Andrea Pennacchi, per tutti, è il Pojana. E non c’è nulla da fare: il suo personaggio, pilastro della trasmissione de La7 “Propaganda Live” è diventato, a suo modo, un punto di riferimento per tanti, soprattutto per chi vuole riflettere, a denti stretti, sui difetti del popolo veneto. Si tratta di una “macchietta”, ovviamente, sapientemente costruita e resa credibile dai tanti riferimenti all’attualità politica e sociale che ci circonda, ma che fra una battuta e l’altra sa evidenziare molto bene i pregi e soprattutto i difetti di chi abita nelle nostre terre.

Far riflettere divertendo (o divertire facendo riflettere) è da sempre, fin dagli albori del cinema e quindi poi anche della televisione, uno dei compiti dei comici. E lui sa incarnare perfettamente questo ruolo, con garbo e bravura.

Andrea Pennacchi e Giuseppe Civati ieri pomeriggio in Piazza Isolo (Verona)

Di certo come attore Andrea Pennacchi non si ferma qua. Perché fra teatro, cinema (di recente lo abbiamo visto nelle sale in “Welcome to Venice” di Andrea Segre e in tv in “Il divin codino”, pellicola dedicata alla vicenda calcistica di Roberto Baggio) e serie tv (“Petra”), l’artista padovano si da parecchio da fare. Verrebbe da chiedersi, quasi, dove trovi il tempo per scrivere, visto che ieri a Verona (in piazza Isolo, in collaborazione con il Grande Giove) di fronte a un centinaio di persone è venuto a presentare – su iniziativa di Giuseppe Civati e della sua casa editrice People – il suo terzo libro, La storia infinita del Pojanistan, che segue a distanza di breve tempo Il Pojana e i suoi fratelli e La guerra del Bepi.

Pennacchi, è arrivato rapidamente alla sua terza opera letteraria. Qual è l’evoluzione e cosa ritrovano i suoi lettori in questo libro, rispetto ai precedenti?

«Il collegamento fra i tre libri è sempre questa terra immaginaria, il Pojanistan, che è un luogo dove si verificano determinate condizioni e che coincide di fatto con la nostra regione, il Veneto, anche se poi il concetto di fondo è anche più ampio. Era un mio sogno mettere insieme personaggi particolarmente demoniaci, come a volte può essere proprio il Pojana, con i figli di queste terre che hanno lasciato bellezza e una vena utopistica. E allora ne La storia infinita del Pojanistan volevo descrivere queste due creature in continua lotta, fra il bene e il male, che non possono vivere l’una senza l’altra. Due facce della stessa medaglia.»

Verona, fra l’altro, è ben presente nell’opera: le caverne di Molina, Emilio Salgari…

La copertina del nuovo libro di Pennacchi

«A me piace molto Verona. Ogni volta che vengo mi ci trovo sempre molto bene. E qui si scovano storie molto interessanti come appunto quella di Salgari, ma non solo. Da bambino, fra l’altro, ero un grande appassionato dei suoi romanzi. Per me poterlo raccontare è stata una gioia purissima. Poi visse anche personalmente delle avventure stranissime. A cominciare dal celebre duello, in qualità di giornalista de L’Arena, con il giornalista dell’Adige. Poveretto: lo presero tanto in giro ma poi lui quel duello l’aveva vinto.»

I “Camerata Neanderthal”, come li chiama lei nel libro, vivono e combattono insieme a noi. E le cronache di questi giorni sono lì a testimoniarlo. La letteratura, l’arte, possono essere un modo per combattere queste situazioni?

«In generale la cultura è sempre un modo per affrontare i conflitti, che è normale ci siano. Ma che poi prendano delle pieghe così oscure e potenzialmente distruttive rispetto a quanto fatto prima quello no, non ci sta. Se avessimo, però, più familiarità con il teatro, ad esempio, sarebbe più difficile essere così stolti nell’affrontare i problemi. Il teatro era stato inventato appositamente per mettere in scena i conflitti di una società e venire a patti con essi. È che purtroppo non siamo più familiari con quella funzione ed è un peccato enorme. Era una valvola di sfogo straordinaria. Le opinioni nella nostra società sono varie ed è importante che sia così, ma possono creare inevitabilmente conflitti. Avere un terreno dove gestire il conflitto, e questo le arti lo forniscono, probabilmente permetterebbe alle cose di andare un po’ meglio.»

Andrea Pennacchi mentre presenta a Verona La storia infinita del Pojanistan.

Teatro, cinema, libri, televisione… sembrano essere per lei un’unica grande fonte di ispirazione. È così?

«Si, certamente. È tutta un’unica radice e la radice è quella del desiderio di raccontare storie. A me piace innanzitutto ascoltarle e vederle, dal cinema al vecioto al bar con i suoi ricordi. Ci sono delle storie in cui a volte mi imbatto che sono così belle, che se poi non le racconta nessun altro non posso fare altro che raccontarle io. Funziona così. È un bisogno quasi fisico.»

Cosa si prova ad essere uno dei “rappresentanti culturali” del Veneto, di cui si parla quasi sempre in termini di imprenditoria o di cui si riportano gli aspetti negativi? C’è anche tanta bellezza nella nostra regione…

«È, in effetti, una grande responsabilità per me. In realtà, però, non sono certo l’unico a essere portavoce di questa bellezza. Ho avuto solo la fortuna di finire in televisione, che ti dà una notorietà enorme. È pieno, nella nostra regione, di cose belle e spero sempre che anche per i tanti bravi giovani artisti ci siano prima o poi buone possibilità per un futuro migliore.»

© RIPRODUZIONE RISERVATA