L’immigrazione è da sempre un tema divisivo nella politica nazionale, con posizioni polarizzate da uno scambio continuo di propaganda positiva e negativa che lascia l’italiano medio a capirci poco o niente. Questi dicono che siamo invasi, questi altri sostengono che sono necessari all’economia; uno spinge l’accoglienza per tutti, indistintamente, e l’altro impone chiusura totale. È un brutto mondo per gli italiani, costretti a scegliere una fazione, impotenti di fronte a tante mistificazioni. Ma è un mondo decisamente peggiore per i migranti.

Numeri europei

Dopo la grossa crisi migratoria del 2016-17, il numero degli arrivi in Europa attraverso il Mediterraneo sono calati drasticamente. A partire dal 2020 i numeri sono tornati a salire, complice la crisi pandemica ed economica globale: nel 2020 sono stati circa 100.000, nel 2021 114.000 e nel 2022 ci sono stati 180.000 sbarchi . Per il 2023 il dato non è definitivo ma si parla di ben 285.000 persone, con quote crescenti di minori. Se confermato, si tratta del numero più alto dal 2017 in aumento del 55% anno su anno.

Per quanto riguarda le rotte di arrivo, il 73% dei migranti ha usato il Mediterraneo centrale (da Libia e Tunisia verso l’Italia), l’11% l’attraversamento Marocco-Spagna e il 16% la rotta orientale, attraverso la Turchia per arrivare nei Balcani, oppure a Cipro e in Grecia. Secondo l’Agenzia UE per l’Asilo, le richieste hanno raggiunto livelli record per molte nazionalità, tra cui Paesi in guerra (Congo, Yemen, Bielorussia) ma anche soltanto in crisi economica (Egitto, Tunisia, Moldavia).

Numeri italiani

Per l’Italia esistono dati puntuali, rilasciati su base giornaliera dal Ministero degli Interni. Nel 2021 abbiamo ricevuto 67.000 persone (circa il 60% di tutti gli arrivi verso l’Europa), nel 2022 oltre 105.000 (58% del totale) e nel 2023 quasi 156.000 migranti (55% del totale stimato). Da un lato la quota a carico dell’Italia sembra in trend discendente, dall’altro i numeri sono sempre più imponenti e mostrano un preoccupante +130%.

Merito o colpa di una parte politica, non sembrerebbe, almeno a guardare chi è stato al governo negli anni tranquilli e chi in quelli di crisi. Va inoltre rilevato che gli arrivi sulle nostre coste riguardano solo in misura trascurabile Paesi in situazione di guerra conclamata, raramente si tratta di sfollati. La maggior parte vengono in Europa alla ricerca di un lavoro che permetta di sopravvivere, fuggono da Paesi con scarsa libertà e ancor meno possibilità.

Politiche europee

Nel 2015 la politica delle “porte aperte” introdotta in Germania dall’allora cancelliera Angela Merkel aveva incoraggiato molti migranti a spostarsi e da allora la UE ha tentato di controbilanciare gli effetti con un approccio sempre più centrato sulla sicurezza interna, nel tentativo di dissuadere gli stranieri. I cosiddetti Stati di frontiera (tra cui l’Italia) hanno ricevuto fondi speciali per migliorare la sorveglianza dei confini, costruire barriere e aumentare il personale di vigilanza.

A casa nostra si sono implementate misure che hanno rafforzato i poteri delle autorità portuali, rendendo più complesso per le navi ONG le operazioni di ricerca e recupero migranti nel Mediterraneo. Politiche definite nuove, efficaci, promosse a gran voce da chi le ha da sempre sostenute. Eppure, i numeri non mentono e a quanto pare la retorica della linea dura non ha effetti pratici sulle persone che partono.

