Jannik Sinner si è imposto nel torneo Atp500 di Pechino, terzo titolo di un 2023 che sta sempre più assumendo i contorni della stagione della maturazione. Dopo aver battuto Carlos Alcaraz in semifinale con sontuosa autorità, l’atleta altoatesino, nuovo numero 4 delle classifiche mondiali, ha superato in finale Daniil Medvedev, fino a qui bestia nera di Jannik.

Il torneo, forse più ancora del primo successo al master 1000 di Toronto di quest’estate, rappresenta un passo importante di carriera, specie se si considerano i tanti, tantissimi risvolti positivi di questa vittoria. In primo luogo per la qualità e la varietà del gioco espresso, ma anche per il piglio e per l’autorevolezza con cui ha guidato ogni match giocato.

L’ultimo step sarà primeggiare nei tornei del grande slam dove si gioca al meglio dei cinque set. Per questo si dovrà attendere il 2024, ma intanto le Atp finals di Torino sono davvero ad un passo.

In semifinale il primo capolavoro

Jannik Sinner ha da sempre dimostrato di accoppiarsi bene con il tennista spagnolo, giovane prodigio del tennis mondiale e già diventato numero uno al mondo. Lo dicono gli scontri diretti nei quali conduce 4-3 (contro Novak Djokovic è sotto 0-3, così come contro Rafael Nadal, mentre contro il greco Stefanos Tsitsipas il bilancio è di 2-5, solo per citarne alcuni). Lo ha detto anche questa volta il campo. Quando Jannik non soffre lo spagnolo a livello fisico, la distanza tra Alcaraz e il nostro portacolori non è così evidente come, viceversa, direbbe l’attuale palmares dei due.

Nel match di semifinale di Pechino, dopo un ormai abituale avvio stentato, Sinner ha giocato con una qualità che in pochi si possono permettere. Ha tenuto il comando di quasi tutti gli scambi, fiaccando le quasi inumane qualità difensive dello spagnolo. E poi ha accelerato man mano i colpi, di pari passo con l’importanza dei punti in palio. Con buona pace di chi, con severità estrema, ha accusato Sinner di essere fragile da quel punto di vista.

Jannik ha dominato sotto rete (15/15 quando ha abbandonato la linea di fondo), non proprio la specialità naturale dell’altoatesino. Ha surclassato Alcaraz nel suo terreno di caccia preferito, quello degli scambi lunghi. Se rimane vero che per Sinner è in ogni caso preferibile accorciare la durata dei punti quando gioca contro lo spagnolo, a Pechino l’azzurro ha vinto più punti di Alcaraz anche negli scambi durati più di nove colpi.

La crescita di Sinner, alla luce di tali numeri, appare evidente, anche perché Alcaraz non era né stanco dai turni precedenti, né fuori forma. Un ultimo dato? Sinner, gps alla mano, ha corso più del suo avversario, a conferma di un livello fisico ancora mai raggiunto.

La finale, capolavoro numero due

A proposito di scontri diretti, il tennista che Jannik ha sofferto di più fin dal suo ingresso nel circuito maggiore, è stato Daniil Medvedev, vincitore sei volte su sei nei precedenti match giocati, spesso conclusisi con una certa sensazione di impotenza. Il tennista russo, che fa del servizio e delle trame tattiche il marchio di fabbrica del suo inimitabile gioco, è sempre sembrato troppo per Sinner.

Eppure, il tennista azzurro a Pechino è riuscito ad affermarsi 7-6 7-6 esprimendo una maturità impareggiabile. Medvedev non ha regalato nulla sui propri turni di battuta (73% di prime in campo e 75% di punti vinti con la prima di servizio). Jannik, però, non è stato da meno, dimostrando miglioramenti anche in questo fondamentale, indispensabile per disinnescare il gioco del russo e in generale quello dei top player. Che la prima di servizio del pusterese fosse migliorata era evidente già dall’estate, ma in questo torneo si sono visti progressi soprattutto con la seconda servizio (zero doppi falli e 71% di punti vinti in quella situazione), per l’appunto nei momenti più caldi dell’intero torneo.

Discorso qualità di gioco nelle fasi chiave del match. I tie-break di finale la raccontano bene. La gara si è, infatti, risolta nei due tie-break giocati, entrambi vinti da Sinner per 7-2. Un dominio che non appare affatto episodico se si guarda al come sono maturati i singoli punti. L’atleta azzurro ha condotto il gioco, ha disinnescato i trabocchetti delle anomale traiettorie del russo, ha aggredito grazie a una fiducia e a una mobilità in campo eccellenti. Ha, infine, corso ben di più del russo (quasi 800 metri alla fine di differenza).

Step by step, ci siamo quasi

Il risultato di Pechino nel China Open ha un valore doppio rispetto ai precedenti successi di Sinner. Quello di Toronto, ad esempio, quando era stato favorito da una moria di top player. Certo, ogni alloro ha avuto il suo peso, ma quest’ultimo vale davvero molto. I motivi sono molteplici.

In primo luogo permette a Sinner e al suo staff di raggiungere gli obiettivi stagionali prefissati, qualificazione alle Atp Finals e miglioramento del best ranking. Al momento Jannik è al quarto posto e per l’Italia è davvero storico, visto che l’unico a riuscirci fu Adriano Panatta, ben 47 anni addietro.

