Sabato 18 novembre, l’amministrazione comunale ha avviato ufficialmente “Viviamo Verona”, il processo partecipativo per pianificare la città.

Il sindaco Damiano Tommasi ha voluto chiarire: «le città sono le persone e i quartieri in cui vivono, tutti possono e devono fare la loro parte per migliorare la qualità della vita della comunità e del contesto urbano della città». Ha quindi aggiunto: «Mi piacerebbe che all’uscire di casa, intesa come abitazione, corrispondesse un altrettanto entrare in casa, inteso come uno spazio di tutti e che come tale ha bisogno della cura di ciascuno».  

Sulla base di quanto il sindaco ha espresso, si evince che il processo di pianificazione partirà con l’iniziativa “Fermenti di città”, dove saranno raccolte le proposte dei diversi soggetti che vivono e si occupano della città, per discuterle e condividerle sia con incontri pubblici, che sul sito specifico.

Appuntamento all’11 dicembre

A tale riguardo, è stato comunicato che l’11 dicembre sarà aperta una call, alla quale potranno partecipare tutti coloro che sono interessati all’innovazione urbana.

Sarà quindi prodotta una mappatura con la percezione attuale della città e la proiezione di come la si vorrebbe.

L’intero processo di analisi, dovrebbe iniziare proprio dalla domanda su quale città vorremmo, e proseguire con le risposte raccolte dall’ascolto delle persone partecipanti e dai loro bisogni.  

Bissoli: «Insieme ai cittadini per il nuovo strumento urbanistico»

La vicesindaca e assessora all’urbanistica Barbara Bissoli ha poi sostenuto: «Con l’assemblea odierna abbiamo voluto illustrare e condividere con i cittadini e le cittadine quello che sarà il percorso di ascolto, di partecipazione e di attivazione sociale che porterà alla revisione dello strumento urbanistico di Verona. Abbiamo illustrato i metodi partecipativi per far sì che il nuovo strumento urbanistico di Verona disegni il futuro della città con la collaborazione di tutti».

Ha proseguito affermando: «Cinque sono i pilastri che sostengono questo percorso: capitale sociale, prossimità, competenze e sviluppo, sentirsi a casa e responsabilità»,

Ha quindi concluso, confermando la necessità di una rigenerazione urbanistica e urbana, ponendo al centro i quartieri e superando il concetto di centro e di periferia.

Pianificazione partecipata: il metodo scelto

Gli interventi del sindaco e della vicesindaca hanno avvalorato l’intenzione di operare attraverso un metodo di pianificazione partecipata.

A tale riguardo, tra gli altri, sono intervenuti due tecnici incaricati dalla pubblica amministrazione: Paolo Galluzzi della Sapienza di Roma e il sociologo Nico Cattapan.

Il primo, ha confermato l’idea di una città da rigenerare e non da espandere, evitando quindi il consumo di suolo.

Il secondo si è soffermato sull’importanza di una pianificazione partecipata, spiegando che il percorso inizierà con i lavori di un laboratorio interno, proseguiranno con una fase di ascolto nelle circoscrizioni, quindi con i tavoli di approfondimento, per terminare con la presentazione al pubblico del nuovo PAT e con il ricevimento delle osservazioni.

Gli obiettivi, su cui tutti gli intervenuti si sono espressi, si possono sintetizzare in: a) Verona città metropolitana e nodo principale di una rete più ampia; b) città dei quartieri e non dei poli funzionali; c) sviluppo del ruolo di città universitaria; d) massima attenzione alle mura storiche, al patrimonio storico culturale e al paesaggio; e) metodo di pianificazione partecipato. 

Cinque contraddizioni

Se in teoria tutto quanto esposto è apprezzabile e condivisibile, in pratica rilevo alcune contraddizioni:

  1. Il consumo di suolo. Se, come da tempo si rileva, uno dei progetti più importanti che l’amministrazione sembra voler approvare, è il polo logistico della Marangona, un’area agricola ancora integra, la città continuerà ad espandersi e il consumo di suolo proseguirà.
  2. La rigenerazione. In quella zona, a Verona sud, ci sono varie aree industriali dismesse, che i proprietari intendono destinare ad uso logistico. La loro sostituzione, con quanto previsto alla Marangona, eviterebbe il consumo di altro suolo e la rigenerazione di quelle aree sarebbe ugualmente funzionale allo sviluppo del Quadrante Europa.
  3. La città policentrica. Nella realtà, si sta rafforzando il ruolo del Centro Storico quale luogo di servizi culturali, alberghieri e di consumo turistico e non abitativo. Se sarà realizzato il Piano Folin della Fondazione Cariverona, con il relativo hotel in deroga, si perderà un’occasione per realizzare, in quegli edifici, appartamenti a canone convenzionato, in grado di riportare in centro le giovani coppie e sarà ulteriormente acuita la mancanza di residenti, oltre a creare un pericoloso precedente con l’uso inopportuno della deroga e della legge “Sblocca Italia”. Lo stesso, ma al contrario, è accaduto nell’area dismessa dei Magazzini Generali di proprietà della Fondazione Cariverona che, da cittadella della cultura, si è trasformata nell’ennesima area commerciale e direzionale, confermando il ruolo predisposto per la Zai.
  4. La pianificazione partecipata. L’impressione è che stia iniziando un metodo di ascolto, più che di reale partecipazione ai lavori e alle conseguenti scelte d’uso del territorio. Il laboratorio, dove saranno prese le decisioni, da quanto si può capire, sembra non sia composto anche dagli esponenti degli abitanti con una loro consulta, ma dai tecnici incaricati dalla pubblica amministrazione, che avranno il ruolo di ascoltare le proposte e le critiche della popolazione, ma non di farla partecipare attivamente, con i loro esponenti, al processo di formazione degli atti di pianificazione.
  5. L’attenzione alle mura storiche, al patrimonio storico culturale e al paesaggio. L’intenzione è lodevole, ma le recenti decisioni, anche se nate dalla precedente amministrazione, non sono state adeguatamente contrastate dall’attuale. Mi riferisco, in particolare, al Parco Urbano della Cultura, dove sono state realizzate una serie di piattaforme per lo skateboard di fronte alle mura di San Zeno; e ai Magazzini della Cultura al Pestrino, dove si è persa un’occasione per bonificare un’area occupata da brutta edilizia militare e per recuperare suolo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA