La comunicazione politica ai tempi di Trump
In due incontri con studenti e pubblico l'ex direttore di Rai 1 (ma non solo) Mauro Mazza ha provato a spiegare la funzione dei media e il loro peso politico.
In due incontri con studenti e pubblico l'ex direttore di Rai 1 (ma non solo) Mauro Mazza ha provato a spiegare la funzione dei media e il loro peso politico.
Mauro Mazza, ex direttore di Rai 1, TG 2, Rai Sport, e anche ex direttore artistico del Festival di Sanremo alcuni giorni fa è venuto a Verona e nello stesso giorno ha partecipato a un paio di incontri: la mattina con circa 300 studenti della Scuola superiore Copernico-Pasoli, organizzato dalla “Rete scuola e territorio, educare insieme” e, nel pomeriggio, con il folto pubblico intervenuto presso la Società Letteraria per l’evento organizzato dall’”Associazione Italia Stati Uniti di Verona”. Di cosa ha parlato? della comunicazione politica americana da Kennedy a Trump, attraverso un racconto, un viaggio nei media: la radio, la televisione, i social.
Tutto cambia con la stampa, ma soprattutto con la radio. Mazza ricorda i discorsi del caminetto di Franklin Delano Roosevelt, il primo presidente che si è rivolto regolarmente e direttamente a tutto il pubblico americano attraverso la radio. Il primo discorso è del 1933, il giorno dell’insediamento. La formula delle chiacchierate si rivela vincente. Il mezzo avvicina un uomo di grande potere alla gente. Chiunque può sentire la sua voce seduto sul divano di casa propria. Non era mai accaduto prima. Il volto e la voce del potere erano per pochi, per gli eletti, per coloro che circondavano il capo. Pochi incontravano o vedevano il Re o il Papa e il mezzo, il medium, modifica questa relazione. Mazza poi passa alla televisione e al dibattito tra Kennedy e Nixon del settembre 1960. Lo stravince il candidato democratico che poi ottiene la presidenza. Si era preparato bene per le telecamere: calmo, seducente e convincente; sa esattamente cosa fare, a differenza del suo avversario: nervoso, sudato, confuso. Kennedy vince perché aveva gestito meglio la sua comunicazione.
Il tema che avvince il giornalista, in fondo, è uno: comprendere, dall’alto della sua esperienza, se sia più importante il contenuto o la sua forma. Mazza si pone nel mezzo: contano tutte e due allo stesso modo. Diciamo che un contenuto senza una buona forma resta poco efficace. Si passa poi ad altri presidenti: Reagan, Clinton, Obama e Trump. Tutti con una grande abilità comunicativa. I primi due usano la televisione con grande disinvoltura. «Si tratta della comunicazione “spray” – spiega – Attraverso la televisione il messaggio va nell’aria e raggiunge le persone. Ma non è un messaggio diretto.»
Qualcuno raccoglie il messaggio, altri no. Tutto cambia con Obama e la campagna sui social. Il messaggio perde la sua consistenza gassosa e nebulosa e diventa mirato. Raggiunge il singolo, su Facebook, Twitter. Tutto, infine, sarà addirittura ingigantito da Trump con i suoi 12mila tweet da quando è presidente. Un’enormità. Presi tutti insieme, uno dietro l’altro, supererebbero in lunghezza qualsiasi opera letteraria mai prodotta dall’Uomo. La politica passa dai racconti del caminetto ai talk show per arrivare ai messaggi social.
Ingigantire il messaggio, però, non sempre è così utile. Renderlo più massiccio non significa aumentare le vendite. Meglio agire sui bisogni del consumatore. Mazza fa l’esempio di una nota bevanda che invece di mettere manifesti e gigantografie in un cinema, preferisce spendere per aumentare il sale nei pop corn o il riscaldamento. La sete e il bisogno verranno da sé.
Questi temi saranno ripresi nel pomeriggio nella relazione USA e Italia verso il voto. Nuove frontiere della comunicazione: «Pochi anni or sono eventi come la Brexit – racconta –, l’elezione di Trump o il fenomeno Cinque Stelle, non sarebbero stati possibili. È impressionante e velocissima la trasformazione della politica: messaggi, strategie e strumenti di comunicazione. L’avvento dei social media ha mutato il quadro radicalmente. Ogni singolo cittadino/utente/elettore è monitorato costantemente, controllato, spiato. Società specializzate hanno il compito di condizionare le nostre scelte e preferenze (non solo politiche). Dobbiamo conoscere e riconoscere i pericoli che si nascondono dietro espressioni come black propaganda e deep fake. Solo così – prosegue – sapremo difendere il bene più prezioso: la nostra libertà.” Parliamo infatti di nuovi fenomeni comunicativi: fake news e deep fake. Le parole di Yuval Harari, tratte da Homo Deus, ci tornano in mente: “In passato, la censura operava bloccando il flusso di informazioni. Nel XXI secolo la censura opera inondando la gente di informazioni irrilevanti… Nei tempi antichi deteneva il potere chi aveva accesso alle informazioni. Oggi avere il potere significa sapere cosa ignorare.»
La nuova propaganda è la disinformazione online. La forza si misura nella capacità di costruire la macchina del fango e Mazza, su questo, ci riporta molti esempi: fra questi il celebre caso del politico attaccato in tv, che il giorno dopo scredita il giornalista scagliandogli addosso i suoi “pitbull” che gli rimandano addosso tutta la melma ricevuta con lo stesso politico che poi solidarizza con il giornalista, salvandosi la coscienza, ma dicendogli tra le righe: “Adesso capisci cosa vuol dire sentirsi attaccati per fatti simili”.
Ma il discorso si fa ancora più infido. La rete può distruggerti attraverso i deep fake: personaggi finti, ricostruiti virtualmente, sembrano veri. Sono veri? Mazza ci mostra un video di Striscia La Notizia, un deep fake dove Renzi, la Venier, Papa Bergoglio e Calenda cantano Jingle Bells. Tutto finto, ma sembra tutto verissimo. Sono loro ma non sono loro, o viceversa. Insomma, ci aspettano belle sorprese perché se il video fa sorridere, le possibilità di utilizzo ci sfuggono ancora. L’idea di un cattivo utilizzo non pare qualcosa di così inimmaginabile. Anche James Dean potrebbe tornare a recitare, come mostra l’ultimo video proposto nell’incontro da Mazza. I morti non moriranno, almeno cinematograficamente, perché dei cloni li sostituiranno. Da un lato tutto ciò può apparire intrigante, ma dall’altro preoccupa. Fin tanto che l’uomo riuscirà a mantenere l’ultima decisione saremo qui a parlarne per fortuna, ma un domani chissà.
Siamo alla vigilia di nuove frontiere della Comunicazione. Mauro Mazza conferma le sue capacità di sintesi insieme a quelle di approfondimento, condite da una forza seduttiva che non è da tutti. La sala piena, attenta, partecipa all’evento con tutta una serie di domande e curiosità alle quali il giornalista risponde con la solita passione e disinvoltura. Una, inevitabile, su tutte: «Previsioni sul prossimo Presidente Americano?» gli chiede qualcuno. Per Mazza, al momento, ci sono pochi dubbi: «Trump.»