Oltre le vicende di BluVolley e della sua prima squadra sponsorizzata dal marchio Calzedonia – di cui ci occupiamo con regolarità – alla vigilia dell’avvio della stagione 2019/2020 ci siamo domandati come stia il movimento pallavolistico veronese nel suo complesso. Come sempre accade quando si parla di volley, uno sport tradizionalmente a forti tinte rosa, non si può guardare al suo insieme, ma occorre analizzare il movimento maschile e quello femminile in maniera disgiunta.

Cerimonia di premiazione dei campioni territoriali giovanili Under 14

Iniziamo con il maschile. BluVolley è la società più importante del panorama veronese, quella che dovrebbe trainare la pallavolo locale e incentivare la pratica di questa disciplina, specialmente tra i più giovani. Riempie il palazzetto come poche altre società in Italia, tanto da essere diventata il punto di riferimento di tutto il panorama pallavolistico che ruota attorno alla nostra città. Tuttavia sembra che tale significativo aspetto non sia per nulla sfruttato a dovere. La realtà, infatti, è molto diversa da quello che sembra. Leggendo i numeri, i praticanti appartenenti al sesso maschile sono sempre meno, soprattutto tra i giovani. La stessa Blu Volley, negli anni non ha effettuato investimenti di rilievo nel settore giovanile e le sue squadre sono frutto di reclutamento di giocatori da società vicine, dove prevale l’attitudine a svolgere attività di carattere ludico-creativa.

I campionati locali resistono solo grazie al contributo offerto da province limitrofe come Mantova – anch’esse in crisi – e grazie a numerosi appassionati, che nonostante l’età non mostrano alcuna intenzione di abbandonare palla e ginocchiere. Tutto questo, tuttavia, non giova allo stato di salute del movimento. Anzi, è la dimostrazione dell’assenza di un vero e proprio ricambio generazionale.

In sostanza in questi ultimi dieci anni di attività, la presenza di BluVolley sul territorio veronese non è riuscita a diventare un volano per lo sviluppo di questo sport. Probabilmente, come obiettano alcuni, senza Calzedonia e senza ancor prima la Marmi Lanza, la situazione potrebbe essere ben pià grave. Entrambe le tesi conservano un velo di veridicità. Rimaniamo, in ogni caso, molto distanti dal basket, sport associabile per seguito alla pallavolo, che visse una crescita quasi esponeziale ai tempi degli exploit della Glaxo. Il trend negativo non riguarda solo Verona, ma coinvolge l’intero panorama italiano che, dopo la famosa generazione di fenomeni, non ha più saputo promuoversi in modo ottimale.

Il roster della B1 ArenaTeamVolley 2018/2019, la squadra veronese che milita nella categoria più alta

Il settore femminile invece, presenta una situazione per certi versi diametralmente opposta a quello maschile. Da quasi dieci anni non troviamo più una squadra tra A1 o A2 mentre risulta molto più contenuta l’emorragia di praticanti rispetto ai maschi o a quanto riscontrato in altre discipline tradizionali. Il mondo della pallavolo femminile presenta al via ben sei squadre tra B e C, un dato che indica una correlazione inversa tra presenza di una squadra ai vertici nazionali e lo stato di salute del movimento, sul quale vale la pena riflettere. Sicuramente i problemi anche qui non mancano. Uno dei principali è senza dubbio l’assenza di atlete veronesi nelle società di vertice legata probabilmente al basso livello delle praticanti oppure alla mancanza di validi programmi di crescita a livello giovanile, senza dimenticare la situazione critica nella quale versano diverse piccole società, incapaci di trovare tra di loro punti di incontro. Tuttavia, se paragonato ad altre province su scala nazionale, il movimento pallavolistico femminile veronese può essere cautamente giudicato in buona salute.

Mondiali 2014: foto ricordo della presentazione dell’evento

Il Comitato Provinciale Fipav, in risposta al declino del settore maschile e a una sostanziale stasi di quello femminile, ha mostrato capacità eccellenti nell’organizzazione di grandi eventi come Mondiali o World League, ritenendo che il movimento pallavolistico avesse bisogno di questo per crescere, promuoversi e attirare nuovi importanti sponsor. Tutto questo, seppur lodevole, non è sufficiente. La sensazione è che sia necessario prestare maggior attenzione alla periferia, lontano dai riflettori e dai livelli più alti. La passione per uno sport nasce più facilmente negli ambienti più familiari, tra amici e compagni di scuola, piuttosto che assistendo a gare di alto livello. Lo stesso Comitato Provinciale, se convinto di questo, dovrebbe favorire la formazione di tecnici preparati partendo proprio dalla periferia, dove per tradizione e scarsa disponibilità di mezzi la qualità è ancora poco diffusa. Serve un intervento deciso sul rispetto delle regole, specialmente nei tesseramenti, sulla gestione dei campionati e sulla formazione dei tecnici, anche se ciò comporta il rischio di trovare sulla strada qualche malcontento di troppo.

La pallavolo italiana ha conoscenze e risorse per crescere, attraverso innovazione e sviluppo. Servono immediatezza e determinazione. Occorre provarci e la realtà veronese può diventare territorio fertile anche per proficue sperimentazioni.