Quanto siamo condizionati dai media? Quanto i mezzi della comunicazione sociale influenzano la politica, i governi e l’economia? Qual è il ruolo dei media nei conflitti e nelle guerre che ci toccano da vicino? Il film Quarto Potere (Citizen Kane), capolavoro del 1941 di Orson Welles, torna dopo anni nei cinema italiani, in lingua originale inglese. Nella sua versione restaurata, il film pone la solita vecchia domanda sui media che è implicita, peraltro, nel titolo.

Il film Quarto Potere (Citizen Kane) si presenta come un’inchiesta giornalistica sulla vita di Charles Foster Kane. Kane, figura inventata, è un personaggio pubblico e tycoon statunitense, proprietario di ben 37 testate giornalistiche e di svariate emittenti radiofoniche. È candidato governatore e protagonista di scandali clamorosi che, finiti sulle prime pagine dei quotidiani, troncano la sua avanzata verso la presidenza degli Stati Uniti.

L’enorme potere dei media sull’opinione pubblica, e sulla società, diventa così uno dei temi centrali del film, proponendo una chiave interpretativa anche del nostro presente. La figura di Kane, in cui pubblico e privato si mescolano inscindibilmente, nella storia del film è indagata da un giornalista, attraverso cinque interviste a persone a lui vicine, che ne restituiscono un ritratto complesso e contraddittorio. Tuttavia, la domanda che si pone è questa: è davvero possibile definire l’essenza profonda di un uomo, per quanto la sua vita sia stata di pubblico dominio?

Un film che ha rivoluzionato la storia del cinema

Definito da Jorge Luis Borges come “il lavoro di un genio” e da Steven Spielberg come “una grande esperienza”, Quarto Potere ha rivoluzionato la storia del cinema. È diventato secondo la BBC e l’American Film Institute il miglior film americano di sempre. Chi studia cinematografia, sa che l’uso della macchina da presa fatto da Orson Welles – protagonista, regista, co-sceneggiatore e co-produttore del film – ha fatto scuola: dai primi piani ai piani sequenza, si muove per accompagnare vita e sentimenti e ruoli dei personaggi. Il tutto con una visione dell’inquadratura che, a oltre 80 anni dall’uscita nei cinema, conserva ancora la sua freschezza comunicativa.

La trama del film – che a Pasqua 2024 è presente nelle sale italiane – è, all’apparenza, di una semplicità unica. Charles Foster Kane, magnate e media tycoon, muore abbandonato da tutti nella sua lussuosa residenza, Xanadu. Ma, prima di spegnersi, pronuncia la parola “Rosebud”. Chi o cos’è Rosebud? E cosa si nasconde tra le pieghe della vita di un individuo che, come lui, è stato in grado di incarnare il Sogno Americano finché quel sogno non è diventato un incubo? Siamo in presenza di un’inchiesta vera e propria, che parte dalla frase detta dal potente moribondo, per cercare la chiave interpretativa della vita di un boss dei media.

Orson Welles durante le riprese del film di cui è stato protagonista, regista, sceneggiatore e produttore

Il potere dei media nel 1941

Il film Quarto Potere (Citizen Kane), fa sapere I WONDER CLASSICS nel riportarlo al cinema dopo 83 anni dall’uscita negli Stati Uniti, viene proposto in un anno – il 2024 – dove più di due miliardi di persone saranno chiamate al voto in tutto il mondo. Di qui, la domanda che il capolavoro di Orson Welles ripropone: quant’è e fino a dove si spinge il potere dei media? Questo potere è tanto forte, pervasivo e influente da condizionarci nel vivere quotidiano, nel votare un certo partito, nel parteggiare per la pace o la guerra?

Le risposte che gli studiosi davano a queste domande nel 1940 erano ingenue, rispetto a oggi. A quel tempo avevamo i mass media (giornali, radio e cominciava la tv). Mentre i media personali si riducevano al telefono, ancora privilegio di pochi, e alla posta fisica, che impiegava del tempo per essere recapitata. Godeva allora di grande credibilità una teoria che non ha alcuna base scientifica: la teoria dell’ago ipodermico (o del proiettile magico o della cinghia di trasmissione). Secondo quella teoria, un messaggio che partiva dai potenti mass media colpiva un pubblico anonimo, con persone che non erano in contatto tra loro, e otteneva dal pubblico l’esatta risposta voluta da chi emetteva il messaggio.

È chiaro che, alla luce di quella teoria, possedere – come il Citizen Kane – 37 testate giornalistiche e svariate emittenti radiofoniche avrebbe voluto dire comandare gli Stati Uniti. Ebbene, la stessa storia di Charles Foster Kane smentisce la teoria dell’ago ipodermico. Mister Kane, infatti, ha provato a fare carriera politica, ma si è schiantato alla prima curva. E non è diventato, come qualcuno poteva sognare, presidente degli Stati Uniti, piuttosto che governatore o senatore. Che tuttavia la teoria affascinasse, ieri come oggi, molte persone è risaputo. Ci avevano pensato le dittature – nazista, fascista e comunista – a dimostrare la potenza della propaganda.

