L’ISTAT ha pubblicato nei giorni scorsi la fotografia dell’Italia 2023. Emerge il quadro di un Paese dove un quarto della popolazione ha più di 65 anni e nei primi 4 mesi del 2023 ci sono stati più morti (232mila) che nati (118mila).

Al 31 dicembre 2022, la popolazione residente in Italia ammonta a 58.850.717 unità (-179.416 rispetto all’inizio dello stesso anno, -3 per mille). Un calo che presenta un’intensità minore sia rispetto a quello osservato nel 2021 (-3,5 per mille) sia a quello del 2020 (-6,8 per mille), tornando a livelli simili al periodo pre-pandemico (-2,9 per mille nell’anno 2019). 

Il Covid e l’invecchiamento

Nel 2022 la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne; solo per i primi si nota, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora al di sotto di quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di oltre 7 mesi inferiori rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne. Si assiste, pertanto, a una decisa inversione della tendenza negativa che aveva drammaticamente interessato il precedente triennio (quello della pandemia di Covid): sono, infatti, 21mila in meno sul 2022, 42mila in meno rispetto al 2020 e quasi 2mila unità in meno rispetto al 2019.

Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui l’89,7% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023. Prosegue, dunque, il processo di invecchiamento della popolazione: oltre il 24% della popolazione italiana ha più di 65 anni ed è record per gli ultracentenari (22mila), mentre si riduce il numero delle persone tra 15 e 64 anni e dei bambini.

Foto da Pixabay

Non mancano, tuttavia, segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva iniziata nel primo trimestre 2021. A fine anno, il saldo commerciale è tornato in attivo. Dati incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro, dove all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. L’invecchiamento, però, è destinato ad avere effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite.

Investendo sulle nuove generazioni si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla maggiore valorizzazione dei giovani. Il cui benessere, secondo gli indicatori, è ai livelli più bassi in Europa.

Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino ad esempio le competenze dei giovani nelle diverse fasi dei loro percorsi, intervenendo fin dai primi anni di vita. A livello territoriale, il Pil è cresciuto in misura più elevata nel Nord-est (+4,2 per cento) e nel Centro  (4,1 per cento) e più moderata nel Sud (+3,5 per cento) e nel Nord-ovest (+3,1 per cento).

Mentre sono cresciuti il valore aggiunto del settore delle costruzioni e quello dei servizi, aumentato in tutte le macro-aree, il comparto dell’industria in senso stretto ha registrato una dinamica positiva solo nel Centro (+3 per cento). Il settore agricoltura, silvicultura e pesca ha registrato flessioni particolarmente marcate nel Nord-ovest e nel Mezzogiorno (rispettivamente -7,6 per cento e -2,5 per cento).

Nel 2022 la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è risultata pari al 24,4 per cento (era pari al 25,2 per cento nel 2021). La crescita economica, l’incremento dell’occupazione e dei redditi familiari hanno favorito una marcata riduzione della popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale (4,5 per cento rispetto al 5,9 per cento del 2021), mentre rimane stabile la popolazione a rischio di povertà (20,1 per cento).

Un potere d’acquisto che diminuisce

Il potere di acquisto delle retribuzioni nel 2022 è cresciuto nella media UE del +2,5 per  cento rispetto al 2013, mentre in Italia è diminuito del 2,0 per cento. Ancora una  volta, la Spagna mostra un andamento simile (-2,8 per cento) a quello dell’Italia, mentre per la  Francia e la Germania il potere di acquisto è aumentato, rispettivamente del 3,0 per cento e  del 5,6 per cento.

In termini di Standard di Potere di Acquisto (SPA), tra i paesi della UE la  retribuzione media annua lorda per dipendente in Italia risultava nel 2021 pari a quasi 27mila euro nel 2021, inferiore di circa 3,7 mila a quella dell’UE (-12 per cento) e di oltre 8 mila a quella della Germania (-23 per cento)

Uno squilibrio intergenerazionale

L’effetto combinato di un’alta speranza di vita e il perdurare di un regime di bassa fecondità contribuiscono al progressivo aumento degli anziani, da un lato, e alla contrazione del numero dei giovani, dall’altro, determinando uno squilibrio intergenerazionale particolarmente critico in alcune aree. Se si analizza la spesa pubblica Italiana in ottica comparata, si nota che le voci direttamente rivolte ai giovani non raggiungono i livelli osservati negli altri Paesi, sia in termini di Pil sia sul totale della spesa.

Partiamo dalla spesa pubblica per istruzione, per la quale emerge un minore impegno del nostro Paese rispetto alle maggiori economie europee (4,1 per cento del Pil in Italia contro il 5,2 in Francia, il 4,6 in Spagna e il 4,5 in Germania) e in generale della media dei Paesi UE (4,8 per cento).

Foto da Pexels – Matthias Zomer

Turismo, note liete

L’analisi dei flussi relativi ai 22 “brand turistici” negli ultimi anni mostra che tutte le aree osservate hanno registrato nel 2022 un incremento dei flussi turistici rispetto al 2021 e oltre la metà di esse (13 su 22) hanno realizzato volumi di presenze turistiche superiori o comunque in linea con quelli pre-pandemici.

Il Lago di Garda, la Valle d’Itria, le Langhe e il Roero, le Cinque Terre, il Salento, la Maremma toscana e laziale, la Val Gardena, il Lago Maggiore e il Gargano e le Isole Tremiti si posizionano su livelli addirittura superiori a quelli del periodo pre-pandemico, con incrementi che si attestano tra i 2 e i 6 punti percentuali.

I territori di Riviera dei fiori, Val di Fassa e Val di Fiemme, il Lago di Como e la Val Pusteria confermano sostanzialmente i flussi turistici registrati nel 2019 e anche le aree che ancora soffrono il contraccolpo della pandemia, come la Gallura e Costa Smeralda, la Costiera amalfitana, il Chianti e la Costiera sorrentina e Capri, hanno registrato rispetto al 2021 tassi di crescita di gran lunga superiori alla media nazionale.

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