La storia è molto conosciuta, l’avrete sentita sicuramente anche voi. Quella del soldato giapponese, nascosto nella selva impenetrabile di una delle tantissime isole del Pacifico, che non ha saputo che la guerra è finita da anni e continua le ostilità, passando la vita ad aspettare un nemico che non arriva e non arriverà mai.

La storia è in gran parte vera, solo che di soldati cosi ce n’erano a decine, in varie isole. C’è un bellissimo podcast a proposito. E questi soldati hanno fatto morti, a distanza di anni, decenni. Ogni tanto qualcuno si avvicinava per dirgli “oh, guarda che è tutto finito” e… Pum! Secco. Dopo un po’ di incidenti di questo tipo i giapponesi in patria hanno cominciato a prendere la cosa sul serio e mandavano i parenti del soldato. O gli ex superiori in grado, ormai in pensione. Gente con il giornale del giorno stesso, per far loro capire che era tutto vero. Ma anche così non era facile. Molti non ci credevano. Pensavano alla propaganda. Ad un raggiro. Quando ti convinci di qualcosa non è facile farti cambiare idea. Diventi paranoico. E Pum! Un’altra bomba a mano. E via così. Resistenza ad oltranza, contro ogni evidenza.

Questa vicenda è tra le più istruttive che la storia del secolo scorso ci abbia regalato. Dice così tanto dell’animo umano, del nostro comportamento, di come valori e credenze influiscano e, a volte, offuschino il nostro pensiero razionale.

A questa storia penso spesso quando leggo le posizioni del governo italiano su alcune delle normative europee. Quando leggo i resoconti delle discussioni al Consiglio Europeo, per esempio. Oppure la settimana scorsa, quando un’amica mi ha mandato un articolo di giornale in cui si raccontava che due deputati della maggioranza, zitti zitti, hanno provato a rimettere nel decreto Salva Bollette una serie di misure per finanziare le caldaie a gas. Con le solite argomentazioni che un giorno sicuramente – come dubitarne? – andranno a biometano. Che dico biometano: a idrogeno verde! Ma quale idrogeno verde! Mi voglio rovinare: a gocce di Chanel N5, che scorreranno abbondati, ecologiche e gratuite nei metanodotti italici. Ma per adesso, cacciate i soldi per bruciare il metano libico e russo ché c’è gente che aspetta i dividendi. I proponenti sembravano fintamente ignari che la cosa è ormai proibita da almeno due normative europee.

La cosa mi ha colpito forse perché ero reduce dalla fiera di Francoforte sull’edilizia e la casa, la più grande in Europa, dove ormai le caldaiette a gas si vedono quasi solo negli stand italiani, serbi e slovacchi. Tutto il resto della fiera era un florilegio di pompe di calore di ogni tipo e forma, ecologiche e potenti, in particolare pensare per appartamenti, spazi piccoli, case che non possono essere ristrutturate e devono tenersi i termosifoni.

E mi e venuta la tristezza a vedere come, anche nel consumo di combustibili fossili nelle nostre case, che gonfia cosi tanto le nostre bollette e pesa per tantissimi miliardi sulla bilancia dei pagamenti italiani, anche lì l’Italia marcia spavaldamente compatta in direzione ostinata e contraria. Credere, obbedire, comburere.

Non è il solo caso eh… c’è l’altro grande tema dell’auto elettrica: l’Italia non perde occasione per cercare di convincere chiunque che dietro l’angolo ci sono i combustibili a zero emissioni fatti con la CO2 presa dall’aria, o con l’idrogeno fatto dal metano, estratto dalla cacca del maiale, che morse il gatto, che mangio il topo che al mercato mio padre comprò. Nei corridoi di Bruxelles è diventata quasi una barzelletta.

Un professore delle scuole superiori ricordo che mi insegnò una volta “dum Romae consolitur, Saguntum expugnatur” che in questo caso verrebbe a dire che mentre stavamo a trastullarci con fantasie su carburanti di quarta e quinta generazione per motori a scoppio, i cinesi hanno sviluppato auto elettriche a poche migliaia di euro che qui in Europa ci sogniamo e che non ci arrivano solo per via dei dazi.

Siamo come i costruttori di carrozze a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, quando l’automobile si fece strada. Sicuramente ci sarà stata pressione politica anche da parte loro per evitare l’arrivo del motore a scoppio. Ma alla fine l’ovvio si impose. E anche qui, ineluttabilmente, si imporrà, salvo che quando succederà nel frattempo la nostra industria nazionale avrà perso tempo e non le resterà, temo, che fare harakiri.

E che dire del nucleare? Fa tenerezza, ogni volta che la nostra Presidente del Consiglio o il Ministro alle Esternazioni (dichiara su tutto!) Salvini parlano di energia, sentire presentare le centrali di quarta generazione e addirittura la fusione nucleare come soluzioni che diresti… tangibili. Fattibili. Anzi, quasi quasi ti viene da indossare il giubbetto e correre in strada a vedere se per caso ne passa una, di queste centrali, da quanto le fanno sembrare credibili. Che ne abbiano fatta una nel sagrato della parrocchia e io non me ne sono accorto? La fusione nucleare sta arrivando e io non niente da mettermi, mi ha detto un mio amico preoccupato dell’outfit.

Peccato, però, che la fusione non arriverà che tra vent’anni se tutto va bene. E peccato pure che in un Paese dove non si ha neanche il coraggio di identificare la provincia dove si vorrebbe mettere il (necessario) deposito definitivo di scorie nucleari per cautela politica… chi potrà veramente credere che ci sarà mai un cantiere nucleare di qualsiasi tipo? Con quali tempistiche? Quanti ricorsi al TAR? Quanti comuni, provincie e regioni che si schiereranno contro? Che bloccheranno i percorsi autorizzativi? Anche tralasciando i limiti della tecnologia, dal punto di vista politico sarebbe un suicidio che, non a caso, nessuno ha fatto. Ma parlarne… quello no. Non è un suicidio. Quello si può fare. Anzi più si fa, e meglio è. Più si parla di nucleare e più gas intanto continuiamo a consumare nel frattempo. La perfida Europa ci chiede rinnovabili? E noi romanamente rispondiamo: nucleare! E poi… via! a bere un bicchiere di vino in osteria.

E intanto cresce la povertà energetica del Paese, le aziende non sono competitive per il costo dell’energia e la gente non sa come pagare le bollette. Ma l’orgoglio patrio, almeno a parole, è  salvo.

Domani sorgerà di nuovo il sole, sulle foglie della densa foresta tropicale: respingeremo quei perfidi burocrati europei sul bagnasciuga! non ci avranno mai… Banzai!

Articolo a firma Davide Sabbadin uscito su Vez.News, partner di Heraldo.

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