Il fatto è che con il cambiare della società americana (e, a cascata, delle altre società collegate) cambiava anche l’influenza dei media sul pubblico, perché erano le persone a cambiare. Di qui il nascere della teoria degli effetti limitati dei media, dato che tra il giornale (la radio o la tv) che emette il messaggio e il lettore/lettrice che lo legge, nell’influenza mediatica si inseriscono variabili fondamentali: la storia, i vissuti, le relazioni sociali e le idee pregresse di chi quel messaggio riceve. Tra stimolo e risposta, insomma, c’è di mezzo quello che per brevità possiamo chiamare “persona”. Non solo: ci sono pure gli opinion leader (nonni degli attuali influencer) a modificare i messaggi ricevuti dall’audience.

Di qui, la scelta degli studiosi di spostare l’attenzione dal “potere dei media” al “potere dell’audience”. Si sceglie così di studiare come il pubblico di giornali, radio e tv (o poi web) reagisce ai media. Lo studio, come nei piani sequenza del film Quarto Potere, si concentra lentamente da ciò che i media fanno al pubblico, a ciò che il pubblico fa con i media: quali sono le sue abitudini nel fruire i mass media, come si comporta (tempi, modalità di fruzione, reazioni) quando utilizza i media, cosa pensa dei messaggi mediali. È, insomma, una rivoluzione copernicana.

Una scena del film “Quarto Potere”, il capolavoro di Orson Welles

Il potere dei media nel XXI secolo

Il film Quarto Potere (Citizen Kane) torna così nei cinema con l’intento di porre il quesito sul “potere dei media”, alla luce del panorama mediatico contemporaneo. Un panorama ben diverso da quel del 1941, quando Orson Welles diede al mondo il suo capolavoro. La domanda, che gli appassionati del film, si pongono è ancora quella sul potere mediatico. Il problema è che, cambiando prima l’audience e poi cambiando tutto il sistema dei media, dal 1941 a oggi sembra passata un’era geologica.

Nel 1941 il potere dei mass media era quello di organizzazioni professionali (editori, giornalisti, fotografi, reporter) che emettevano messaggi per influenzare il pubblico, per intrattenerlo, per informarlo. Oggi siamo noi stessi emittenti di messaggi, siamo noi stessi mass media. Nel contempo, noi usiamo i media in modo “sociale” nei gruppi online. Non solo: la nostra vita – sia nell’informazione che nelle relazioni interpersonali – passa per lo più dai media che indossiamo. Siamo sempre connessi, sempre in relazione, sempre in un altrove. È tutto un altro mondo rispetto agli anni 40 del Novecento: lo possiamo constatare senza che ce lo dicano i media studies.

Cos’ha, allora, di importante e attuale il film Quarto Potere (Citizen Kane)? La prima caratteristica è quella di portarci, in modo inevitabile, a constatare come il panorama dei media sia cambiato. Sono mutate le sue influenze su di noi; e noi siamo cambiati nell’uso dei media: da spettatori passivi siamo diventati attivi creatori di contenuti; e solerti diffusori di messaggi. La seconda caratteristica è quella di riproporre, comunque, il tema del peso dei media potenti, ovvero quelli mainstream. È provato, infatti, che le conversazioni online, la produzione mediale sui social e il nostro modo di informarci sono comunque rinforzati e legittimati dai mass media, dai media potenti.

C’è poi un altro aspetto, del film di Orson Welles, che dimostra come alla base della scrittura di Citizen Kane vi sia, comunque, un’intuizione geniale sul ruolo dei media. Quell’aspetto è l’attenzione alla parte intima del protagonista, del magnate dei media: i suoi ricordi d’infanzia, il trauma del distacco dalla madre, la slitta che ritorna nella mente del moribondo, il quale in vita era un potente agente della comunicazione.

Se ci pensiamo, la parte intima che Orson Welles fa esporre al suo personaggio, Charles Foster Kane, è quella che i media indossati di oggi – lo smartphone con i suoi WhatsApp, Instagram, Facebook e TikTok – fanno esporre a tutti noi. Tutti noi siamo l’uomo interiore Charles Kane, che nella comunicazione di massa vede il palcoscenico della gloria e del successo; ma poi affida alla comunicazione intima l’espressione della propria anima.

Trailer del film Quarto Potere (Citizen Kane)

Il film Quarto Potere (Citizen Kane) va poi oltre. Nel ritrarre il magnate dei giornali e delle stazioni radio, Orson Welles ci mostra come vi sia un “uomo pubblico”, nel ricco Kane, che ha una certa immagine. E come vi sia un “uomo privato”, che corrisponde in modo più autentico a ciò che egli è. È quanto ho potuto verificare studiando il caso giudiziario di Lorenzo Bozano, che pur essendo castano scuro di capelli, pur non avendo alcun tipo di parafilia, è passato alla cronaca nera come “il biondino della spider rossa”. E come un “deviato sessuale”, che insidiava le ragazzine.

Anche nel caso di Lorenzo Bozano i media hanno svolto un ruolo potente e fondamentale, nello scindere la persona pubblica e la persona privata. A questo argomento è dedicato il podcast “Il Colpevole Perfetto. La storia sbagliata di Lorenzo Bozano e Milena Sutter”. I media, siano essi espressione di film o podcast o blog o profili social, sono infatti l’occasione anche per riflettere sul ruolo che i mezzi della comunicazione sociali hanno nelle nostre vite. Nel 1941 come oggi.

(Foto del film concesse da I WONDER CLASSICS)

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