È golpe? È sicuramente presto per dirlo. Di certo c’è solo che molti, fra giornalisti e politologi, in questi ultimi giorni hanno evocato i peggiori dittatori del Novecento – a cominciare da Adolf Hitler e Benito Mussolini – per descrivere il comportamento del premier ungherese Viktor Orbán di qualche giorno fa, quando ha letteralmente spinto il Parlamento a concedergli pieni poteri a tempo illimitato per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Spinto perché di fatto ha messo con le spalle al muro l’opposizione – che inizialmente voleva quantomeno porre un limite temporale – con l’aut aut “o così o niente”. Alla fine il leader della destra populista ha ottenuto quello che voleva con 137 voti a favore e 53 contrari. E così ora Orbán, che fin dall’inizio del suo primo mandato già dieci anni fa si è sempre contraddistinto per le sue riforme considerate liberticide (dai limiti imposti alla Corte Costituzionale a quelli alla stampa) e che la filosofa Agnes Heller nell’intervista concessa alla nostra Fabiana Bussola aveva definito come “illiberale”, ora potrà addirittura imporre il coprifuoco e prevedere fino a cinque anni di reclusione per chi ostacola il contenimento del virus o diffonde fake news.

Un’immagine della scenografica sede del Parlamento Ungherese

Il tutto per un’emergenza che al momento nel Paese magiaro appare ancora – almeno stando alle cifre ufficiali – molto limitata, con poche centinaia di contagi su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti. Insomma, quella di Orban appare più una presa di posizione utile soprattutto a prendere in mano, con ancora maggior potere, le redini del suo Paese, che ultimamente gli stavano un po’ sfuggendo. Non a caso era da tempo in calo di consensi e la perdita della municipalità della capitale Budapest, ora in mano alle forze di opposizione, era stata per lui un chiaro campanello d’allarme. Anche lontano dalle grandi città, però, il suo consenso stava leggermente scemando e Orbán aveva bisogno di un pretesto per ritornare in auge e apparire – soprattutto in vista delle prossime elezioni politiche che potrebbero non consegnargli la maggioranza dei 2/3 del Parlamento – il “buon padre di famiglia” che si occupa della sua gente nell’emergenza.

L’architetto ungherese Gergely Agoston

«Il risultato di questo provvedimento – ci racconta l’architetto ungherese Gergely Agoston, che vive a Verona da trent’anni ma che ha in Ungheria ancora buona parte della sua famiglia – è che Orbán può ora fare quello che in Italia sta facendo dall’inizio della crisi Giuseppe Conte per fronteggiare l’emergenza. Lo autorizza, di fatto, a procedere per Dpcm continuativi. Il problema è che in Ungheria non è stato previsto un termine temporale, cosa che invece avviene in tutti gli altri Paesi europei alle prese con il virus. Lui, che è uno “scacchista” molto abile, ha messo l’opposizione in una posizione assurda: se quest’ultima avesse votato sì alla richiesta del premier, avrebbe significato tradire tutto quello in cui aveva sempre creduto, ma votando no sarebbe passata da forza politica pro-migranti, come è sempre stata presentata dalla maggioranza, a forza politica pro-coronavirus.»

Insomma, Viktor Orbán, andato al potere nel 2010 fra le fila di Fidesz con il fondamentale appoggio del partito di ultradestra Jobbik, in quest’occasione ha approfittato del virus per forzare ulteriormente la mano e ottenere un proprio tornaconto personale. Perché in fondo il fiorino si sta svalutando in fretta (negli ultimi tre mesi ha perso più del 10% del proprio valore) e l’economia del Paese mitteleuropeo non viaggia più sui ritmi del passato, quando la “cura Orbán” dei primi tempi aveva permesso al ceto medio-basso ungherese di risalire su livelli economici più che accettabili. Disoccupazione negli anni quasi azzerata e crescita costante attestata attorno al 6% hanno permesso negli anni un notevole balzo, in termini di qualità della vita generale, non indifferente.

Le strade e le piazze di Budapest sono deserte

Ora però, con l’economia di nuovo in difficoltà e migliaia di licenziamenti all’orizzonte, Orban ha la possibilità di addebitare tutta la colpa al virus e assumere anche il ruolo del “salvatore della Patria” con i suoi provvedimenti draconiani. «Nonostante i numeri dei contagiati siano ancora molto bassi, sono state comunque prese decisioni drastiche, come ad esempio quella di permettere l’uscita per la spesa al supermercato solo per fasce orarie a determinate classi d’età – prosegue Agoston –. Gli ungheresi sono mediamente molto disciplinati e anche senza l’obbligo imposto dal governo hanno deciso in gran parte di rimanere a casa per evitare il più possibile i contagi. Budapest è deserta e gli scenari in tutto il Paese sono postapocalittici, esattamente come qui da noi. Tutto questo, per tanto, non giustifica in alcun modo la manovra di Orbán, che ha volutamente ecceduto nei toni per prendere i pieni poteri a tempo illimitato. C’è chi dice che già in passato Orbán aveva utilizzato questi mezzi per prendere temporaneamente i pieni poteri e poi restituirli regolarmente, non tradendo quindi mai la fiducia che gli era stata concessa. Probabilmente farà così anche in quest’occasione, ma nel frattempo sarà risalito nei consensi e potrà essere rieletto alle prossime elezioni con un buon margine sull’opposizione e poter continuare a governare per altri cinque anni. È quello il suo vero obiettivo. E di fatto il Covid-19 rappresenta per lui il biglietto per il terzo mandato.» 

Orbán viene considerato dal ceto medio-alto ungherese il prezzo da pagare per una situazione economica che comunque, pur con le recenti difficoltà, non è la peggiore vissuta nella millenaria storia del Paese. Nonostante questo il dissenso interno, portato avanti soprattutto da alcune coraggiose testate giornalistiche online, monta da tempo e il Premier ungherese, oltre ad aver varato agli esordi alcune leggi ad hoc, ha giocato anche sugli aspetti finanziari dell’imprenditoria giornalistica, affossando di fatto i giornali non allineati e critici nei suoi confronti. Come il caso della storica “Népszabadság”, il giornale di orientamento progressista che nel 2016, dopo 60 anni di attività, ha chiuso i battenti, affossato da quella cricca di imprenditori e politici vicini ad Orban in grado di smuovere il mercato e la finanza interna e decidere, come in questo caso, sulla sopravvivenza o meno di chi opera in determinati settori come l’informazione.

«Di fatto anche se alle prossime elezioni Orban non raggiungesse la maggioranza – conclude Agoston – sarà comunque difficile scalzarlo politicamente dalla scena. Ci vorrebbe comunque del tempo e poi bisognerebbe capire se esista davvero l’intento di farlo, in Ungheria. Con le sue riforme e la sua azione Orbán ormai si è innestato nel Paese in maniera molto strutturale e strutturata. Pur avendo giocato non poco con le libertà democratiche degli ungheresi probabilmente il giorno in cui Orban perderà le elezioni e andrà al potere qualcun altro, questi non smonterà tutto quello che è stato fatto in questi anni.»

E in tutto ciò l’Europa è di fronte a un bivio: se sanzionerà l’Ungheria di fatto darà nuova linfa a quel pensiero sovranista che da sempre sostiene la politica del premier, mentre se continuerà ad aiutarla con i suoi fondi Orbán si prenderà il merito di aver ottenuto dalla UE ciò di cui il Paese aveva bisogno, senza aver ceduto di un centimetro sulla sua sovranità interna. Un bel pasticcio, insomma.

(La foto in evidenza proviene dal profilo pubblico Facebook del Premier)