Il mondo chiede al presidente cinese Xi Jinping di prendere le distanze dalla Russia, di isolare Putin e aprire la strada a un negoziato che porti alla fine dell’invasione. Allo stesso tempo, Vladimir Putin viene incriminato dalla Corte di Giustizia Internazionale per crimini di guerra, nel tentativo di delegittimarlo agli occhi di chi ancora vede in quel signore arzillo un eroe nazionale. E loro due, cosa fanno?

Si trovano per una partita a briscola. Ma le carte sul tavolo sembrano davvero variegate e merita fare un passaggio per comprendere quanto e perché sia importante la visita di Xi al suo amico “no limits”, come lui stesso ha definito Putin.

Ovvio: si rafforzano le relazioni bilaterali

Se c’è mai stato un dubbio sul rapporto tra Xi e Putin, la visita ha reso evidente che si tratta di un’amicizia pronta a tutto, senza limiti o ripensamenti. Xi è arrivato al punto di esprimere pubblicamente il suo sostegno a una candidatura che ancora non c’è, quella per le elezioni del 2024. Tutto molto “cinese” non c’è che dire, tanto valeva congratularsi direttamente per la vittoria.

Ma vista da fuori la relazione appare sempre più sbilanciata. Questo è evidente in senso economico, con il partner cinese ad assorbire le materie prime russe rimaste invendute in seguito alle sanzioni. E lo è altrettanto sul piano strettamente politico: basta dare un’occhiata alla formulazione tutta orientale e tutta comunista della dichiarazione congiunta firmata dai due.

Il presidente cinese Xi Jinping

Un documento che, con un titolo lungo quasi come il contenuto, «mira a intensificare la collaborazione strategica a tutto tondo, per un coordinamento degli sforzi in vista della Nuova Era». Leggero, insomma. Per chi fosse poco pratico, la Nuova Era è il nome brillantemente dato da Xi a quel periodo storico iniziato – sarà un caso – con la sua propria elezione a leader del Partito Comunista Cinese, nel 2012, e che punta dritta verso il «raggiungimento del Sogno cinese nel 2049». La maiuscole sarebbero molte di più, ma oggi tentiamo di fare i minimalisti.

Un’alternativa agli USA per il corridoio sud-sud

Forse è proprio questo il motivo più pressante per una visita fatta in questo momento e con modalità da gossip che garantiscono ampia copertura mediatica. La visita dimostra alle altre lettere dell’ormai famoso acronimo BRICS che Cina e Russia sono un pacchetto tutto compreso e che, unite come non mai, non temono di fronteggiare gli USA.

La forte espansione dei Paesi emergenti, la loro migliorata collaborazione economica e le somiglianze politiche (seppur con grandi differenze) hanno polarizzato sempre più la divisione con l’occidente globale di visione storica. È sotto gli occhi di tutti la crescente influenza del G20 rispetto al G7 e proprio, si vuol far notare con la visita, da quando non è più G8, visto che il gruppo dei cosiddetti “grandi” non include più appunto la Russia. Tu pensa se Xi riuscisse a riportare la pace nel mondo, quella che è il sogno di ogni Miss America che si rispetti… sarebbe un (altro) gran bel colpo.

Un nuovo paradigma in politica estera

Con questa visita Xi ha seppellito Deng e i decenni passati a dibattere del suo mantra, il “basso profilo” nella politica internazionale. Xi toglie decisamente la testa dal libro, petto in fuori e pancia in dentro si presenta al mondo occidentale come un attore qualificato, pronto a predicare assertività e a fissare un programma in diversi punti per raggiungere la pace.

Xi arriva a definire gli USA una «fonte di preoccupazione e instabilità internazionale». Nell’ambito di questo nuovo paradigma diplomatico sembra quasi passare in secondo piano lo storico incontro che Xi ha organizzato qualche settimana fa. I massimi vertici di Iran e Arabia Saudita, i peggiori nemici che tengono in sospeso l’intero scacchiere mediorientale, sono stati suoi ospiti per la prima volta, di persona e senza armi (sembra utile sottolinearlo). Evento epocale che però sembra solo la prova in costume per quel che ancora ci aspetta.

Il dragone tutto bene, sì?

La nuova forza di Xi scaturisce dal grande successo ottenuto durante la seduta plenaria del PCC, o meglio le Due Sessioni, come dicono loro. E si sono viste cose interessanti, al di là della gloria personale. Si rileva infatti riconfermata e intensificata l’indiscussa e indiscutibile supremazia delle ragioni del Partito su quelle dello Stato. Che non pensavamo fosse possibile fare di più si capisce dal numero assurdo di aggettivi.

Xi fissa un traguardo di crescita abbordabile per incassare una nuova vittoria anche in un anno drammatico, insiste a portare avanti la sua agenda politica, con nuove riforme che andranno ad aumentare il controllo del partito sul sistema finanziario ma anche su hi-tech e innovazione. Xi vuole cambiare il modello di crescita, cambiare la formula ma non il risultato.

Nonostante il rallentamento economico, legato sicuramente alle tensioni internazionali che impattano sul commercio globale ma anche – sul piano domestico – alla difficoltà di far ripartire i consumi. Nonostante un tasso di disoccupazione giovanile stimato al 18%, un malcontento sociale esasperato dalle assurde politiche per il contenimento del Covid.

Senza contare un altro elemento di cui si parla sempre troppo poco: il debito pubblico che supera il 270% del PIL e, al netto di grossi deficit di trasparenza nei dati, ha una struttura davvero peculiare, in larga parte domestica. A comprare i titoli emessi da ciascun livello amministrativo cinese (municipalità, province, regioni, Stato centrale) sono infatti le altre amministrazioni pubbliche cinesi, quando non si tratta di veicoli finanziari creati ad hoc. Un meraviglioso dragone, elegante e fiero. Almeno finché nessuno dei portatori inciampa.

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