In secondo luogo, come precisato dall’azzurro, sempre molto lucido nelle sue esternazioni, è un risultato che restituisce quella gratificazione necessaria a lavorare di più senza sentirne il peso, anzi divertendosi. Le vittorie aiutano a vincere anche e soprattutto per questo motivo.

Infine, c’è una prestazione di valore assoluto che registra miglioramenti significativi in molte aree del gioco di Sinner, molto spesso criticate. Questo a prescindere dallo specifico risultato maturato. Il servizio, la tenuta fisica, il gioco di volo, la capacità di giocare al meglio i punti importanti, sono solo i principali elementi che inducono sempre più a ritenere l’altoatesino un campione già nel presente, ma ancora in formazione. Il massimo, se si vuol guardare alle potenzialità in prospettiva. Potenzialità che un Carlos Alcaraz forse ha già messo sul piatto e che, nell’insieme, gli altri baby prodigi non sembrano possedere. Tra chi pecca per talento puro, chi per resistenza fisica, chi per quel mix di umiltà, cultura del lavoro e intelligenza sportiva che in Sinner, invece, risplendono senza pari.

Sinner, troppi detrattori

Proprio queste ultime caratteristiche rendono Jannik Sinner un unicum. Chi lo osserva da vicino gli riconosce una determinazione e una capacità di focalizzarsi sugli obiettivi eccezionali. Non però simile ad un Nadal, quasi incapace di vivere al di fuori del sistema tennis. Sinner ha hobby, interessi alternativi, ha pure impronosticabili flirt con donne vistose. Non è un automa programmato solo per il tennis, ma utilizza al meglio il proprio equilibrio e la sua intelligenza per vivere con serenità gli indubbi e ingenti sacrifici che la vita da atleta impone.

Ha tennisticamente molto di un Novak Djokovic, ma è più gradevole, più simpatico, anche se non si propone di esserlo, e vive il match con una forma di agonismo molto differente dal serbo. Jannik, infatti, sembra quasi gentile nella sua fame di primeggiare sul rivale. Manca del talento di un Roger Federer, ma se lo svizzero avesse avuto, a pari età, la testa di Sinner, oggi forse avrebbe in tasca almeno cinque o sei slam in più. Ad essere prudenti.

L’unica colpa di Jannik? essere accostato nei tempi di sviluppo di carriera a quel fenomeno di Carlos Alcaraz. I due però, ad attenta analisi, non possono essere accostati, per stile e per caratteristiche fisiche. Sinner, bene così, sta crescendo un passo alla volta (intendiamoci: magari crescessero tutti con la sua velocità). Viceversa, Alcaraz ha bruciato ogni più ottimistica previsione, ma non può essere considerato un modello di riferimento.

L’ascesa di Sinner c’è ed è nei tempi, non scontato

Se guardiamo agli altri atleti in rampa di lancio nel panorama del tennis mondiale, non c’è nessuno che sia arrivato al vertice coi tempi e l’irruenza di Alcaraz. In tal senso una vera e propria eccezione. Non ci sta riuscendo Holger Rune, attuale numero cinque del ranking, forse vittima di un pò di arroganza.

Mentre sembrano aver perso il treno giusto l’ormai maturo Stefanos Tsitsipas, in crisi già da diversi mesi, e Casper Ruud, ridimensionatosi al rango di ottimo regolarista da top10.

Nemmeno il talento di Felix Auger-Aliassime sembra essere più in grado di sbocciare definitivamente. Arrivare in alto è difficile, limare i dettagli che ti portano al top è privilegio di pochissimi.

Affermare che Sinner abbia già completato questo percorso è prematuro, pur dopo una bella vittoria. I tanti segnali positivi che abbiamo elencato inducono però all’ottimismo. Sinner c’è e arriverà dove lui sogna, dove i tifosi si attendono di trovarlo, dimenticando, a volte, che troppe cose vengono date per scontate nei processi di crescita del talento.

La questione Coppa Davis

Dopo questo successo, appare fin troppo sgradevole tutto il caos mediatico rispetto al recente rifiuto di Sinner di scendere in campo con la propria nazionale per il primo turno di coppa Davis. Orfani di Matteo Berrettini, con un Fabio Fognini ormai a fine carriera, con un Lorenzo Musetti altalenante, gli azzurri, guidati da Filippo Volandri, si sono dovuti appigliare all’agonismo encomiabile di Lorenzo Sonego e alla sfrontatezza di un Matteo Arnaldi in ascesa per superare il turno.

La critica, però, non ha risparmiato la scelta del team di Jannik Sinner che lo ha preservato dopo le fatiche degli Us Open.

Ora questa vittoria rimette un pò le cose a posto. I successi individuali di Sinner danno lustro al sistema tennis italiano forse e più di un turno di Davis superato. Anche in questo senso non si può non essere d’accordo con Simone Vagnozzi e colleghi che hanno anteposto alle esigenze della nazionale, quelle del loro assistito.

Parlare di etica, di valori sportivi, di attaccamento alla maglia appare oggettivamente non del tutto calzante, a meno di disconoscere come funzioni oggi il sistema tennis. Sinner, quando ha potuto, in nazionale c’è sempre stato e, se ritorniamo con la mente alle scorse Olimpiadi, alla mancata partecipazione dello stesso Sinner, quella probabilmente fu proprio una delle cause di divorzio tra lui e l’allora coach Riccardo Piatti. Una ipotesi, ma che avvalorerebbe la volontà di Jannik di difendere i colori azzurri, compatibilmente con le prioritarie esigenze di gestione del proprio corpo.

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