Torniamo nuovamente sulle elezioni presidenziali in Argentina dove lo scorso weekend si è tenuto il ballottaggio tra Sergio Massa, candidato peronista e attuale ministro dell’Economia, e Javier Milei, auto-definitosi anarco-capitalista, un noto economista con un’idea precisa e poco ortodossa della cura necessaria a riportare “La Argentina” alla serenità e prosperità economica.

Al turno elettorale ha partecipato oltre il 76% degli aventi diritto e sono stati quasi 15 milioni gli argentini a scegliere la rottura dal peronismo degli ultimi vent’anni. Milei ha ricevuto la preferenza del 55,7% dei votanti, una vittoria schiacciante specie se si considera che nel Paese circa il 40% degli abitanti vive in povertà.

Sembra un assurdo che i poveri campesinos votino qualcuno che considera la giustizia sociale «un’aberrazione», la spesa pubblica e le tasse «un furto legalizzato» e la crisi climatica «una balla socialista». Eppure il popolo lo ha fatto vincere con oltre 10 punti di scarto.

Chi è Milei

Javier Milei – Foto da Flickr

Anche se i media amano definirlo un outsider, il neo presidente eletto non lo è. È un ultra-libertario, aggressivo e scostante, un amante del coup de théatre. È anche uno che minimizza in «eccessi» i crimini contro l’umanità perpetrati dalla Dittatura tra il 1976 e il 1983. È un oppositore dei diritti e delle leggi progressiste argentine che tutelano aborto e unioni civili. È un visionario, lucido e utopistico allo stesso tempo.

Insomma, il suo sodale Elon Musk direbbe che “ha anche dei difetti”.

Milei nasce a Buenos Aires nel 1970 da una famiglia di classe media, padre lavoratore e madre casalinga. Nella biografia non autorizzata di Juan Luis González si legge di un’infanzia difficile, di un’educazione a colpi di frusta che gli permettono ora di «non aver paura di niente».

Viene spesso definito un solitario e il suo circolo ristretto comprende soltanto la sorella Karina, che chiama la Capa, e i «suoi bambini a quattro zampe», cagnoloni identici che ha fatto clonare dal suo cane-guida Conan e portano il nome di famosi economisti. Non sembra avere relazioni sentimentali, nonostante in passato si sia vantato di praticare il sesso tantrico e di eiaculare ogni tre mesi.

Quando fa il portiere nelle squadre di calcio del Chacarita Juniors e San Lorenzo, il suo soprannome è el Loco, il pazzo. Viene da chiedersi come mai.

Un pasionario

Alla fine degli anni Ottanta, Milei appende gli scarpini da calcio al chiodo e si laurea in economia all’Università di Belgrano, dove tornerà anche a insegnare teorie economiche provocatorie, creando non pochi problemi con studenti e accademici. Ripudia le idee di Keynes, di cui è profondo conoscitore, e abbraccia la scuola austriaca del XIX secolo, secondo cui, tolte poche materie universali, sono gli individui e mai lo Stato a doversi far carico delle decisioni economiche.

Porta queste teorie all’attenzione degli argentini in un programma della rete America24, in cui non risparmia insulti a chi non si trovi d’accordo, sfuriate talvolta incomprensibili e scene madri con lancio di oggetti o sparizioni improvvise. Usa termini aggressivi, metafore violente e dolorose.

Come quando dice che «lo Stato è un pedofilo, in un asilo dove i bambini sono incatenati e unti di vaselina». O ancora, quando sostiene che tra Stato e mafia lui sceglierebbe quest’ultima, che «almeno ha un codice, non mente, è efficace e soprattutto competente». Parole testuali.

La crescita

Come molti altri populisti, Milei cresce in un contesto faticoso, conosce meglio di altri le difficoltà che tante crisi economiche pongono agli argentini. Sa cosa si prova ad avere dei bisogni che non trovano una risposta efficace da parte dello Stato, visto come egoista e corrotto.

Passa alla politica convinto di avere una missione, che ripete come un mantra: eliminare l’inflazione, eliminare l’insicurezza, eliminare i privilegi dei politici, per sempre. Arriva a promettere che «se mi danno 35 anni, l’Argentina sarà come gli Stati Uniti», dimenticando che un presidente solo non può restare in carica per nove o dieci mandati.

Almeno, non ancora.

