Partiamo da una analisi. Sono due i fattori che determinano il successo di un movimento o un partito politico moderno: l’identità collettiva e il carisma del leader.

I fattori si contaminano a vicenda. Uno spirito identitario forte, consolida di riflesso anche la figura le leader, così come un potente effetto carismatico in capo a quest’ultimo costruisce un’unione di intenti percepita come identità politica.

Si contaminano, ma non coincidono mai del tutto, perché l’identità collettiva sente la necessità di prescindere dalla persona al vertice, così come il leader ha bisogno di avere mani libere per non dover chiedere conferma del consenso a ogni passo.

Bene, questo ragionamento è oggi più che mai da ripassare, volgendo l’attenzione al centro-destra italiano. Si parla di federazione, perfino di partito unico, ma il cammino verso una nuova fisionomia sembra tutto fuorché facile.

Facciamo un passo indietro e ricordiamoci come nacque, questo centro-destra, perché in effetti l’idea della federazione, risale perlomeno già ad allora. Casa delle Libertà e Polo delle libertà quello erano: progetti federativi di tre soggetti politici differenti e autonomi. Ma perché allora il tentativo (che per l’epoca era decisamente innovativo) riuscì, mentre oggi pare avere enormi difficoltà di “costruzione”?

Silvio Berlusconi, Forza Italia

Innanzi tutto va ricordato che giocava un ruolo di compatibilità l’elemento geografico: almeno due dei soggetti coinvolti, cioè Lega e Alleanza Nazionale, avevano territori di pertinenza che non si sovrapponevano e questo consentiva di coltivare autonomamente le reti di consenso, conservando le dinamiche caratteristiche, senza doverne rendere conto, nel bene e nel male. Questo consentiva di manten3re anche gli equilibri tra i fattori di identità e di carisma, all’interno di ogni componente, laddove nella Lega era preponderante il primo, tutto costruito sulla narrazione nordista, mentre in AN il cammino dalla destra propriamente detta al moderatismo era reso più agevole dalla figura del leader Gianfranco Fini, forte e affidabile.

Ma sopra a tutto vi era la presenza di un partito (Forza Italia) che era perfetto per fare de cerniera e da garanzia all’idea di fondo, poiché completamente privo dell’elemento dell’identità (essendo geneticamente multiforme) e tutto concentrato su quello del carisma del leader, che concentrava completamente su di sé ruoli e tutele, potendo così ricorrere a un’elasticità politica mai vista prima.

Torniamo ad oggi, con una situazione molto più complessa, della quale è bene elencare le caratteristiche. Due partiti su tre della coalizione sono al Governo. Il terzo, che è all’opposizione, è quello che cresce nei sondaggi. Nei primo due, la Lega perde consensi in modo costante ma graduale, l’altro (Forza Italia) ha vissuto un deciso tracollo. Fratelli d’Italia ha scelto di essere partito fortemente identitario: di destra, senza compromessi e fraintendimenti, senza troppi ammiccamenti al centro, blindando tutto questo con la scelta di non partecipare a un Governo che include la sinistra. Il fatto carismatico è in effetti residuale e attiene a quella contaminazione alla quale si accennava. Giorgia Meloni è percepita come persona rispettabile e credibile, ma non è una leader trascinatrice o, per quanto lo è percepita, è proprio un riflesso della robusta identità del partito. L’immagine   totale è quella della coerenza.

Matteo Salvini, Lega

La Lega d’oggi è stato invece tutta costruita proprio sulla figura del leader, garante assoluto di cambiamento fortissimi, di stravolgimenti di obiettivi, di compromessi e alleanze. Dall’abbandono del nordismo, al cambio di brand, al Governo con i 5 Stelle, a quello insieme a Pd e Leu. Tutto nel nome di Matteo Salvini. Un  percorso coraggioso, che però sta mostrando delle gravi debolezze. A questo proposito, la domanda è: perché a Salvini non è riuscito e non riesce in ciò che invece riuscì a Berlusconi? La risposta è che mentre il Cavaliere aveva per le mani uno strumento politico “vergine”, senza un passato e quindi senza alcuna fisionomia con la quale fare i conti, Salvini ha utilizzato un partito che era fortemente spostato verso l’elemento identitario. Fino ad un certo punto la manovra di “riprogrammazione” gli è riuscita, ma poi ha iniziato a scontrarsi con la “memoria genetica” della Lega, una specie di codice, di DNA che prima o poi riemerge.

Infine c’è Forza Italia, che paga il prezzo storico della caratteristica contraria: nato senza un vero e proprio codice genetico, il partito ha perso anche il suo elemento forte e indispensabile del carisma assoluto del leader.

In tutto questo, l’ipotesi di fusione, o perlomeno federazione, è una tentazione, ma anche un pericolo per tutti. C’è chi potrebbe sfruttarla per fagocitare gli alleati e rendersi protagonista assoluto, ma a quel punto avrebbe bisogno di un leadership carismatica per mettersi alla guida di tutto l’assemblement. Chi non disdegnerebbe la propria dissoluzione pure di salvare la presenza nella macchina della politica (ultima fase della visionaria “antimateria” politica di Forza Italia) andando, però, incontro a una fine storica. Chi ancora, offrendo un riallineamento ideologico, potrebbe ritrovare sicurezza sul piano dell’identità smarrita, dando così riposo a una leadership che mostra segni di esaurimento, ma correndo il rischio di perderla per strada.

Insomma, in teoria potrebbe essere conveniente per tutti. Ma al tempo stesso potrebbe comprendere una scelta tragica, già pesante nel caso di una federazione, potenzialmente senza ritorno nel caso di partito unico. Alla fine, probabilmente, non se ne farà nulla, semplicemente perché nessuno ha al momento un chiaro, stabile e finalizzato equilibrio tra quei due famigerati fattori, identità e carisma. E soprattutto non ha le idee chiare per costruirlo in tempi brevi.

Foto di copertina: Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia

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