Un treno che corre dal passato al futuro tra i raggi dell’ex Ghiacciaia di Verona, all’ombra della grande cupola. Questa la metafora che secondo la Fondazione E.ART.H., meglio rappresenta il progetto culturale promosso da Eataly per la neonata sede scaligera. Un viaggio che inizia tra i banchi dei prodotti made in Italy che accolgono il pubblico, e tra cui mi muovo accompagnata da Costanza Vilizzi, Art House manager, e Gaspare Luigi Marcone, membro del comitato scientifico della fondazione culturale.

La struttura della ghiacciaia è un po’ come un albero che si staglia imponente nell’area sterminata degli ex magazzini generali, accogliendo la luce attraverso le grandi finestre che perforano il tamburo della cupola, i lunghi corridoi radiali che paiono possenti radici.

Sono proprio queste radici a rappresentare metaforicamente il progetto di Art House sul territorio, che si propone si entrare in contatto non solo con i singoli cittadini, ma anche con le realtà culturali locali, trasformando il crocevia logistico che fu la ghiacciaia nel Novecento in un hub di incontro, dialogo e condivisione culturale tra le persone. Tutto si muove all’interno della ghiacciaia, ruotano le persone attorno al fulcro di ristoro, ma ruotano allo stesso tempo anche le opere d’arte in esposizione e in vendita che, man mano, durante l’anno, saranno visibili e fruibili dal pubblico nei raggi al pianterreno.

Fotografia tra storia e futuro

Il primo spazio espositivo è allestito in una delle gallerie radiali del pianoterra, inaugurato con un progetto che fa interagire i grandi classici della fotografia con opere contemporanee di fotografi esordienti, grazie alla collaborazione con Magnum Photos e con Futures Photography, un progetto europeo pensato in partnership con Camera – Centro italiano per la fotografia di Torino – che promuove artisti emergenti. I curatori dello spazio, Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola, hanno voluto mettere in luce lo sguardo dei nuovi fotografi verso i maestri del passato, in un incontro di idee, punti di vista, visioni, guardando al futuro della fotografia.

L’esposizione di fotografie in collaborazione con Magnum Photos, foto Eataly Art House,

Proseguendo la passeggiata tra gli spazi dell’Art Market, si raggiunge la galleria “Artisti E.ART.H.”, dedicata all’esposizione di giovani artisti promossi dalla Fondazione stessa, che gioca il ruolo di galleria e mecenate allo stesso tempo.

Gli artisti esordienti proposti, infatti, possono in alcuni casi godere del supporto economico della Fondazione per un progetto artistico giudicato di rilevante portata, o di sponsor da essa procurati.

Contemporaneo in dialogo con il passato

Ancora qualche passo per raggiungere la galleria “Arte contemporanea“. Questo spazio espone i grandi maestri del Novecento, di cui vengono esibite per la vendita opere e multipli, in fluido dialogo con le sperimentazioni di artisti che si misurano oggi con il mercato dell’arte. Le opere esposte sono frutto di una collaborazione con gallerie d’arte prestigiose, che in accordo con la Fondazione E.ART.H. scelgono le opere che verranno esposte a rotazione.

All’interno della galleria si incontrano filoni artistici diversi, accostati uno all’altro per poter restituire al pubblico la varietà di approcci artistici che hanno caratterizzato il ricco Novecento e i primi anni Duemila: in mostra William Anastasi, che con un segno nervoso a penna realizza le sue opere su carta mentre viaggia in metropolitana, accanto al filone astratto di Achille Perilli fatto di forme e colore, quindi l’arte concettuale di Irma Blank che si esprime attraverso un segno che scalfisce il confine tra pittura e scrittura.

Opere in esposizione nelle sale dell’Art House, interna all’ex ghiacciaia ristrutturata dall’architetto Mario Botta. Foto Eataly Art House.

Anche qui non si rinuncia al dialogo tra le opere storicizzate e la contemporaneità, con un lavoro di Riccardo Baruzzi esposto accanto a Fausto Melotti. Al centro della galleria la fondazione propone al visitatore un’Art timeline, un racconto breve e cronologico delle espressioni artistiche della storia del Novecento e delle avanguardie che ne furono protagoniste.

Le guide all’interno di questi spazi innovativi sono giovani ragazzi a disposizione del pubblico, pronti a raccontare lo spirito del progetto in continuo movimento e la storia di artisti e opere che in quel momento vengono proposte ai visitatori.

A supporto, i pannelli di sala ideati dalla Scuola Holden, che ha fatto del percorso una narrazione espressiva, che modella i temi complessi dell’arte contemporanea attraverso testi poetici ma dal linguaggio semplice e immediato.

Museo della ghiacciaia per raccontare la storia del luogo

Lo spirito commerciale di Eataly si rispecchia nella gestione dell’Art Market, nella proposta di spazi a libera fruizione, dove ogni oggetto esposto può essere acquistato. Le opere vengono esposte con l’indicazione del prezzo di vendita, togliendo quella barriera che spesso inibisce il contatto tra il pubblico e le gallerie d’arte. Non mancano pezzi dai prezzi accessibili.

A chiudere gli spazi culturali del pianterreno è il Museo della Ghiacciaia, dove è stato restaurato e conservato un macchinario industriale di mole impressionante, posto al centro della grande sala espositiva, e che testimonia l’avanzamento tecnico di cui questa straordinaria struttura era stata dotata nel secolo scorso.

Tutto attorno sono allestiti schermi che narrano, attraverso video realizzati con le fotografie storiche e contemporanee, la storia della ghiacciaia, il suo ruolo per Verona nel Novecento e l’impegnativo lavoro di recupero della struttura di archeologia industriale curato da Mario Botta.

