Nel cuore delle strade argentine si è levato un coro a voci unificate: studenti, docenti e cittadini si sono uniti nella Marcia Federale Universitaria, una protesta massiccia contro i tagli al finanziamento dell’istruzione pubblica nel Paese. Le piazze delle principali città sono diventate il palcoscenico principale della protesta, mettendo ben in evidenza la preoccupazione diffusa riguardo alla sostenibilità e all’accessibilità dell’istruzione superiore nel grande Paese sudamericano.

L’imponente manifestazione, tenutasi martedì scorso contro il drastico taglio del 75% dei fondi destinati alle università pubbliche, ha suscitato una risposta trasversale e decisa. Non solo coloro che si oppongono al Governo, ma anche alcuni sostenitori di Javier Milei si sono uniti alla protesta, indignati dall’idea di un Presidente che sembra voler minare l’istruzione pubblica e universitaria, una tendenza non del tutto nuova nel paese.

Ciò che ha reso particolarmente interessante l’evento, come sottolineato dall’economista Alfredo Zaiat, è stata la sua natura “poli-classista” e “multi-settoriale”, con la partecipazione di pensionati, lavoratori, movimenti sociali e studenti, tutti uniti nell’opposizione a ciò che percepiscono come un attacco alle loro istituzioni e diritti fondamentali.

Una manifestazione dopo l’altra

Questa manifestazione ha evidenziato una crescente unione tra diversi settori della società argentina nel contesto di un malcontento sociale sempre più diffuso. In soli quattro mesi, il Governo ha affrontato quattro importanti manifestazioni di protesta, la prima delle quali organizzata dalla Confederazione Generale del Lavoro, seguita dall’8 marzo, la Giornata Internazionale della Donna, e poi il 24 marzo, il Giorno Nazionale della Memoria, della Verità e della Giustizia, per concludere con l’ultima manifestazione.

Questo dimostra che la storia delle “manifestazioni popolari” in Argentina è ancora viva e reattiva, con ulteriori proteste previste per il 1° maggio, la Giornata Internazionale dei Lavoratori, e il 9 luglio, il Giorno dell’Indipendenza della Repubblica.

Per comprendere appieno l’impatto di questi tagli, è essenziale considerare l’effetto dell’inflazione sul settore dell’istruzione. Nel corso del 2023 e dei primi mesi del 2024 l’Argentina ha affrontato sfide significative legate all’inflazione, con tassi che hanno influenzato pesantemente l’economia del Paese: nel 2023 del 211,4%, nel 2024 (misurata fino al 24/04) del 51,6%.

È preoccupante notare che il budget assegnato è il più basso in termini reali e come percentuale del PIL rispetto agli ultimi sei anni. Questo potrebbe avere gravi implicazioni per le università e per la qualità dell’istruzione superiore in Argentina, perché i tagli rischiano di amplificare le già notevoli disuguaglianze sociali ed economiche nel Paese. Senza un accesso equo all’istruzione superiore, le opportunità per i giovani argentini di migliorare le proprie condizioni di vita e contribuire allo sviluppo del Paese sono notevolmente ridotte.

La Marcia Federale Universitaria ha quindi assunto un significato cruciale, come una voce collettiva che chiede un impegno concreto per preservare e potenziare l’istruzione pubblica. Il professore della facoltà di Scienze Economiche dell’UBA, Javier Curcio, ha evidenziato che il budget per il principale programma universitario rappresenta lo 0,22% del PIL nel 2024. Tale livello è inferiore di meno di un terzo rispetto a quanto destinato negli ultimi sei anni: nel 2018 era dello 0,81%.

Conseguenze immediate e a lungo termine

Il mancato finanziamento dell’università in Argentina comporta una serie di conseguenze immediate e a lungo termine che influenzano sia gli individui che la società nel suo complesso.

La mancanza di finanziamenti porta a una diminuzione della qualità dell’istruzione superiore, con meno risorse disponibili per l’aggiornamento delle infrastrutture, l’assunzione di personale qualificato e lo sviluppo di programmi accademici innovativi, aumento delle tariffe per gli studenti visto che, con meno finanziamenti pubblici a disposizione, le università potrebbero essere costrette ad aumentare le tariffe di iscrizione per coprire i costi operativi.

Ciò limiterebbe l’accesso all’istruzione superiore per gli studenti provenienti da famiglie a basso reddito. La mancanza di finanziamenti porterà, inoltre, a un’inevitabile riduzione delle opportunità di lavoro e alla precarizzazione delle condizioni per il personale accademico, con contratti a termine e stipendi inferiori.

Le conseguenze a lungo termine, invece, sarebbero la riduzione della competitività internazionale, con un impatto negativo sulla reputazione e sull’attrattiva per studenti e ricercatori stranieri. Una bassa capacità di ricerca e innovazione, inoltre, può compromettere la capacità delle università di condurre ricerca di alta qualità e di contribuire alla crescita scientifica e tecnologica del Paese. Ciò può avere un impatto negativo sullo sviluppo economico e sociale a lungo termine.

La diminuzione dell’accesso all’istruzione superiore porta poi a un aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche nel Paese, con meno opportunità per i giovani di accedere a carriere di successo e di realizzare il proprio potenziale. Non meno importante sarebbe poi l’inevitabile “fuga di cervelli”, con studenti e ricercatori, specie se talentuosi, che potrebbero essere spinti a cercare opportunità all’estero, riducendo così il pool di risorse umane qualificate disponibili nel Paese.

In definitiva, promuovere la pace sociale anche nel dissenso richiede un impegno continuo da parte del governo per favorire il dialogo, il rispetto dei diritti umani e la partecipazione democratica, nonché per affrontare le cause sottostanti dei conflitti sociali ed economici attraverso politiche inclusive e orientate al benessere della popolazione, non sembra essere il piano di governo di Javier Milei.

Le foto contenute nella galleria sono state fornite da amici insegnanti universitari che lavorano in diverse città della Argentina.

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