Durante la pandemia sfrutta i social media per conquistare molti giovani arrabbiati, non importa se sia per la povertà o per il confinamento e le limitazioni alla libertà. Lo fa a modo suo, con meme provocatori e strafottenti che, tra risate e indignazione, piantano il semino delle sue idee nelle menti dei ragazzi.

Piace il suo look da eterno adolescente, le sue giacche di pelle e i capelli arruffati da rockettaro. Le enormi basette gli valgono un nuovo soprannome: Wolverine. Che lui adora perché incarna l’eroe anti-eroe che da sempre vuole rappresentare.

Personaggio da fumetti

Non è un outsider, si diceva. È un personaggio costruito a tavolino, cresciuto e proposto a dosi crescenti da quello che può considerarsi il suo padrino, il miliardario di origine armena Eduardo Eurnekián, uno degli uomini più ricchi in Argentina, accreditato da Forbes di un patrimonio di circa 2,3 miliardi di dollari.

Un personaggio televisivo, quasi una macchietta, dal carattere esplosivo causa di tanti problemi ma anche di enorme popolarità. Fa il salto in politica solo due anni fa, entra in Parlamento come deputato e si ricorda il suo video in cui salta da un furgone impugnando una motosega per “tagliare i privilegi della casta”, che ritiene colpevole della crisi economica che devasta l’Argentina.

Inizialmente viene addirittura sostenuto dietro le quinte dai peronisti al governo, sembra il tipo giusto per dividere la destra e fare il pieno di voti.

Strategia disastrosa, specie dopo che Milei riceve un endorsement ufficiale dalla destra, con l’ex presidente Mauricio Macri che viene considerato il suo nuovo consigliere personale e colma di fatto la sua lacuna in esperienza politica. Porta inoltre con sé un elettorato meno giovane e conservatore. Tutti voti in saccoccia.

Alleanze

Sa anche scegliere gli amici, insomma. Karina e Santiago Caputo come direttori di campagna, Macri e la sua conoscenza del terreno politico argentino e infine la vice presidente eletta, Victoria Villaruel, altro personaggio disegnato da mano reazionaria.

La signora incarna tutti i valori fondanti dell’estrema destra, si oppone ai diritti civili e alle richieste delle popolazioni indigene. È favorevole allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi non convenzionali e alla privatizzazione di tutte le risorse naturali, declamando che se un fiume diventa privato sparirà l’inquinamento.

Ha agganci nell’ultradestra mondiale e trova una ragione di vita nel sostenere la grazia per i generali che durante la Dittatura si sono resi colpevoli di stupro, omicidio, tortura. Va perfino a trovarli in carcere e rifiuta di usare la parola dittatura preferendo “governo de facto”.

Uno dei pochissimi punti su cui un Paese polarizzato tra peronisti e anti-peronisti concorda, senza alcun dubbio, è proprio il genocidio perpetrato dalla Dittatura. Ora arrivano Milei e Villaruel a togliere l’ultima certezza.

Mezzo uomo, mezzo divinità

Milei non è un outsider, ha studiato, sa scegliere con chi stare e ha idee definite, anche se alcune sono materialmente impossibili da realizzare. Pensiamo alla dollarizzazione dell’economia in un Paese con riserve valutarie azzerate, oppure alla legalizzazione del commercio di organi umani e perfino dei bambini.

Riteniamo si possano relegare al ruolo di rompighiaccio (o motosega), uno strumento usato all’inizio della campagna per attirare attenzione mediatica e popolare; sono state nel tempo ridimensionate da Milei stesso, che si è più volte contraddetto per poi cambiare di nuovo posizione.

Checks and balances

Un Parlamento frammentato, in cui il suo partito non ha la maggioranza, potrà riportare il nuovo presidente sulla terraferma, ridimensionare le sue stravaganze e condurre il Paese verso soluzioni forse poco usuali ma di probabile efficacia. In fondo, appare evidente che il 60% della popolazione non sia composto da pazzi furiosi. Hanno ben compreso il personaggio che hanno eletto alla massima carica.

Milioni di argentini hanno scelto anche contro i propri interessi, per la rassegnazione di anni di fallimenti – in ultimo da parte di quel ministro dell’economia che si è candidato a presidente – e nella speranza che questo salto nel vuoto possa dare benefici. Si tratta di un azzardo notevole, di una scelta disperata ma non del tutto irrazionale.

Citando sempre le illuminate parole di Milei, «se già vivi all’inferno, quale rischio corri veramente?»

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