Forse non tutti i veronesi conoscono Virginia Woolf, ma Virginia Woolf di certo ha conosciuto Verona.

Citare Virginia Woolf significa citare uno dei più importanti nomi della letteratura del XX secolo. La sua fama è ormai penetrata nella nostra cultura generale attraverso alcuni dei suoi titoli più famosi tra romanzi, saggi e articoli, come La signora Dalloway (in originale Mrs Dalloway, 1925), Al faro (To the Lighthouse, 1927), Orlando (1928) e Una stanza tutta per sé (A Room of One’s Own, 1929), ma in verità non molti l’hanno effettivamente letta nella loro vita.

Poco spazio hanno infatti al giorno d’oggi gli autori stranieri nei percorsi scolastici e Virginia Woolf, colpevole in primis di essere una scrittrice britannica e in secondo luogo di essere una delle poche autrici donne riconosciute di fama mondiale, non è di certo stata risparmiata.

Certo è che, se non le sue opere, almeno il suo nome ormai è generalmente riconosciuto ed associato a tecniche narrative pionieristiche come lo stream of consciousness, e a temi molto sentiti legati al pacifismo, al femminismo e al rifiuto della soffocante censura della società vittoriana riguardo il sesso.

A spasso per Verona con il marito e la scimmietta Mitz

È da una breve sosta nella città shakespeariana fatta dalla stessa Woolf in occasione di un viaggio ben più lungo attraverso l’Olanda, la Germania e l’Italia, che parte Roberta Scagliarini per parlare del legame tanto stretto quanto insospettabile di questa scrittrice con Verona. Nella guida letteraria da poco pubblicata A Verona con Virginia Woolf. Una passeggiata letteraria (Elleboro Editore, 2024) Scagliarini, fondatrice di Elleboro Editore, giornalista e appassionata di letteratura di viaggio, immagina che cosa avrebbe potuto aver pensato e visto la Woolf in quella breve passeggiata fatta il 13 maggio del 1935 in occasione di un viaggio realmente compiuto con il marito Leonard e la scimmietta Mitz e di cui abbiamo solo poche righe, tramandate tra l’altro dalla stessa scrittrice. 

Scrive Scagliarini nella prefazione alla sua guida: “Era una grande camminatrice e ogni suo vagabondaggio, a Londra o fuori, era occasione per approfondire idee che stava rimuginando, chiosare libri che stava scrivendo o leggendo, lasciar fluire ricordi ed associazioni mnemoniche”.

Verona città letteraria

Virginia e Leonard Woolf nel 1912.

Passeggiando per i luoghi e le vie più riconoscibili di questa città, il libro raccontata cosa avrebbe potuto pensare, ma soprattutto chi avrebbe potuto incontrare. Verona infatti non è solo una città antica, ma anche una città letteraria, che autori richiama da ogni angolo del mondo e della storia per far parlare di sé: da Dante a Shakespeare, da Franz Kafka ad Ezra Pound. C’è chi ci è passato per davvero e chi l’ha usata solo come sfondo per le sue opere, ma questi fantasmi riemergono e non è un caso che molti di essi siano inglesi e di epoca vittoriana, come Henry James “che andava e veniva dall’Italia, era stato nella città scaligera due volte”, John Ruskin, Oscar Wilde, Lord Byron e Charles Dickens (molti di essi erano ex amici del padre di Virginia Leslie Stephen, il grande redattore del dizionario biografico britannico).

In un gioco di rimando di immagini e idee, dove conta solo il flusso del pensiero che non per forza scorre seguendo filo cronologico della memoria, Virginia Woolf dialoga con ognuno di essi e ci immerge in quella che veniva chiamata “the luxury of loving Italy”, ossia una vera e propria ossessione per Verona, e in generale per l’Italia, che imperversava in Inghilterra e nella sua più stretta cerchia di intellettuali e amici appartenenti al famoso Bloomsbury Group.

Il ritorno a Verona e il bilancio di una vita tormentata

La guida diventa così un’imperdibile occasione per vedere Verona attraverso gli occhi non solo di un turista del passato, ma soprattutto di un inglese che negli anni Trenta aveva una vera e propria venerazione per questa città. A questo proposito le illustrazioni e i disegni che contornano la guida, ad opera di Pia Taccone, corredati di foto e disegni dell’epoca, servono elegantemente al loro scopo.

Ma, come detto poco più sopra, passato, presente e futuro di questa autrice si mescolano ed intrecciano al paesaggio veronese, ed entriamo così nella vita tanto romanzesca quanto travagliata di Virginia Woolf.

Scopriamo così che aveva già visitato nel passato Verona appena dopo la morte del padre nel 1904 e che ora, che ci era tornata a 53 anni, si poteva dire un’autrice di successo dopo una vita passata a temere le critiche e le recensioni degli altri. Scopriamo, però, che temeva anche di avere un ulteriore crollo psichico.

Scagliarini infatti presenta nel suo racconto la scrittrice quando aveva appena terminato la prima versione de Gli anni, ma la lunga ombra gettata da un tentato suicidio avvenuto nel 1913 e da continue crisi depressive che la tormentarono per tutta la vita (a partire dalla morte della madre) le imponevano di prendersi una pausa.

L’ombra di fascismo e nazismo nella vita familiare

Completamente svuotata della sua vena artistica, giura di mettere giù la penna e di svagarsi per almeno un mese in occasione di questo viaggio. Ed è così che il racconto di una passeggiata a Verona in una mattina di piovosa di maggio nel 1935 si mescola non solo alla storia della vita di una delle più grandi scrittrici del XX secolo, ma anche al racconto dell’inizio della dittatura nazista e delle manifestazioni anti ebraiche che dilagarono per tutta Europa e che toccarono anche gli amici e il marito stesso della Woolf, ebreo e apertamente antifascista.

La stessa Verona, dopotutto, si presentava all’epoca come “uno dei centri nevralgici del regime, la terza città del fascio”, come viene affermato nella guida, ma tutto appare tranquillo ai coniugi Woolf durante la loro visita.

L’amore per la lingua e la letteratura italiana

La copertina del libro da poco pubblicato dall’editore Elleboro A Verona con Virginia Woolf.

La narrazione prosegue passando dalla descrizione dei principali monumenti e luoghi di Verona visti attraverso gli occhi della scrittrice a continui flashback della sua vita col marito a Londra e in giro per l’Europa, così come a flash-forward sul loro destino una volta rientrati in patria. Si sofferma poi sulle opere e le parole di grandi autori inglesi che ogni luogo riporta alla mente della Woolf, in un flusso di coscienza ininterrotto.

La stessa Virginia Woolf in occasione del viaggio aveva imparato l’italiano “così bene da aver letto tutti i classici. Dante in particolare la emozionava (…) e Giacomo Leopardi la commuoveva. Aveva letto le commedie di Goldoni (…) e quando scoprì di essersi davvero impadronita della lingua aveva attaccato i contemporanei: Luigi Pirandello, Italo Svevo (…) e Alberto Moravia. Aveva addirittura mandato a memoria Gli indifferenti e, per divertimento, se lo ripeteva a mente stando distesa sul letto”.

Questa guida è quindi un tentativo sicuramente riuscito di immaginare e fondere Verona e la storia della letteratura in generale attraverso tante storie diverse, tutte filtrate attraverso la coscienza di un’unica, brillante, grande scrittrice del XX secolo e, soprattutto, di farci capire che cosa significava la letteratura per lei. Citando una frase di Franz Kafka: “io non faccio letteratura, io sono letteratura”.

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