I vecchi graffiti come documento

Per non dimenticare la rilevanza di quest’area nell’ambito della cultura cittadina del secolo scorso, sono stati inoltre esposti, sulla parete interna della stanza, tre graffiti staccati dal muro di cinta della ghiacciaia, in parte demolito prima dell’apertura del complesso. Dagli anni Ottanta, infatti, numerosi furono i writer che in città si dedicarono alla realizzazione di graffiti nell’area degli ex Magazzini generali e che sono parte integrante del passato del complesso.

L’idea di staccare e poi conservare queste opere in uno spazio museale può essere una contraddizione dello spirito effimero con cui questi graffiti sono realizzati ma, in un certo senso, fa anche parte di un processo culturale di cui Verona è da più di un secolo protagonista.

Le grandi campagne di stacco otto e novecentesche degli affreschi, che ornavano gli edifici storici cittadini, e il loro ricovero, decontestualizzato, all’interno del museo degli Affreschi si pone come antefatto dell’operazione che oggi, sempre di più, sta prendendo piede nel mondo della Street Art, ritenuta troppo importante per la nostra cultura per rimanere effimera e temporanea.

L’ultimo piccolo frammento che visitiamo al pianterreno è l’ufficio Art Market, lo spazio dove si possono raccogliere informazioni sulle opere in vendita e dove vengono finalizzate le compravendite.

In mostra Corbjin e Mahama

Art House viene definita dai membri della fondazione una Kunsthalle, nel senso originario del termine tedesco, ossia uno spazio dedicato all’esposizione d’arte, dove si alternano mostre temporanee. Nella hall che conduce alle scale di salita al primo piano, si incontra un’anteprima delle attività che caratterizzano lo spazio superiore, dedicato alle mostre.

Il manifesto della mostra di Anton Corbjin, in corso da Eataly fino a 29 gennaio, foto Corrado Benanzioli

Due grandi manifesti preannunciano le due esposizioni visitabili fino al 29 gennaio. La prima è “Staged” dedicata al fotografo olandese Anton Corbjin. L’artista ripropone il suo operato in Italia dopo diciotto anni di assenza, con uno sguardo che si apre a più livelli sul mondo della fotografia, dai celebri scatti dedicati alla musica e ai suoi protagonisti moderni arriva agli autoritratti, in cui Corbjin interpreta, con acuti travestimenti, i nomi più noti della cultura contemporanea davanti a scorci della sua città natale olandese.

La seconda mostra, “Voli-ni”, espone le opere dell’artista ghanese Ibrahim Mahama in un progetto che vuole dialogare con l’anima industriale della struttura. Il tema dei materiali poveri, grezzi e di recupero è il filo conduttore di una produzione che parla della terra natia dell’artista, delle sue esperienze e dell’impegno nel sostegno della sua patria, a cui Mahama devolve gran parte degli introiti delle vendite delle sue opere.

Una divertente esperienza di realtà aumentata, usufruibile grazie ai QR code posti all’entrata della mostra, permette inoltre di conoscere un’altra opera dell’artista, non esposta, che viene proiettata in 3D al centro della sala, attraverso lo schermo del proprio smartphone. L’utente può interagire con l’opera avvicinandosi, zoomando i dettagli e ruotando attorno al manufatto come se esso fosse materialmente presente nella sala.

L’incontro con le collezioni veronesi

Dell’articolato progetto culturale sono parte anche i talk organizzati dalla fondazione con artisti e curatori che animeranno la grande sala convegni del primo piano della struttura e che permettono ai visitatori di entrare in contatto diretto con i protagonisti di Art House.

Il nostro viaggio termina nella E.ART.H. project room dove l’arte incontra l’arte. In dialogo, infatti, sono gli artisti di E.ART.H. che incontrano collezioni e collezionisti del territorio. Si parte dalle straordinarie collezioni De Iorio e Fasol, con due opere di Xingyi Cheng (De Iorio) e un pezzo di Alice Browne (Fasol, collezione AgiVerona), in dialogo con Marta Ravasi che si esprime attraverso una pittura metrica, grazie alle forme catturate dalla sua quotidianità e restituite in un’atmosfera densa e corposa.

Non solo made in Italy

Eataly si apre con questo progetto al dialogo con le realtà del territorio, non solo attraverso la ricerca e la vendita del prodotto made in Italy, ma anche grazie alla condivisione di attività culturali, portando lavoro, assumendo giovani. Le collaborazioni previste dalla Fondazione E.ART.H. sono molte, tra queste l’Università di Verona, i cui studenti potranno godere di offerte di stage e tirocinio, o realtà espositive indipendenti.

Un visitatore davanti a un’opera di Ibrahim Mahama, all’interno della mostra “Voli-ni”, fino al 29 gennaio. Foto Eataly Art House.

Le polemiche sono state molte, le contraddizioni sono spesso parte integrante di progetti che cercano di offrire un nuovo punto di vista su mondi consolidati. Il periodo di transizione che stiamo vivendo richiede tuttavia apertura, sperimentazione, nuovi tentativi di rinnovamento, soprattutto in ambito culturale e, forse, anche un po’ di sana e cieca scommessa sul futuro.

Il bilancio dei vantaggi e degli svantaggi di una proposta audace non deve sottostare al pregiudizio che spesso investe tutti noi che di cultura ci occupiamo, temendo lo stravolgimento del solido terreno su cui poggiamo i piedi. La domanda quindi che mi sono posta uscendo da questo spazio contraddittorio e affascinante è, perché no?

©RIPRODUZIONE RISERVATA