Il “Nuovo patto per le migrazioni e l’asilo”

La prima stesura del Patto fu proposta dalla Commissione europea nel 2020 e, dopo anni di difficili negoziazioni, è stato approvato dagli Stati membri a fine 2023. Si pone l’obiettivo di stabilire un contesto operativo comune, per eliminare i diversi trattamenti dei migranti nei vari Paesi europei. Vuole dimostrarsi più resistente a future crisi migratorie, combattere gli abusi e i traffici illeciti, oltre a formalizzare il supporto agli Stati di primo sbarco. Tutto bello, anche se forse il lato umano della questione sembra passare in secondo piano nel testo concordato, relegato a qualche frasetta qua e là. Ma, si diceva, è un brutto mondo per essere migranti.

I cambiamenti più rilevanti riguardano un nuovo sistema di screening e registrazione dei migranti irregolari, con nuove procedure di frontiera che permettano il respingimento immediato di chi non ha diritto manifesto all’asilo. Ci saranno procedure accelerate e pubblicizzate per la designazione di uno Stato di provenienza come “sicuro”, in modo da scoraggiare chi parte sapendo che verrà rimpatriato subito.

E l’acclamata solidarietà tra Stati?

Il punto più dolente, su cui molti politici italiani hanno cantato e declamato una schiacciante vittoria, resta il sistema per cui la nazione di primo approdo è responsabile del migrante. Ecco, delude vedere come tale principio resti di fatto intoccato, come siano presenti alcuni correttivi ma tutti su base volontaria. Non esiste l’obbligo per uno Stato “secondario” di accettare i migranti provenienti dallo Stato “primario” ma un molto più generico impegno a farlo, con possibilità di sanare un rifiuto con pagamenti monetari a favore dello Stato di frontiera.

Al contrario, ci saranno nuovi adempimenti e obblighi (ma anche fondi) per gli Stati di arrivo, come l’Italia, che dovranno costruire nuove aree per l’identificazione e registrazione dei migranti arrivati senza regolari documenti. Tale procedura può durare anche 7 giorni, durante i quali i migranti restano nelle strutture di prima accoglienza (da costruire, nuove e belle).

Dal censimento si passa alla seconda fase in cui eventuali soggetti ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico e quelli di nazioni “sicure” o con basso tasso storico di concessione dell’asilo vengono dirottati agli enti di frontiera che decideranno del loro futuro entro tre mesi. Gli altri seguono il normale iter di richiesta asilo, con durata fino a sei mesi.

Tra dire e fare… il mare

Mancano ancora molti dettagli importanti prima di poter parlare di effettiva implementazione del Nuovo Patto migratorio. Per cominciare, la Commissione europea deve dotarsi di un nuovo apparato burocratico (se ne sentiva la mancanza, eh) che controlli l’applicazione dei nuovi processi, che regoli il meccanismo zoppo di solidarietà, che risolva probabili tensioni. Deve inoltre allocare i fondi necessari agli Stati membri di frontiera per allestire nuovi campi di accoglienza, nuovi centri di detenzione, per organizzare rimpatri e assumere personale.

C’è poi una concreta probabilità che, nonostante il testo condiviso da tutti, resistano diverse interpretazioni locali che permettano di aggirare le regole, o vuoti normativi in cui infilarsi per evitare oneri spiacevoli. Solo quando tutto il meccanismo diventerà concreto e operativo, ma si parla di almeno un paio d’anni, potremo decidere se davvero il compromesso trovato sarà utile a gestire efficacemente le migrazioni.

L’attuale sistema appare ai nostri occhi occidentali già terrificante, sia per le storie di violenza e soprusi che imbrattano tutta Europa, sia per le condizioni al limite dell’umanità dei centri di accoglienza, costretti a ospitare numeri ingestibili di persone. Fa tutto già schifo, obiettivamente, ma gli arrivi aumentano. Un Nuovo Patto, nuove regole e maggiori difficoltà non sembrano sufficienti a fermare le migrazioni, a placare il desiderio di una vita migliore.

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