre una vita normale al di fuori della propria casa. Riluttante Fujino accetta, ma arrivata a casa della compagna al posto di lasciare semplicemente il documento in bella vista, decide di disegnare un po’ per gioco e un po’ per sprezzo un ironico yonkoma sulla sua vita da reclusa, che cade e si infila al di sotto della porta della compagna. Pentitasi subito dell’azione impulsiva, scappa dall’abitazione per essere raggiunta immediatamente da Kyomoto, che le confessa in realtà di averla sempre ammirata per la sua tecnica di disegno e di non essersi veramente mai considerata alla sua altezza.

Il disegno come via di fuga

Nasce, così, una bellissima quanto struggente storia di amicizia: alimentata dall’ammirazione della compagna che all’inizio con la sua bravura l’aveva isolata dal mondo, Fujino ritrova la passione per il disegno e contemporaneamente aiuta Kyomoto a riavvicinarsi a quella stessa società con cui non riusciva più a rapportarsi.

Osserviamo così come nel corso degli anni inizino a disegnare manga firmandoli insieme, vincendo diversi premi ed arrivando infine a ricevere un’offerta di serializzazione ufficiale. Ma è qui che le loro strane si dividono, e in maniera più tragica e definitiva di quanto potessero pensare: Kyomoto confessa di volersi finalmente iscrivere all’università per studiare arte, ma Fujino si sente tradita e abbandonata dopo anni di ininterrotto sodalizio.

Il Kyoto Animation’s Studio 1 dopo l’attacco incendiario, foto di L26 – Own work, CC BY-SA 4.0.

Continuerà quindi a lavorare da sola, insoddisfatta dei nuovi collaboratori ma incoronata dal successo di pubblico, fino alla notizia della morte di Kyomoto in un attentato compiuto da un pazzo armato di piccone all’Università di Tohoku (nonostante sia la stessa università frequentata dall’autore Fujimoto, il fatto sembra ispirarsi alla vera strage avvenuta nel luglio 2019 a Kyoto e conosciuta come “Kyoto Animation arson attack”). Distrutta dal dolore, Fujino tornerà al momento del primo incontro con Kyomoto, iniziando una narrazione parallela in cui l’amica sarebbe sopravvissuta senza di lei e chiedendosi il vero motivo del perché continuava a disegnare dopo il loro incontro.

Iperlavoro e hikikomori, due facce della stessa medaglia

Oscar o non Oscar, ci sono diversi aspetti di questa piccola perla d’animazione che la rendono unica e che vale la pena menzionare. Ad esempio il fatto che getti una luce sul duro lavoro dei mangaka come lo stesso autore di questa storia, Tatsuki Fujimoto, i quali sono sottoposti a durissime sessioni di lavoro in cui è inevitabile chiedersi che cosa spinga veramente ad andare avanti quando la passione nel proprio lavoro inizia a sfiorire di fronte ad una società che richiede sempre di più.

Abbiamo inoltre la storia di Kyomoto che apre squarcio sul mondo degli hikikomori, fino a diversi anni fa un fenomeno squisitamente giapponese, ma che non possiamo più ignorare come sia sempre più presente anche nella nostra società italiana.

Non sembra giusto invece soffermarsi sulla delicatezza e bellezza delle immagini di questo anime, che certamente i più esperti potranno confrontare in contrasti e similitudini con il manga in una narrazione metalinguistica, per non rovinare il piacere a chi è nuovo a questo genere.

Né tantomeno raccontare a parole la bellissima sequenza finale, che per tutta la durata dei titoli di coda colpisce con la potenza del suo messaggio, senza far proferire più parola ai personaggi della storia.

Per vederlo basta andare sulla piattaforma di Amazon Prime.

Il trailer in lingua originale di Look Back, disponibile su Amazon Prime.

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